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Calenzano
Firenze
chiesa
parrocchiale
S. Severo a Legri
Parrocchia di San Severo a Legri
Pianta; Facciata e portico; Campanile; Interno; Elementi decorativi; Pavimenti e pavimentazioni; Coperture
presbiterio - intervento strutturale (1995)
VI - X(origini carattere generale); 983 - 1037(cenni storici carattere generale); 1051 - XI fine(cenni storici ricostruzione romanica ); 1128 - 1191(cenni storici carattere generale); 1220 - 1303(cenni storici carattere generale); 1319 - 1343(cenni storici carattere generale); 1350 - 1400(cenni storici carattere generale); 1435 - 1461(cenni storici carattere generale); 1501 - 1537(cenni storici rifacimento del campanile
dipinto su tavola ); 1551 - 1585 ca(cenni storici carattere generale); 1602 - 1602(cenni storici Compagnia dell’Annunziata ); 1633 - 1633(cenni storici rifacimenti nella chiesa); 1661 - 1693(cenni storici carattere generale); 1707 - 1708(cenni storici Compagnia dell’Annunziata ); 1745 - 1750(cenni storici carattere generale); 1751 - XVIII(cenni storici dipinto su tela
cantoria
organo ); 1769 - 1769(cenni storici Compagnia dell’Annunziata ); 1777 - 1798(cenni storici carattere generale); 1827 - 1854 ante(cenni storici campane
organo ); 1833 - 1848(cenni storici carattere generale ); 1892 - 1926(cenni storici carattere generale ); 1926 - 1944(cenni storici carattere generale ); 1947 - 1962(cenni storici carattere generale ); 1964 - 1986(cenni storici carattere generale ); 1982 - 1995(vicende conservative intero bene); 2002 - 2015(vicende conservative dipinti e sculture)
Pieve di San Severo a Legri
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Pieve di San Severo a Legri <Calenzano>
Altre denominazioni S. Severo a Legri
Ambito culturale (ruolo)
romanico (impianto)
maestranze toscane (rifacimenti)
Notizie Storiche

VI - X (origini carattere generale)

La pieve di S. Severo a Legri (Ligari, Legari, Legoli, Liculi, da “iliculae”, quercioli, a sua volta da Quercus ilex, leccio, quindi lecceto; secondo altri, ma poco convincentemente, dal greco lèchrios, inclinato, concavo), dedicata al primo santo vescovo di Ravenna, viene innalzata lungo la strada che conduce in Mugello, provenendo da Settimello e Sommaia e risalendo la valle del torrente Marinella (diminutivo di Marina, idronimo derivante dall’etrusco Marie, Marena, dal quale il personale romano Marinius). La sua fondazione, su una probabile preesistenza tardoromana, risale forse al VI-VII secolo e nella sua cripta è stata rinvenuta nel 1748 un’iscrizione che fa riferimento al martire Raimberto, diacono, che taluni poi ipotizzeranno fosse seguace dell’arianesimo. Nei pressi sorge il castello di Legri (forse risalente al X secolo su una preesistenza bizantina), con la sua chiesetta castellana di S. Pietro.

983 - 1037 (cenni storici carattere generale)

La pieve di Legri viene citata per la prima volta (“ecclesia Sancti Severi in terra de Lago”) in un privilegio di Ottone II del 983, dove sono confermati alla Canonica della cattedrale fiorentina vari beni posti nel suo ‘popolo’, donati ad essa dal vescovo Sichelmo (m. post 978, forse nel 985) attorno al 967. Tali beni sono poi confermati ancora da Ottone III nel 998 e da Corrado II nel 1037.

1051 - XI fine (cenni storici ricostruzione romanica )

Nel 1051 Teuzzone detto Rustico di Giovanni cede a Rodolfo di Sigfredo le sue proprietà (castelli, “curtes” e chiese) poste in vari plebati, compreso quello di S. Severo a Legri. Nell’XI secolo è documentata l’esistenza di un Capitolo di canonici presso la pieve. Risale a quel secolo il campanile romanico con lesene angolari e arcate cieche nella canna, nelle quali si aprono monofore. La chiesa, ricostruita nella seconda metà del secolo, è a tre navate divise da robuste colonne in mattoni intonacati (secondo talune fonti simili a quelle della pieve di S. Cresci in Valcava), triabsidata e dotata di una cripta.

1128 - 1191 (cenni storici carattere generale)

Nel 1128 il vescovo fiorentino Gottifredo degli Alberti concede alla Canonica della pieve ¼ delle rendite della pieve insieme ad altri benefici. Nel 1191 Arrigo VI conferma ai conti Guidi di Modigliana la quarta parte del “castrum Ligari”. Essi sono verosimilmente i patroni della pieve.

1220 - 1303 (cenni storici carattere generale)

Nel 1220 e nel 1240 Federico II conferma nuovamente ai conti Guidi la quarta parte del castello di Legri. Nel 1260 il ‘popolo’ di S. Severo deve contribuire al mantenimento dell’esercito guelfo. Nelle decime vaticane del 1274-1275 la pieve paga 12 libbre e 19 soldi, nel 1276-1277 16 libbre e 10 soldi e nel 1302-1303 solo 8 libbre e 5 soldi, che conferma la sua perdita d’importanza quando la strada per il Mugello che vi transita viene man mano sostituita da quella da Calenzano e dal Passo di Combiate. Da essa dipendono cinque chiese suffraganee. Nel 1299 Giovanni di Folcardino da Barberino di Mugello viene nominato dal vescovo fiorentino Francesco Monaldeschi “capitolare” della collegiata dei canonici.

1319 - 1343 (cenni storici carattere generale)

Nel marzo del 1319 (stile moderno) si ha notizia dell’esistenza presso la pieve di una “Socieras Sanctae Mariae” e nel 1326 è documentata l’esistenza della Compagnia della SS. Annunziata, probabilmente la medesima congregazione. Nel 1335 è pievano prete Bernardo; allora ancora vi esiste la canonica ed un canonico di essa è il chierico Niccolò da Villamagna. Nel 1343 dipendono dalla pieve le chiese di S. Michele a Cupo, S. Martino a Leccio, S. Romolo a Leccio, S. Maria alla Querciola e di S. Pietro nel castello

1350 - 1400 (cenni storici carattere generale)

L’ipotesi di una ripresa economica avvenuta nella seconda metà del Trecento, basata sul fatto che nel 1372 la pieve pagherebbe di nuovo 16 libbre e 10 soldi di decima pontificia (come nel 1276) è priva di fondamento, appoggiandosi su un passo latino del Lami, nel quale si fa riferimento al 1372 per le chiese della diocesi di Pisa, mentre il documento riguardante quelle fiorentine è del 1299. Nella seconda metà del Trecento la chiesa viene affrescata, compresi gli intradossi degli archi e le colonne; fra l’altro, all’estremo scadere del secolo, viene dipinto, nell’intradosso dell’arco sinistro più prossimo al presbiterio, un “Sant’Jacopo”, dato alla bottega di Niccolò di Pietro Gerini (prima notizia 1368; morto a Firenze nel 1415) o a quella di Agnolo Gaddi (circa 1350-1396), ma talora anche a Pietro di Miniato (circa 1366-1430/1446).

1435 - 1461 (cenni storici carattere generale)

Nel 1435 Eugenio IV concede il patronato della pieve ai Canigiani (già guelfi bianchi con case in Oltrarno, banchieri e mercanti, detentori fin dal Trecento del vecchio castello di Legri, insieme ai Figiovanni, originari del Mugello), che viene confermato nel 1440, al tempo di Simone (1402-1465) e di Giovanni (1404-1477) d’Antonio di Jacopo Canigiani. Nel 1442 è dipinto in chiesa, nell’intradosso della seconda arcata di sinistra, un “San Francesco d’Assisi”. Nel medesimo secolo sono affrescati anche una “Madonna in trono con il Bambino e Santi” (dei quali sono oggi parzialmente conservati solo due a sinistra della Madonna) e, nella navata centrale, un “Giudizio universale”, del quale permane la scena con i morti che risorgono dai loro avelli. Nel 1461 i Canigiani incorporano la chiesa tra i beni di una commenda dei Cavalieri Gerosolimitani (già nel 1443 fra’ Bartolomeo Canigiani era stato investito della commenda di S. Eufrosino nel castello di Volpaia in Chianti).

1501 - 1537 (cenni storici rifacimento del campanile, dipinto su tavola )

Nel 1501 una porzione del campanile, colpito da un fulmine, crolla rovinosamente sulla chiesa, causando in essa 5 morti e 40 feriti. La torre viene ricostruita per circa metà della sua altezza. Verso il 1510-1515 il Maestro di Serumido (attivo 1506-1525), forse su commissione dei Canigiani, dipinge il quadro raffigurante “Gli Arcangeli Michele e Raffaele con Tobiolo e due Angeli reggicorona”, attorno ad un’antica tavola della Madonna (forse una “Madonna con il Bambino” appartenente ad un originario polittico medievale), destinato ad un altare nella navata sinistra. Dalla visita pastorale del 1537 apprendiamo che nella pieve non vi è il fonte battesimale e le condizioni generali dell’edificio sono mediocri; allora è pievano Antonio Canigiani, cavaliere gerosolimitano (forse lo stesso che nel 1512 era stato “commendatore” del castello di Volpaia).

1551 - 1585 ca (cenni storici carattere generale)

Nel 1551 il ‘popolo’ della pieve conta 430 anime. Risalgono al 1553 alcuni libri di entrate e uscite della Compagnia dell’Annunziata ancora conservatisi. Nel 1575 viene effettuata la visita apostolica da Alfonso Binnarini (1510-1580), vescovo di Camerino. Nei primi anni Settanta del Cinquecento Bartolomeo Traballesi (1536-1585) esegue il quadro con la “Santissima Annunzia” per la sede della Compagnia dell’Annunziata (nel 1707 data a un Domenico Cinganelli, allievo di Girolamo Macchietti, 1535-1592, forse imparentato con Michelangelo Cinganelli, 1558-1635, e poi recentemente – 1999 e 2019 – anche a Francesco Traballesi, 1541-1588, fratello di Bartolomeo). Nella pianta dei Capitano di Parte Guelfa degli anni Ottanta del XVI secolo vediamo la chiesa affiancata dalla sede della Compagnia e le varie terre che possiede lungo il Marinella, nelle località La Casaccia e La Selva. Risale al Cinquecento un organo del quale restano parti nel più tardo organo settecentesco.

1602  (cenni storici Compagnia dell’Annunziata )

Nel 1602 sono rifatti i Capitoli della Compagnia dell’Annunziata.

1633  (cenni storici rifacimenti nella chiesa)

Nel 1633 il patrono della chiesa, Alessandro Canigiani, anch’egli cavaliere gerosolimitano (documentato come cavaliere già nel 1619), fa ristrutturare, a spese della commenda, la chiesa, allora “vetustate p[a]ene collapsa”. Un tale occasione è rialzato notevolmente il pavimento, impedendo l’accesso alla cripta medievale, e sono sopraelevate le navate laterali, conducendo la facciata a salienti ad una a capanna; scompare l’absidiola semicircolare della nave sinistra e sono aperte nuove finestre.

1661 - 1693 (cenni storici carattere generale)

Negli anni Sessanta e Settanta del XVII secolo sono eseguiti vari lavori alla sede della Compagnia dell’Annunziata. Da un documento del 1693 apprendiamo che la pieve possiede vari poderi nella zona alla Casaccia, al Balducci e a Volmiano (memoria toponomastica del “praedium” romano di un Volmius). Alla Compagnia dell’Annunziata si affianca anche quella di Gesù, Giuseppe e Maria, i cui documenti noti iniziano nel 1686. Al XVII secolo risale pure la tela con la “Visitazione” per un altare laterale .

1707 - 1708 (cenni storici Compagnia dell’Annunziata )

Nel 1707 viene ricostruito l’altare in arenaria della sede della Compagnia dell’Annunziata; in quell’occasione si decide di far restaurare il quadro con la “Santissima Annunziata” e tale restauro viene eseguito a Firenze dal pittore Niccolò Agostino Veracini (1689-1762). Il 4 novembre del 1708 la tavola viene collocata sull’altare con una solenne processione, essendo allora pievano Tommaso Berrettai.

1745 - 1750 (cenni storici carattere generale)

Nel 1745 il ‘popolo’ della pieve conta 594 anime. Nel 1748, al tempo del pievano Giuseppe Maria Bravi e del “commendatario” fra’ Ottaviano Canigiani, viene rinvenuta nell’antica cripta la lapide funebre che ricorda il corpo del Raimberto, “levita et Martyr”, martirizzato l’11 settembre di un anno imprecisato, notizia ripresa poi con enfasi dal Brocchi e dal Lami. La lapide stessa, come ci attesta il Brocchi, “verrà collocata dal soprannominato Sig. Pievano Bravi […] in un luogo più cospicuo e più decente nella medesima Pieve”, con l’approvazione dell’arcivescovo Francesco Gaetano Incontri; la relativa lapide marmorea, che documenta il trasferimento, risale al 1750 e ci dice come tale opera venne eseguita a spese di Maria Vittoria, vedova di Gaspare Canigiani e tutrice delle due sue figlie Francesca Ottavia e Maria.

1751 - XVIII (cenni storici dipinto su tela, cantoria, organo )

Nel 1751 l’antica tavola mariana al centro del quadro del maestro di Serumido (che viene fatto restaurare dal pievano Bravi) è sostituita con una tela centinata raffigurante la “Madonna del Rosario con i Santi Domenico e Caterina d’Alessandria”. Sempre il Bravi fa restaurare la tela secentesca con la “Visitazione”. In controfacciata viene eretta la cantoria con la nuova mostra dell’organo, che viene rifatto utilizzando canne di quello rinascimentale. Allora il patronato della pieve spetta alla commenda dei Cavalieri di Malta.

1769  (cenni storici Compagnia dell’Annunziata )

Nel 1769 i confratelli della Compagnia dell’Annunziata fanno realizzate a Simone di Santi Corti le quattro nuove finestre con inferriata nella pareti longitudinali del loro oratorio, che viene anche rintonacato e rimbiancato; sono restaurate pure le coperture.

1777 - 1798 (cenni storici carattere generale)

Nel 1777 diviene pievano don Guglielmo Giovesi, nel 1782 don Matteo Ceccarelli. Nel 1785 Pietro Leopoldo sopprime anche le due Compagnie esistenti presso la pieve e riduce ad oratorio dipendente dalla pieve la vecchia chiesa castellana di S. Pietro a Legri. Forse attorno al 1795 viene ripristinata la Compagnia dell’Annunziata. Nel 1798 diviene pievano don Giovanni Bandini.

1827 - 1854 ante (cenni storici campane, organo )

Nel 1827 Caterina di Antonio Canigiani (1790-1829), moglie di Giovan Battista Arcangeli, patrona della chiesa, dona due campane per il campanile, dedicate a S. Severo e alla Madonna del Rosario; vengono fuse dalla fonderia di Sante Gualandi (di Treppio nel Comune di Sambuca Pistoiese) esistente a Prato, ampiamente documentata agli inizi del secolo XIX (comprese una del 1816 per la pieve dei Santi Cristoforo e Jacopo di Sambuca Pistoiese e un’altra del 1818 per il duomo di Pisa). Michelangelo Paoli (1777-1854), allievo di Michelangelo Crudeli di Lucca con bottega a Campi Bisenzio, restaura l’organo.

1833 - 1848 (cenni storici carattere generale )

Nel 1833 il ‘popolo’ della pieve conta 547 anime, nel 1847 580 e nel 1886 680. Nel 1843 diviene pievano don Giovacchino Nuti e dal 1849 don Luigi Salotti, che vi rimarrà fino al 1892. Nel 1848 il patronato della pieve risulta ceduto al Granduca da Cristina di Vieri Cerchi, vedova di Tommaso di Giovan Vincenzo Giugni, la cui prima moglie era stata Vittoria di Giovanni Canigiani, tramite la quale era giunto il patronato. Allora le chiese suffraganee della pieve sono solamente due: quella S. Maria alla Querciola e l’altra dei Santi Martino e Romolo al Leccio.

1892 - 1926 (cenni storici carattere generale )

Dal 1892 al 1898 la chiesa è retta da don Alessandro Megli (sebbene nell’“Annuario ecclesiastico” del 1998 sia citato ancora don Salotti come “proposto di S. Severo a Segri [sic!]”), dal 1898 da don Raffaello Manetti e dal 1905 da don Lorenzo Santoni; nel 1907 diviene pievano don Pietro Trentanove, antifascista che viene ‘purgato’ con l’olio di ricino e in seguito trasferito a S. Andrea in Percussina, vicino a San Casciano, nel 1926.

1926 - 1944 (cenni storici carattere generale )

Dal 1926 al 1929 la pieve è retta da don Guglielmo Rosignoli, cui nel 1930 subentra quale pievano don Dante Porcinai e nel 1938 don Emanuele Grazzini, che sarà autore di un Chronicon dei fatti bellici avvenuti durante il 1944 per la liberazione di Legri. A partire dal mese di agosto del 1944 iniziano a transitare le truppe tedesche in ritirata dalla linea dell’Arno. Il giorno 4 settembre un cannoneggiamento colpisce la canonica, dove i tedeschi hanno posto il proprio comando. Poi l’arrivo degli alleati, all’inizio di una sezione esplorante, quindi l’afflusso di uomini e mezzi: “battiamo loro le mani, fraternizziamo subito con cuore aperto verso questi nostri liberatori” (don Grazzini). A sera preghiera di ringraziamento alla Vergine e “Te Deum”.

1947 - 1962 (cenni storici carattere generale )

Nel 1947 è creato pievano di Legri don Antonio Santacaterina, poi nel 1954, trasferito quest’ultimo a San Donato a Calenzano, don Dante Calonaci e nel 1962 don Angelo Ventisette (n. 1915).

1964 - 1986 (cenni storici carattere generale )

Nel 1964 diviene viceparroco don Mario Gottardi (n. 1932) da Dodavola (Forlì-Cesena), che diverrà pievano nel 1971 e vi rimarrà fino al 2000. In quello stesso 1964 viene collocato in sagrestia un busto raffigurante “Dio Padre”, attribuito a Benedetto da Maiano (1442-1497), databile al 1495-1497 e proveniente dalla chiesa di S. Martino a Leccio. Nel 1970 la parrocchia di S. Severo conta 400 anime, nel 1993 sono 230. Nel 1986 è unito al territorio parrocchiale di S. Severo quello della chiesa dei Santi Martino e Romolo al Leccio.

1982 - 1995 (vicende conservative intero bene)

Negli Anni Ottanta la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Firenze esegue il restauro del complesso (compreso il campanile), riportando alla luce il paramento romanico e alcune originarie monofore e restaurando la cripta. Nel 1995 è completato, nella disposizione attuale, l’adeguamento alle esigenze liturgiche della riforma conciliare.

2002 - 2015 (vicende conservative dipinti e sculture)

Negli Anni Duemila vengono restaurati i quadri del Maestro di Serumido e del Traballesi e la scultura di Benedetto da Maiano, oltre all’organo cinque-ottocentesco.
Descrizione

La Pieve di S. Severo si trova a Legri, frazione del Comune di Calenzano. È ubicata “sulle pendici meridionali del Monte delle Croci di Combiate fra il torrente Marinella, che le passa vicino verso levante, ed il fiumicello Marina, che dà il nome alla vallecola, il quale scorre a ponente di Legri” (Emanuele Repetti). Sorge isolata entro un contesto agreste. Il complesso è costituito dalla chiesa e dalla canonica che, con i locali parrocchiali, vi sorge sul lato destro, intorno ad una corte con un pozzo centrale. Verso la fronte e sul medesimo lato vi sono un edificio ad uso abitativo e la sede dell’ex Compagnia, disposti ortogonalmente rispetto alla facciata della chiesa. Il fianco destro della Compagnia presenta un ingresso laterale e due finestre, delle quali una a campana. A tergo emergono i volumi di due delle tre absidi che vi erano in origine (è scomparsa quella di destra, di cui rimane solo la parete basamentale), in conci non isodomi a vista; al centro di quella centrale è l’accesso, chiuso da un cancelletto, alla cripta. Al di sopra delle coperture s’innalza un campaniletto a vela, privo di campana; in tale prospetto è ancora visibile il profilo originario a salienti, poi rialzato e condotto a quello attuale a capanna. Nel fianco sinistro sono aperte due finestre strombate ed un accesso laterale alla chiesa, coperto da una tettoia. La torre campanaria è affiancata sulla fronte, a sinistra. Tutti i prospetti esterni recano a vista i conci in alberese misti ad arenaria. La facciata è a capanna, la pianta a tre navate.
Pianta
La chiesa ha pianta basilicale a tre navate. Al centro della parete della navata sinistra è un accesso all’esterno; nella parete opposta, a livello del presbiterio, è l’accesso alla canonica ed alla sagrestia. Le dimensioni indicative dell'interno della chiesa sono: lunghezza totale: m 19,60; lunghezza fino all'arco absidale: m 16,70; larghezza totale: m 14,40; larghezza della navata centrale: m 5,80.
Facciata e portico
La facciata è a capanna, con la falda sinistra interrotta dal volume della torre. Nel registro superiore si aprono due finestre rettangolari munite d’inferriata, tra le quali è ancora visibile una precedente finestra centinata poi tamponata. Sul lato sinistro è l’accesso alla corte laterale; il portale in facciata è architravato ed in blocchi d’arenaria, il portone è ligneo. Un portico, poggiante su un singolo pilastro angolare a pianta quadrata, precede la facciata. La facciata della sede dell’ex Compagnia, intonacata, ha un portale trabeato sormontato da una lunetta e reca una croce metallica sul colmo.
Campanile
Il campanile è a pianta quadrata, in conci a vista, con notevole sviluppo in altezza, ove in corrispondenza del primo e più antico livello sono visibili arcate cieche (tre archetti ciechi in corrispondenza della faccia allineata con la fronte della chiesa) con al centro originarie e ampie monofore poi tamponate. La cella campanaria a quattro fornici è provvista di due campane azionate elettricamente; la copertura è a padiglione e sul colmo è una croce metallica.
Interno
All’interno la navata centrale si apre verso le laterali mediante ampie arcate a tutto sesto poggianti su colonne in mattoni intonacati, il cui sviluppo in verticale procede ben oltre la quota dell’attuale pavimentazione, il cui livello risulta quello del XVI secolo. Il presbiterio è rialzato di un gradino in arenaria, reca al centro la mensa eucaristica in pietra serena, poggiante su quattro colonnine, sul retro della quale è l’abside semicircolare, con la panca in legno e la finestra centinata con la mostra in arenaria. Il dipinto posto a parete sul lato sinistro del presbiterio, in corrispondenza della testata della nave sinistra, è quello su tavola del Maestro di Serumido, con al centro la tela centinata settecentesca. Nella parete opposta è il moderno tabernacolo, la cui mostra è in arenaria e lo sportello in ottone, con sbalzo in argento; la sovrastante “Trinità”, posta a parete e di recente fattura, è un altorilievo in terracotta. Nella parete della navata sinistra, nel presbiterio, si trova il tabernacolo per gli oli santi, che reca una mostra in pietra serena e lo sportello ligneo. Le pareti sono rivestite ad intonaco e tinteggiate in beige, a calce. Numerosi sono i residui di pitture murali tre-quattrocentesche, visibili nell’intradosso della seconda arcata sinistra, nella parete della navata sinistra e nelle pareti della navata centrale. In corrispondenza dell’imposta di due arcate sopra una colonna di destra si trovano murate le due lapidi, rispettivamente in arenaria e in marmo, che ricordano S. Raimberto e la sua traslazione qui nel 1750. Lungo la navata destra si trova la tela secentesca con la “Visitazione” e l’“Annunciazione” del Traballesi, tra le quali è posta una lapide marmorea del 1919 che ricorda i caduti di Legri durante la Prima Guerra Mondiale. In controfacciata la bussola è lignea, con la sovrastante cantoria, qualificata sulla fronte da balaustri scolpiti e recante l’organo con la lineare mostra ottocentesca, recentemente restaurato ed in funzione. In una nicchia catinata sul lato destro ha sede il fonte battesimale a colonna in arenaria; a parete il tabernacolo trecentesco, con lo sportello ligneo, ha la mostra in pietra serena finemente scolpita. In controfacciata, sul lato destro, è aperta una nicchia centinata ove ha sede una statua della “Vergine”. La chiesa prende luce da due finestre rettangolari aperte in controfacciata, da quattro finestre rettangolari esistenti, due per parte, nelle pareti delle navate laterali e dalla finestra centinata posta al centro della parete absidale. L'altezza massima della navata centrale è m 8,70, la minima delle navate laterali m 5,80. La cripta, con le pareti in conci a vista, è a tre navate di cinque campate ciascuna, con colonne monolitiche in pietra serena, dai semplicissimi capitelli a dado scantonato, e voltata a crociere intonacate (alcune rifatte modernamente), con pavimentazione in coccio pesto ed aula ad ossario sul lato destro.
Elementi decorativi
Lacerti d’affreschi tre-quattrocenteschi; tabernacolo in arenaria trecentesco.
Pavimenti e pavimentazioni
La pavimentazione è in cotto, con mattoni rettangolari disposti in diagonale, a spina. Sotto le arcate vi sono fasce disposte in orizzontale, per file parallele. Davanti al presbiterio la pavimentazione reca ancora oggi una sezione di quella antica in cocciopesto. Il portico è pavimentato in lastre di pietra, la cripta in cocciopesto.
Coperture
La copertura della navata centrale poggia su quattro capriate, con orditura primaria e secondaria lignee e scempiato in cotto. Le coperture delle navate laterali poggiano, in continuità con la centrale, su quattro puntoni lignei, sorreggenti l’orditura secondaria e lo scempiato in cotto. L’abside è voltata a catino. Il manto di copertura è in coppi e tegole piane. Il portico ha una copertura a leggio.
Adeguamento liturgico

presbiterio - intervento strutturale (1995)
Adeguamento alle esigenze liturgiche della riforma conciliare completato nella disposizione attuale nel 1995. Al centro del presbiterio la mensa liturgica in arenaria consente la celebrazione rivolta verso i fedeli; dimensioni indicative cm 100 x 230 x 106 (h). Tabernacolo in arenaria, con sportello in ottone e argento lavorato a sbalzo, posto a parete sul lato destro del presbiterio, in corrispondenza della testata della navata laterale destra. Sede lignea, mobile, posta al centro dell’abside. Ambone in pietra serena, posto sul lato sinistro del presbiterio. Leggio mobile in legno, attualmente collocato davanti alla sede. Fonte battesimale in arenaria, con vasca circolare su fusto modanato ed a pianta circolare, posto presso la controfacciata, sul lato destro. Due confessionali lignei sono addossati alle pareti delle navate laterali.
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