L'imperatore Enrico III conferma al vescovo di Asti la chiesa di San Ponzio di Monticello, "cum corte, castro et capellis".
1345 (citazione intero bene)
La chiesa è citata tra quelle che, non soggette ad alcuna pieve, pagavano il cattedratico al vescovo di Asti. A giudicare da quanto oggi è visibile, è probabile che negli anni precedenti l'edificio fosse nella sostanza ricostruito.
1441 (citazione intero bene)
Margherita moglie di Ludovico de Brayda indica, nel proprio testamento, la chiesa come luogo di sepoltura, legando 20 soldi per interventi di miglioramento.
1494 (dignità intero bene)
La chiesa è assegnata in patronato ai Roero, in considerazione della necessità di procedere a diffuci interventi di restauro.
1585 (descrizione intero bene)
La chiesa è menzionata e sommariamente descritta in occasione della visita apostolica di monsignor Angelo Peruzzi. In generale, le condizioni di conservazione risultano buone.
1652 (descrizione intero bene)
La chiesa risulta nuovamente in precarie condizioni statiche, al punto che parte dell'altare è stata interessata dal crollo delle strutture di copertura.
1656 (descrizione intero bene)
Il vescovo di Asti monsignor Roero in visita pastorale conferma le precarie condizioni dell'edificio e ordina di procedere con gli interventi di restauro necessari.
1697 (descrizione intero bene)
Gli atti della visita pastorale del vescovo astigiano monsignor Migliavacca descrivono sommariamente l'edificio. Le condizioni generali non hanno registrato miglioramenti.
1716 (descrizione intero bene)
L'intendente di Alba nega alla comunità il permesso di investire soldi nel restauro dell'edificio: le condizioni di conservazione sono tali da suggerire l'inutilità di qualunque intervento.
1742 (dignità intero bene)
La chiesa è utilizzata ormai solo più come luogo di sepoltura.
1744 (demolizione campanile)
Il vescovo di Asti monsignor Felissano, in visita pastorale, ordina di procedere all'abbattimento del campanile, onde evitare che, crollando, danneggiasse la chiesa.
1768 (descrizione Intero bene)
Il vescovo astigiano Caissotti in visita pastorale trova la chiesa in buone condizioni. E' dunque probabile che negli anni precedenti fossero stati realizzati interventi di restauro, nel cui contesto, con ogni verosimiglianza, si procedette alla costruzione della facciata odierna.
1817 (giurisdizione intero bene)
Con la Restaurazione e la ricostituzione delle diocesi soppresse in età napoleonica, la chiesa, insieme alle altre del luogo, è assegnata alla giurisdizione del vescovo di Alba.
Descrizione
Edificio di grande interesse, ma di altrettanto difficile lettura, in ragione sia delle stratificazioni edilizie, sia dell'impossibilità di ancorare a cronologie certe i numerosi, ma decontestualizzati, affreschi conservati sulla parete di fondo.
La chiesa si presenta oggi con un'impostazione a sala dal marcato sviluppo trasversale, coperta direttamente dalle strutture lignee del tetto. Quel che pare certo, al di là di alcune fantasiose ipotesi che la vorrebbero edificata nel sec. X, è come, nell'insieme, mostri un assetto genericamente riconducibile a una fase trecentesca per le parti più antiche, emendato e riorganizzato nel corso dei secoli successivi, sino alla rideterminazione dello spazio interno operata nel secondo Settecento con la realizzazione della nuova facciata, a capanna e priva di qualunque definizione architettonica degna di nota.
Ciò che risulta poco comprensibile è, di fatto, l'impianto e lo sviluppo spaziale dell'edificio nel suo divenire. Se, come suggerisce l'articolazione dell'altare, l'odierno muro di fondo è quello del presbiterio trecentesco, si deve necessariamente ammettere che all'epoca la chiesa doveva essere assai più vasta e, di conseguenza, che la realizzazione della nuova facciata abbia ridotto in maniera significativa lo sviluppo longitudinale dell'edificio, limitando di fatto lo spazio alla sola area presbiteriale. Il problema, però, è che, sulla destra della parete di fondo, sopravvive un affresco assegnato dalla critica a un periodo precedente alla ricostruzione di sec. XIV, e che qualcuno si spinge (in realtà senza reali prove) sino a ritenerlo in fase con la chiesa documentata nel sec. XI. Sia come sia, si tratta senz'altro di una preesistenza, che suggerisce un riutilizzo di parti della chiesa più antica quando si procedette alla sua ricostruzione. Tale ipotesi, decisamente verosimile a livello generale, risulta però problematica se si osservano le strutture edilizie: essa implicherebbe infatti l'esistenza di una chiesa romanica con presbiterio a terminazione piana, condizione del tutto eccezionale per l'area subalpina. Piuttosto, è da valutare l'ipotesi che la fabbrica trecentesca abbia riorientato la chiesa preesistente e, non potendo ampliarla né sul lato sud-est né su quello nord-est per la presenza di un forte dislivello, i costruttori abbiano deciso di ruotare di 90° l'asse dell'edificio, recuperando le strutture murarie perimetrali nel nuovo muro di fondo del presbiterio.
Impianto strutturale
Nonostante la complessa stratigrafia muraria e le varie e articolati fasi di trasformazione edilizia, l'edificio mostra una struttura in muratura portante. Di fatto, le quattro pareti perimetrali, seppure realizzate in epoche differenti, si comportano come una scatola muraria omogenea, su cui poggiano le strutture lignee di copertura, lasciate a vista nell'aula.
Adeguamento liturgico
nessuno
E' ancora correntemente utilizzato per le celebrazioni liturgiche l'altare pertinente alla fase trecentesca dell'edificio, costituito da un parallelepipedo in muratura, affrescato e sovrastato da una pala raffigurante la crocifisione, anch'essa realizzata a fresco.