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Fivizzano
Massa Carrara - Pontremoli
chiesa
parrocchiale
SS. Jacopo e Antonio
Parrocchia dei Santi Jacopo e Antonio
Facciata; Impianto strutturale; Interno; Presbiterio; Struttura; Coperture; Pavimenti e pavimentazioni; Elementi decorativi; Elementi lignei; Torre campanaria o campanile
altare - aggiunta arredo (1970)
1239 - 1239(notizie sito); 1377 - 1383(costruzione intero bene); 1382 - 1382(erezione in parrocchia intero bene); 1470 - 1471(estimi lunensi intero bene); 1477 - 1477(mutamento politico intero bene); 1568 - 1568(erezione in parrocchia intero bene); 1568 - 1568(erezione in prepositura intero bene); 1576 - 1576(ricostruzione intero edificio); 1733 - 1733(dedicazione altare); 1767 - 1797(danni sismici intero edificio); 1825 - 1825(titolo di prepositura mitrata intero bene); 1896 - 1896(balaustra presbiterio); 1920 - 1925(interventi post sismici intero edificio); 1945 - 1945(santuario intero edificio); 1946 - 1946(sacello altare)
Chiesa dei Santi Jacopo e Antonio
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa dei Santi Jacopo e Antonio <Fivizzano>
Altre denominazioni SS. Jacopo e Antonio
Autore (ruolo)
Ducarelli, Andrea (ricostruzione intero edificio)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lunigianesi (costruzione)
Notizie Storiche

1239  (notizie sito)

le prime notizie documentarie di Fivizzano risalgono al secolo XIII: nel documento n. 237 del Codice Pelavicino, redatto il 13 giugno 1239, viene nominato il foro Fivezani in un atto per la locazione di un casamentum in Soliera alla presenza dell’arciprete Villano della pieve di San Paolo a Vendaso

1377 - 1383 (costruzione intero bene)

la chiesa di Fivizzano, dedicata ai Santi Iacopo ed Antonio, fu fatta costruire, tra il 1377 ed il 1383, dal vescovo di Luni Bernabò Griffi, in un periodo di fiorente sviluppo per l’abitato dove, nel 1355, Puccio di Duccio Bosi aveva fatto costruire la chiesa di San Giovanni, poi annessa, nel 1391 al convento degli Agostiniani e prima del 1374, vi prese residenza Nicolò Malaspina della Verrucola, nipote di Spinetta il Grande

1382  (erezione in parrocchia intero bene)

con decreto del 12 Febbraio 1382 il vescovo Giacomo Piccolomini erigeva la chiesa in parrocchia quasi autonoma, smembrandola dalla giurisdizione della Verrucola, lasciandola alle dipendenze della pieve di San Paolo a Vendaso

1470 - 1471 (estimi lunensi intero bene)

la chiesa compare come cappella dipendente dalla pieve di San Paolo Vendaso negli Estimi della Diocesi di Luni del 1470-71

1477  (mutamento politico intero bene)

il 6 marzo 1477 in Palazzo Vecchio a Firenze, alla presenza di Lorenzo il Magnifico, si concluse il processo di annessione di Fivizzano alla Repubblica di Firenze, iniziato nel 1404, quando il marchese Nicolò Malaspina si pose sotto la “protezione “ della città

1568  (erezione in parrocchia intero bene)

la chiesa fu eretta in parrocchia prima del 1568

1568  (erezione in prepositura intero bene)

il 2 luglio 1690 la parrocchia fu eretta in prepositura

1576  (ricostruzione intero edificio)

l’edificio precedente fu interamente ricostruito nel 1576, ruotato in direzione della piazza ed ingrandito, come apprendiamo da una descrizione del parroco di allora, aveva 15 colonne, 7 dal lato della torre campanaria che occupava una campata ed 8 dall’altra; la maggior parte di esse era un monolite di “macigno sereno” alte braccia fiorentine 71/6 e larghe 24/6 dalla base alla sommità del capitello, quattro di queste colonne ,due per lato, sono inglobate nei vecchi sostegni dell’arco trionfale. Da ciò sembrerebbe che la posizione dell’arco trionfale non sia mutata e che, sul suo asse, sia stato eseguito l’ingrandimento dell’edificio raddoppiandolo verso la piazza situata dalla parte opposta. Il coro era grande e capace, in noce intagliato a due ordini. Sembrerebbe che l’architetto della nuova chiesa sia stato il celebre maestro carrarese Ducarelli da Torano anche valente scultore dei capitelli e delle basi

1733  (dedicazione altare)

erezione dell’altare nel 1733, dedicato alla Beata Vergine dell’adorazione o Madonna di Reggio o della Ghiara, apparsa miracolosamente nel 1628 e conferimento del titolo di patrona di Fivizzano

1767 - 1797 (danni sismici intero edificio)

il 2 gennaio 1767 una gravissima scossa di terremoto danneggiò la chiesa «ne piegò le robuste colonne di macigno, ne aperse in più parti la volta, e talmente distrusse l’arco di pietra della nave di mezzo, che ne fece uscire due pesanti tagliole di ferro che l’obbligavano, le quali caddero sul pavimento senza la menoma lesione di alcuno in un’immensa folla di popolo ivi riunito». Rimase indenne la cappella della Beata Vergine dell’adorazione, con la sua cupola, come racconta l’"Istoria della miracolosa immagine di Maria Santissima" che, sotto il titolo dell’Adorazione, si venera nella chiesa dell’insigne prepositura di Fivizzano di cui è patrona principale. Il libretto, stampato a Parma nel 1802, fu dedicato al primo vescovo di Pontremoli, Girolamo Pavesi (1797-1820) dopo la costituzione della diocesi avvenuta nel 1797 accorpando tutti i territori appartenenti in quell’epoca al Granducato di Toscana

1825  (titolo di prepositura mitrata intero bene)

la prepositura fu insignita del titolo di "prepositura mitrata"

1896  (balaustra presbiterio)

la balaustra che racchiude l’area del presbiterio fu eseguita nel 1896

1920 - 1925 (interventi post sismici intero edificio)

il sisma del 1920 danneggiò gravemente l’edificio, come ricorda un’iscrizione posta sulla facciata che ne attesta l’avvenuta riedificazione nel 1925

1945  (santuario intero edificio)

il 1° settembre 1945 la prepositura fu insignita del titolo di Santuario della Beata Vergine dell’Adorazione dal vescovo Sismondo come ringraziamento per lo scampato pericolo bellico

1946  (sacello altare)

l’architetto carrarese Enrico Remedi realizzò il sacello collocato sopra l’altare maggiore che adorna la stele con la Vergine dell’adorazione, già sistemata sul dossale prima del terremoto del 1920, forse già nel secolo XVIII
Descrizione

la prepositura dei Santi Iacopo e Antonio abate di Fivizzano si dispone sull’angolo nord occidentale della Piazza medicea, lungo la strada che conduce a Modena e Reggio Emilia attraverso il passo del Cerreto. La facciata dell’edificio, ristrutturata in forme romaniche dopo il terremoto del 1920, a quattro spioventi in pietra isodoma, con ampia bifora centrale, è fiancheggiata dalla torre campanaria con una doppia cella, sormontata da un parapetto in ferro, costruita nella prima campata destra dell’edificio e quindi allineata con la facciata stessa. La primitiva chiesa fu fatta costruire dal vescovo di Luni Bernabò Griffi (1364-1378), in un periodo in cui il forum Fivezani, già citato nel 1239 e pertinenza dei Malaspina della Verrucola, era divenuto un fiorente borgo commerciale: nel 1355 Puccio di Duccio Bosi aveva fatto costruire la chiesa di San Giovanni, nel 1374 vi trasferì la residenza il marchese Nicolò Malaspina, nipote di Spinetta il Grande, nel 1391 vi presero dimora gli Agostiniani e la chiesa di San Giovanni fu annessa al loro convento. La posizione strategica di Fivizzano non sfuggì alle mire espansionistiche della Repubblica di Firenze che, tra il 1404 ed il 1477, ne entrò definitivamente il possesso trasformando radicalmente il borgo medievale in una cittadina dall’impronta fortemente medicea. La chiesa trecentesca, come riferisce una memoria del 1598 rilasciata dal parroco di allora, fu completamente ricostruita nel 1576, ampliata e ruotata; il presbiterio fu rivolto ad occidente e la facciata si attestò sulla principale via della città. Per la nuova chiesa, il famoso maestro Ducarelli da Torano, frazione di Carrara, valente scultore, adottò ancora l’impianto basilicale a tre navate, ben proporzionate, con 15 colonne monolitiche in macigno, da lui abilmente scolpite, provenienti dalla cava della Costia, sopra la Pescigola. L’edificio era coperto con volte, crollate o rimosse perché pericolanti, dopo il sisma del 1920, quando furono sostituite con l’attuale soffitto a cassettoni in cemento. L’interno si presenta quindi, a prima vista, come una combinazione tra elementi architettonici rinascimentali, riconoscibili nel ritmo delle campate, nella finezza dei capitelli e dei peducci che sostenevano le volte e le strutture novecentesche, trasformate dalla cromia pittorica in un ideale linguaggio tardogotico, molto analitico, ed in questo non molto lontano dal gusto dell’edificio precedente, ancora molto attento al dettaglio minuto delle membrature architettoniche. A questi due stili si affianca quello barocco degli altari che si rivela pienamente nella monumentale macchina settecentesca dell’altare maggiore, a marmi policromi, di gusto ligure, resa più imponente dal novecentesco tempietto della Beata Vergine dell’Adorazione. Alla disposizione in serie, schermata dai colonnati delle navate, sono obbligati gli altari laterali, addossati alle pareti esterne dell’edificio, anch’essi pregevoli e ricchi dettagli, ma privi di quella cornice architettonica tardobarocca che ne mette in risalto le forme integrandole maggiormente con il gusto dell’edificio
Facciata
la facciata della prepositura dei Santi Iacopo e Antonio è stata ricostruita, in stile romanico, dopo il terremoto del 1920 e presenta un andamento a quattro spioventi, con la torre campanaria inserita nel lato destro della pagina muraria del prospetto, in pietra grigia a disegno isodomo. Nella parte inferiore si aprono tre portali gerarchizzati, riconducibili a modelli dei secoli XIII-XIV, con mensole di raccordo in marmo apuano e lunette raffiguranti i santi patroni e la Beata Vergine dell’adorazione. Le porte laterali sono sormontate da una monofora e fiancheggiate da due finestrelle più piccole collocate, dalla parte interna, all’altezza dell’architrave. Al al centro, in asse con il portale maggiore, si apre un’ampia bifora con colonnina in marmo apuano e capitelo fogliato, tema ripetuto frequentemente nelle riduzioni in stile di quel periodo. A destra, in corrispondenza della torre campanaria, lo stemma mediceo. La facciata antica, nota da riproduzioni fotografiche precedenti il sisma, aveva il portale maggiore più solenne e tale lo rendeva una cornice continua in arenaria sormontata da un timpano triangolare aperto, ornato con l’arme medicea, in marmo, l’unico elemento di questo materiale presente in facciata. Al posto della bifora, in corrispondenza con la lunetta della volta interna, si trovava un’ampia finestra rettangolare, con cornice continua e timpano triangolare superiore aperto, in seguito tamponata per inserire la cantoria e l’organo, distrutto dal sisma del 1920. Poco più in basso dell’apertura rettangolare, ora a forma di croce, che illuminava l’estradosso delle volte, si trovava lo stemma della prepositura
Impianto strutturale
l’impianto strutturale è composto da un organismo basilicale a tre navate avente la lunghezza pari al doppio della larghezza, con asse di mezzeria in corrispondenza degli antichi sostegni dell’arco trionfale. La larghezza delle navate laterali è metà di quella centrale e gli spazi si collegano tra loro tramite un colonnato ripartito in quattro campate fino all’arco trionfale, dal lato sinistro, e tre da quello opposto essendo, l’ultima di queste occupata dal volume della torre campanaria. L’area del presbiterio, si compone di due campate a tutto sesto che terminano contro la struttura rettilinea del coro, fiancheggiato da altrettante cappelle corrispondenti alle navate laterali, ornate con dossali a parete. La scatola muraria è chiusa con solai di calcestruzzo monolitici a cassettoni rinforzati da travature trasversali, poste a distanza costante, impostati alle altezze dei rispettivi livelli. La struttura precedente era voltata, la cappella dedicata alla Beata Vergine dell’adorazione, oggi del Sacro Cuore, aveva anche la cupola. Tutto il sistema, già restaurato dopo i terremoti precedenti, è crollato con il sisma del 1920 oppure è stato molto danneggiato, come la volta sovrastante il coro, non fu più ricostruito ma sostituito con il solaio attuale
Interno
l’interno, nonostante i rifacimenti, presenta un assetto unitario ben curato e scandito dalla metrica proporzionata dei colonnati monolitici, degli archi, dei peducci che sostenevano le volte e delle paraste poste a suddividere il presbiterio dall’aula. Al di sopra si dispone il cleristorio con finestre rettangolari, a tutto sesto, dipinte con cornici a liste bianche e nere. Sulla controfacciata è stata inserita una nuova cantoria passando di stretta misura all’interno della ghiera della prima campata del colonnato fino ad incastrarla sulla parete esterna da un lato e sul muro della torre campanaria dall’altro. Il manufatto sostituì la cantoria precedente, distrutta dal sisma, e l’organo antico per la cui collocazione era stata tamponata la finestra della facciata cinquecentesca. A sinistra dell’ingresso si trova, all’interno di una nicchia, il battistero settecentesco preceduto da una cancellata in ferro che ha sostituito l’antico catino in arenaria ornato con il simbolo del Tau. I numerosi altari laterali, in marmo policromo o in pietra serena, di pregevole fattura, attestano il prestigio della città e la presenza di maestranze abili nel lavorare il marmo proveniente dai bacini apuani e la pietra serena di estrazione locale. Le colonne monolitiche furono estratte dalla cava della Pescigola, località situata a sud est di Fivizzano, lungo le pendici di Montechiaro. Non sono presenti cappelle laterali l’unica, dedicata al Sacro Cuore di Gesù, si trova a sinistra dell’ingresso, all’altezza della terza campata e contiene un bell’altare settecentesco in marmi policromi che un tempo ospitava la beata Vergine dell’adorazione.
Presbiterio
il presbiterio è molto ampio ed occupa circa metà dello spazio interno; lo delimitano le due campate del colonnato, situate dopo la doppia colonna, addossata al pilastro che sosteneva l’arco trionfale e lo spazio chiuso del coro con le porte, di destra e di sinistra, dal prezioso intaglio ligneo comunicanti con le cappelle terminali delle navate. Un gradino tracciato all’altezza dell’arco trionfale con il pulpito settecentesco, in marmi policromi, situato sul pilastro di sinistra, precede il presbiterio vero e proprio delimitato da una balaustra marmorea dall’andamento mistilineo. E’ stata realizzata nel 1896, in stile barocco, con colonnine scure in struttura bianca, ed esalta la monumentale macchina dell’altare settecentesco, di gusto ligure, con mensa a sarcofago e ripiani in doppia profondità, digradanti verso il basso, sostenuti da eleganti mensole terminanti con cherubini, a mezzo busto, dall’ampia apertura alare. La cromia dell’altare è ripresa nel sacello circolare, eseguito nel 1945 dall’architetto di Carrara Enrico Remedi, per ospitare l’immagine della Beata Vergine dell’adorazione. E’ appoggiato su un alto stilobate in marmo bianco, rastremato verso l’alto, dal quale si distaccano sei coppie di colonne binate, di marmo rosso, con capitelli corinzi e cornice in marmo bianco. Un timpano curvilineo aperto, sormontato da angeli, chiude la parete centrale con l’arcata, a tutto sesto, che incornicia l’immagine sacra. Il tempietto è sovrastato da una monumentale corona in lamina di bronzo e struttura lignea con ornati in rame. Sul retro dell’altare si dispone l’ampio coro in noce, dagli scanni finemente intagliati, con quello centrale sormontato da un timpano triangolare aperto, ornato da una figura leonina coronata reggi-stemma. Al centro dello spazio, tendente al quadrato, si trova il leggio su colonna tortile sostenuta da un alto basamento. Sulla parete di fondo si apre una nicchia contenente l’immagine del Risorto, scolpita in marmo bianco, fiancheggiata da quattro immagini di santi dipinte all’interno di un parato architettonico neogotico: ai lati del Cristo si trovano i due santi patroni: Jacopo ed Antonio Abate alle estremità Santa Caterina d’Alessandria e Santa Cecilia. L’assetto è diverso da quello descritto dal parroco nel 1568 «sopra la sedia maggiore è la statua del Santo Abate, ai lati del quale sono le immagini dipinte in tavola dei Santi Rocco e Sebastiano, nobili pitture della scuola di Andrea del Sarto. Adorna la prospettiva del coro una grande arme di Casa Medici messa in oro, che sebben antico, si conserva splendente e pulito»
Struttura
la struttura dell’edificio è in muratura portante, con tessitura unitaria molto rimaneggiata e consolidata, dopo gli eventi sismici che hanno provocato il crollo o la demolizione delle volte pericolanti. Nella parte absidale si notano sia gli orizzontamenti dei solai in cemento della navata centrale e di quelle laterali, sia le cordolature di rinforzo della struttura stessa. Si leggono, al di sopra della muratura più antica, elementi lapidei di varia pezzatura, legati con abbondante malta e rinforzati agli spigoli con cantonali squadrati, con la dimensione maggiore disposta a ritmo alterno
Coperture
la copertura dell’edificio è a capanna, con manto in cotto, su struttura ricostruita dopo il sisma del 1920. L’oculo circolare in pietra che illumina il sottotetto deriva dalla precedente struttura
Pavimenti e pavimentazioni
il pavimento è in lastre di marmo bianco con venature grigie e bande trasversali in bardiglio
Elementi decorativi
l’apparato decorativo, di gusto neogotico, adorna con sobrietà l’architettura dell’interno lasciando ampie campiture monocromatiche che mettono in evidenza il raffinato disegno degli elementi in pietra. L’ornato presente nelle decorazioni dei cassettoni, ad imitazione del legno, nei girali fitomorfici del fregio, si intensifica nel coro, mettendo in risalto la partitura geometrica della parete di fondo con cinque specchiature in modo da contenere la finestra che illumina il coro e la sottostante nicchia con il Salvatore Risorto, fiancheggiata dalla figure dei santi. L’insieme ricco di temi architettonici e decorativi denota una pregevole armonia di forme e di colori. Notevole è anche l’apparato iconografico scolpito in lapidi ed iscrizioni, collocate sulle pareti della chiesa o nelle dedicazioni degli altari
Elementi lignei
il coro ligneo è una ricca architettura d’arredo scolpita con pilastri scanalati di ordine ionico, cornici e frontoni, adornata di protomi inghirlandate, festoni con fiori, frutti, fiere e volatili, declinata all’interno di una metrica classica che le dispone in un disegno ordinato. Così lo descriveva nel 1598 il parroco «nel coro assai vago e capace, anch’esso in volta (oggi è crollata o demolita), vi sono sedili eleganti di noce a due ordini, adornati di buone sculture ed intagli del Pisanino, dove si vedono in bassorilievo vari scherzi di frutti, fiori e volti umani del medesimo ed i lavori di quadro di Agnolo da Fazzano. La descrizione è del 1598 ed è stata redatta dal parroco di allora
Torre campanaria o campanile
il campanile è una robusta costruzione, a base quadrata, ripartita, sormontata da due celle sovrapposte, con strette arcate, a tutto sesto, aperte sui quattro lati e ringhiera in ferro di coronamento. Le celle appoggiano su un alto volume, privo di orizzontamenti marcapiano e marcadavanzale, ricoperto nella parte inferiore dal paramento murario della facciata. La torre, particolarmente slanciata, è adornata con un orologio recante la data del 1806
Adeguamento liturgico

altare - aggiunta arredo (1970)
nel presbiterio ampio è stato inserito un bell'altare in legno rivestito di tessuto (velluto damascato rosso) con paliotto in metallo sbalzato
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