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Lastra a Signa
Firenze
chiesa
parrocchiale
S. Martino a Gangalandi
Parrocchia di San Martino a Gangalandi
Pianta; Facciata e portico; Campanile; Interno; Pavimenti e pavimentazioni; Coperture
presbiterio - intervento strutturale (1972)
X - XI(origini carattere generale); XII - 1108(cenni storici carattere generale); 1111 - XII(cenni storici carattere generale); 1257 - 1261(cenni storici carattere generale); 1265 - 1278(cenni storici carattere generale); 1313 - 1352 ante (cenni storici carattere generale); 1346 - 1346(cenni storici dipinto su tavola); 1350 post - 1375 circa(cenni storici carattere generale); 1395 circa - 1410 circa(cenni storici carattere generale); 1415 - 1419(cenni storici carattere generale); 1421 - 1423(cenni storici opere scultoree in pietra); 1432 - 1472(cenni storici carattere generale); 1433 - 1445 circa(affreschi cappella del fonte battesimale); 1450 circa - 1472(cenni storici carattere generale); 1472 - 1480(cenni storici carattere generale); 1500 circa - 1520 circa(cenni storici carattere generale); 1529 - 1537(cenni storici carattere generale); 1538 - 1550 circa(cenni storici carattere generale); 1569 - 1574(cenni storici carattere generale); 1575 - 1588(cenni storici carattere generale); 1589 - 1592(cenni storici carattere generale); 1612 - 1615 circa(cenni storici altare dei conti di Gangalandi); 1615 - 1630 circa(cenni storici carattere generale); 1642 - 1698(cenni storici carattere generale); 1709 - 1793(cenni storici carattere generale); 1833 - 1847(cenni storici carattere generale ); 1886 - 1898(cenni storici carattere generale); 1905 - 1909(cenni storici carattere generale); 1928 - 1929(scialbatura affreschi e rimozione altari abside); 1937 - 1941(cenni storici carattere generale); 1941 - 1959 circa(cenni storici carattere generale ); 1969 - 1982(vicende conservative coperture
pavimentazione
campanile
affreschi); 1970 - 1972(cenni storici carattere generale ); 1982 - 1986(realizzazione Museo Vicariale di Arte Sacra); 1989 - 1993(cenni storici carattere generale); 2009 - 2010(vicende conservative capriate)
Pieve di San Martino a Gangalandi
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Pieve di San Martino a Gangalandi <Lastra a Signa>
Altre denominazioni Pieve e Propositura di San Martino
S. Martino a Gangalandi
Autore (ruolo)
Alberti, Leon Battista (rifacimento parziale)
Ambito culturale (ruolo)
romanico (impianto)
rinascimentale (rifacimento parziale)
barocco (addizioni)
Notizie Storiche

X - XI (origini carattere generale)

Il toponimo Gangalandi deriva dal personale germanico Galand (connesso a quello di Gano e di Ganhart) o da "Gangland", terra di passaggio, corridoio territoriale. Leggendaria l'etimologia che lo vuole derivato da Gian Gualandi, ipotetico capostipite d'età carolingia. Il nome passa all'omonima famiglia comitale ("domini de Gangalandi"), per tradizione nobilitata nel 980 da Ugo di Toscana (951/953-1001) e il cui riconosciuto capostipite è Sismondo o Sigismondo (noto 1101, m. ante 1124) di Bonifacio I (m. ante 1101) di Adimaro (noto 1046) di altro conte Adimaro (noto 988 - m. ante 1046) di Bonifacio, consorte dei Cadolingi e imparentato con gli Adimari, costituenti un loro ramo collaterale (tutti appartenenti al gruppo parentale degli Adimaringhi, discendenti forse da Bonifacio dei conti di Bologna, marchese di Tuscia dal 1002 al 1009). La chiesa di S. Martino risale forse al X-XI secolo ed è di loro patronato. Preesistente è forse il basamento dell campanile, di pertinenza di una torre.

XII - 1108 (cenni storici carattere generale)

La chiesa di S. Marino, suffraganea della pieve di S. Giovanni Battista a Signa, è connessa ai diverticoli o "corridoi" delle strade romee (come rivela la dedicazione al vescovo di Tour) che hanno un caposaldo nel guado e poi nel ponte sull'Arno. Dopo l'espugnazione nel 1107 del vicino castello di Molte Orlando di Ugo di Uguccione de' Cadolingi (difeso da un Arnolfo di Gangalandi) da parte dei Fiorentini, nel 1108 Adimaro III (noto 1093-1114) e Ildebrando (noto 1097-1114) di Ubaldo I (m. 1077), Bonifacio II (noto 1108-1109) e Alberto I (noto 1108-1124, da cui discendono i "domini de Puteo", Pozzo di S. Maria a Monte) di Eppo (noto 1046-1055, m. ante 1108) e Bernardo III (noto 1108-1124) di Adimaro II (noto 1077, m. ante 1108) restituiscono vari beni alla chiesa di S. Martino, citata allora per la prima volta; il patronato è donato al capitolo, concedendo un terreno per costruire la canonica con la clausura ed un altro terreno presso le falde del castello di Gangalandi.

1111 - XII (cenni storici carattere generale)

Nel 1111 la chiesa risulta sede di un capitolo di canonici e prioria, creata dal vescovo di Firenze Ranieri (m. 1113) unendo le due precedenti canoniche delle chiese di S. Martino e di S. Michele Arcangelo (già chiesa del castello dei "comites de Gangalandi") sotto la guida del priore di S. Martino e con il consenso dei conti Ubaldo, Sigismondo di Bonifacio e Bernardo III. La chiesa deve al vescovo di Pistoia annualmente una lampreda di fiume e 24 denari.

1257 - 1261 (cenni storici carattere generale)

Nel 1257 è rinnovato l'obbligo verso il vescovo di Pistoia (allora Guidaloste Vergiolesi, dal 1252 al 1283), stabilito sempre in una lampreda e due soldi lucchesi o pisani. Nel 1261 si riaccende la disputa per l'autonomia tra la pieve di Signa e S. Martino.

1265 - 1278 (cenni storici carattere generale)

Nel 1265, alla presenza di Tano de' Gangalandi, presso la chiesa si costituisce la Lega ghibellina formata dai quattro popoli (di S. Martino, S. Stefano a Calcinaia, S. Michele in Castello o a Monte Orlando e di quello di Fior di Selva o nelle Selve di Gangalandi a Luciano) che poi daranno vita al Comunello di Gangalandi. Nel 1278, a causa del crollo del ponte sull'Arno, che rende difficile la comunicazione con la pieve, Giovanni, cardinale diacono di S. Teodoro e legato apostolico in Toscana, concede a S. Martino il privilegio del fonte battesimale, pur senza avere il titolo di pieve.

1313 - 1352 ante  (cenni storici carattere generale)

Nel 1313 è già esistente la Compagnia della Beata Vergine Maria. Nel 1326, secondo il Gravina, Castruccio Castracani (1281-1328) distrugge il castello di Gangalandi. Nel 1335 la chiesa di S. Martino attraversa un periodo economicamente difficile e una situazione disastrosa, tanto da far ipotizzare che il Castracani avesse recato ingenti danni anche ai beni della chiesa. In seguito a decisioni del Capitolo dei canonici nel 1336, viene restaurata nel 1337. Clemente VI (papa del 1342 al 1352) nomina priore di S. Martino Sandro di Cione.

1346  (cenni storici dipinto su tavola)

Nel 1346 forse Bernardo Daddi (circa 1290-1348) esegue un dipinto su tavola rappresentante "San Giovanni Battista", ora nella chiesa, ma non di sua originaria pertinenza, provenendo dalla sede fiorentina dell'Arte dei Mercatanti (commissionaria dell'opera) o da Orsanmichele.

1350 post  - 1375 circa (cenni storici carattere generale)

Alla metà del Trecento si deve il portico esterno, dove, nella seconda metà del secolo, è dipinto un grande affresco rappresentante "San Cristoforo". Inizia allora la prima fase decorativa della chiesa. Fra il 1360 e il 1375 viene eseguita la decorazione ad affresco rappresentante "Storie della vita di San Donnino", già ascritta a Buffalmacco e quindi al Maestro di Barberino. Nel 1366 Simone di Ghino fa erigere il nuovo altar maggiore. È possibile che il ciclo pittorico predetto sia eseguito al tempo (1371) del priore Coppo di Lippo di Cione del Cane o della Ghiera (m. 1410), vicario generale della Curia e detentore di un canonicato nella Metropolitana fiorentina, secondo talune fonti concessogli da Urbano V, ma altre fonti parlano del 1383, quando è papa Urbano VI. In quel secolo hanno le proprie sepolture in chiesa i Vaccari.

1395 circa - 1410 circa (cenni storici carattere generale)

Fra Trecento e Quattrocento è priore Pietro di Vanni da Ascoli, dal 1391 al 1402 canonico del duomo fiorentino, priore di S. Jacopo Sopr'Arno e amico di Bonifacio IX, nunzio apostolico in Toscana. Nel medesimo periodo la bottega di Lorenzo Monaco (circa 1370-1425) dipinge un polittico del quale restano solo due tavole con la "Vergine Annunziata" e l'"Angelo annunziante". Lorenzo di Bicci (circa 1350-1427) e Bicci di Lorenzo (circa 1373-1452) eseguono tra il 1405 e il 1410 il polittico con "La Vergine Assunta che dà la cintola a San Tommaso tra i Santi Nicola di Bari, Andrea, Giovanni Battista e Antonio Abate". Diviene priore di Gangalandi Marco di Strozza Strozzi, che aveva ottenuto il canonicato nella Metropolitana fiorentina già di Coppo di Lippo di Cione del Cane alla sua morte nel 1410.

1415 - 1419 (cenni storici carattere generale)

Secondo gli statuti fiorentini del 1415, Gangalandi è sede di una podesteria di terzo grado e dispone di un "nottajo, tre birri, et un chavallo". Nel 1417 i territori di Gangalandi confluiscono nella podesteria di Settimo, abolita poi nel 1419, e successivamente alla podesteria di Montelupo.

1421 - 1423 (cenni storici opere scultoree in pietra)

Nel 1421, ben 25 anni prima della sua morte, viene realizzata la lastra tombale di Agnolo di Filippo Pandolfini (1363-1446), il gonfaloniere, umanista e politico fiorentino amico dell'Alberti, che possedeva una casa fortificata a Ponte a Signa (la Torre, acquisita dal padre verso il 1380). Nel 1423 viene scolpito da maestranze ghibertiane (forse Michele da Firenze o Niccolò di Piero Lamberti, circa 1370-1425) e su commissione della Compagnia della Vergine Maria l'ottagonale fonte battesimale in marmo bianco con formelle quadrilobate decorate recanti le raffigurazioni dell'"Agnus Dei", di "Gesù Pellegrino", della "Madonna con il Bambino", di "San Martino e il povero" e di "San Michele Arcangelo". In passato l'opera, forse da ascriversi ad un interessamento da parte del Pandolfini, era stata un po' fantasiosamente attribuita al Brunelleschi o direttamente al Ghiberti.

1432 - 1472 (cenni storici carattere generale)

Leon Battista Alberti (1404-1472), anch'egli canonico della Metropolitana fiorentina dal 1447, è rettore di San Martino dal 1432 (nominato da Eugenio IV, ma forse già dal 1430, secondo talune ipotesi) al 1472, avendone ottenuto i privilegi dal papa e per interessamento del Pandolfini. Le sue presenze sono comunque sporadiche, tanto che nomina a sue spese un cappellano che si occupi della cura delle anime. Nel 1440 Aringo di Corso e Pagno di Balduccio prendono in affitto dall'Alberti la chiesa a nome dell'Opera della Beata Vergine Maria con lo scopo di poter nominare un vicario del priore di fiducia dell'Opera per garantire alla prioria un più stabile governo, ma l'iniziativa poi fallisce. La presenza dell'Alberti e l'influenza del Pandolfini (forse patrono della chiesa ma, più con certezza, il patronato lo chiederà suo figlio Carlo, 1394-1470, nel 1464, quando sarà ambasciatore presso Paolo II) introdurranno a S. Martino le "antiquae elegantiae" dell'Umanesimo

1433 - 1445 circa (affreschi cappella del fonte battesimale)

Nel 1433 Bicci di Lorenzo riceve "tre pezzi di terra in piano di Gangalandi" in compenso degli affreschi eseguiti, insieme alla sua bottega, per la cappella a due campate del fonte battesimale, dove raffigura, nella doppia volta a crociera, "I quattro Evangelisti e quattro dottori della Chiesa" e, nei prospetti, "Cristo in gloria tra angeli musicanti", "L'elemosina di San Martino" e l'"Annunciazione". L'affrescatura del tempietto, poggiante su pilastri a sezione ottagonale ancora di derivazione medioevale, viene ultimata dalla bottega di Bicci (forse anche dal Maestro di Signa) in quanto l'artista non l'aveva terminata, venendo per questo multato dalla Compagnia della Vergine Maria, commissionaria dell'opera. Parrebbe comunque che l'intero ciclo non sia stato mai terminato, rimanendo nella parete interna solo le sinopie (poi scialbate) di un "Battesimo di Gesù" e di una "presentazione di Gesù al Tempio" (o un'"Ultima Cena"), i lacerti delle quali sono stati ritrovati nel 1982.

1450 circa - 1472 (cenni storici carattere generale)

Alla metà del XV secolo risale il portico rinascimentale posto lungo il lato settentrionale, qualificato da colonne ioniche. In quel secolo hanno sepoltura in chiesa Corso d'Aringo (Ardingo) Gellio (padre di un Aringo che nel quinto decennio del secolo prende la chiesa in affitto dall'Alberti) e Lorenzo e Andrea di Guerrazzo (Guerrazzi) nel 1460, che appongono sulla lastra il loro stemma ("al leone rampante"). L'Alberti progetta l'incrostazione antiquaria dell'abside, che nel suo testamento del 1472 risulta "incepta et quasi perfecta". Forse nel 1466 vi lavora il mastro muratore Biagio di Antonio. L'emiciclo, scandito da paraste sorreggenti la trabeazione, si richiama alle esedre e ai ninfei romani. In origine nelle luci di aprono tre finestre con le mostre in pietra, che in seguito verranno tamponate. Nel 1463 Leonardo di Piero da Monteverdi redige i capitoli della Compagnia della Beata Vergine Maria, che poi verranno parzialmente riformati nel 1495.

1472 - 1480 (cenni storici carattere generale)

L'abside rinascimentale, sotto la direzione dell'Opera della Beata Vergine Maria, viene terminata dopo la morte dell'Alberti, tra il 1472 e il 1478 (ma forse già entro il 1474). Fra il 1470 e il 1480 Jacopo del Sellaio (circa 1441-1493) dipinge una tavola con la "Madonna con il Bambino" su commissione dei conti di Gangalandi in occasione di un matrimonio con una Davanzati (o Riccialbani). Dopo la morte dell'Alberti, nell'aprile del 1472 diviene priore, ricevendo la chiesa in commenda, il cugino di Lorenzo il Magnifico, Giuliano di Filippo Tornabuoni (1474-post 1531), canonico della Metropolitana fiorentina, che dal 1473 fino al 1478 seguirà a Pisa i corsi di diritto canonico, laureandosi nel 1478, e nel 1516 diverrà vescovo di Saluzzo. Terrà la commenda di Gangalandi fino al 1514 e sarà il primo di tre membri della sua famiglia a divenire commendatario di Gangalandi.

1500 circa - 1520 circa (cenni storici carattere generale)

Agli albori del Cinquecento nasce presso la chiesa di S. Martino la Compagnia della SS. Annunziata, detta de' Battuti e "che veste abito bianco" ("induit vestes albas"); i sui capitoli risalgono al 1507. Inizialmente non ha propri ambienti dove radunarsi. In seguito verrà detta anche Compagnia del SS. Sacramento. Diviene priore di S. Marino Filippo Tornabuoni (m. 1529), dottore in Decreti, contestualmente anche pievano di S. Stefano in Pane, canonico della Metropolitana di Firenze dal 1524 e protonotario apostolico. Baccio da Montelupo (1469-1523) e la sua bottega scolpiscono un grande Crocifisso ligneo (ora nella chiesa di S. Anna a Ponte a Signa).

1529 - 1537 (cenni storici carattere generale)

Attorno al 1529 (e non nel 1566, come talune fonti riportano) la chiesa è concessa in commenda ad Alfonso di Simone Tornabuoni (1506-1578), amico di Michelangelo, futuro vescovo di Saluzzo dal 1530 e di Sansepolcro dal 1546, che morirà presumibilmente a Gangalandi il 1° gennaio 1578 (stile moderno). Durante l'assedio di Lastra a Signa del 1529 la chiesa è in parte incendiata e vanno distrutti o danneggiati gli altari laterali. La chiesa viene restaurata nel 1535 dall'Opera mediante i finanziamenti provenienti dalla rendita di un terreno donato all'Opera stessa dai Serafini. Antonio di Arcangelo, detto Antonio del Ceraiolo (noto 1520-1538), esegue una "Madonna con il Bambino tra San Lorenzo e l'Angelo Custode", forse in origine (1537) destinata al ricostruito altare della Compagnia della Beata Vergine Maria.

1538 - 1550 circa (cenni storici carattere generale)

Nel 1538, dopo i restauri, la chiesa viene consacrata da Niccolò di Donato Tornabuoni (m. 1598), futuro (1560) vescovo di Sansepolcro (e non di Spoleto, come alcune fonti asseriscono). I Dandi (che ereditano dai Gangalandi il cognome ed il titolo comitale) creano la propria sepoltura nella chiesa, dove appongono il loro stemma ("inquartato in croce di Sant'Andrea d'argento e di rosso o d'argento e di nero o d'azzurro e d'oro, al leone d'azzurro o d'oro attraversante e tenente nella zampa destra un giglio d'oro"), mentre i Serafini commissionano un'acquasantiere in marmo.

1569 - 1574 (cenni storici carattere generale)

Nel 1569 sono creati i due altari posti ai lati dell'abside albertiana e dedicati alla Natività e all'Epifania, a spese di ser Giovanni Maria Cecchi (1518-1587), notaio, storiografo e commediografo legato ai Medici, fondatore del primo nucleo conventuale di S. Michele in Castello. Nel 1574 viene sepolta in chiesa Costanza Cecchi, la cui lapide è fatta scolpire dai fratelli Baccio e Niccolò.

1575 - 1588 (cenni storici carattere generale)

Nell'ultimo quarto del Cinquecento Matteo di Benedetto Confortini (noto 1573-1648), di origini pisane e immatricolato nell'Accademia del Disegno di Firenze dal 1585, esegue le due tele con la "Natività di Cristo" e l'"Adorazione dei Magi" per gli altari voluti dal Cecchi. Il nuovo primo altare a destra viene eretto nel 1583 dalla popolazione di Porto di Mezzo, per contenere le reliquie di S. Sebastiano rinvenute nel 1581 e portate al Porto dalle acque dell'Arno in piena, provenienti di S. Colombano a Settimo; su di esso è posto un quadro raffigurante "San Sebastiano". Nel 1588 la Compagnia della SS. Annunziata, essendo priore Francesco Lisi, fa realizzare la cantoria in pietra e si assume la manutenzione dell'organo, fatto fare a spese della Compagnia medesima. Nello stesso periodo viene innalzato anche il pulpito in pietra serena.

1589 - 1592 (cenni storici carattere generale)

Durante la visita pastorale dell'arcivescovo Alessandro de' Medici (1535-1605), effettuata tra il 1589 e il 1592, risulta oramai eretto, non lontano dalla chiesa ("prope Prioriam"), l'oratorio della Compagnia della SS. Annunziata. Nel 1592, a spese dei Dandi Gangalandi viene parzialmente ricostruito il campanile, rialzandolo di 12 braccia (circa m 7), ma mantenendo alla base la struttura preesistente. Sono allora tra gli Operai dell'Opera della Beata Vergine Maria, che seguono i lavori, un Dandi Gangalandi, Simone di Giovanni Cartoni e Cino di Bartolomeo da Prato.

1612 - 1615 circa (cenni storici altare dei conti di Gangalandi)

Nel 1612, dopo averne avuta l'autorizzazione, Sebastiano di Giovan Maria Dandi Gangalandi fa erigere il nuovo primo altare di sinistra, al posto del precedente, deterioratosi e che era stato sempre della sua famiglia, dove, secondo talune ipotesi non documentate, verrebbe collocata la piccola opera di Antonio del Ceraiolo. Certamente per il dossale Pietro Salvestrini (1574-1631), pittore formatosi alla bottega del Poccetti ed influenzato dalle opere dell'Allori, esegue la tavola con le "Sante Margherita, Caterina d'Alessandria,Caterina da Siena, Maddalena e Apollonia", opera citata nella visita pastorale del 1636 (la sua datazione al 1637, riportata da talune fonti, è errata) e già data alla scuola del Bronzino. Dopo il 1612 un ignoto pittore fiorentino (talora avvicinato a Fabrizio Boschi, 1572-1642, o a Filippo Paladini, 1544-1614) realizza la tavola con la "Decollazione di San Giovanni Battista tra i Santi Antonio Abate e Carlo Borromeo", posta sopra la tavola del Salvestrini.

1615 - 1630 circa (cenni storici carattere generale)

Nel 1615 lo scalpellino Bartolomeo di Francesco Canci da Ponte a Signa (allora in Spagna) e la moglie Anna Maria, attraverso la delega ai fratelli Franco e Gabriele, fanno erigere il terzo altare di destra. Per esso Matteo Rosselli (1578-1650) dipinge "La Vergine Assunta che legge le Sacre Scritture tra i Santi Carlo Borromeo, Bartolomeo, Francesco e Martino". Sempre il Rosselli e la sua bottega affrescano l'abside con un'"Incoronazione della Vergine". Nel 1628 Urbano VIII conferisce una parte delle rendite annuali della chiesa (80 scudi) ad Amerigo Marzi Medici (m. post 1653), accademico delle Arti del Disegno dal 1529. Nella prima metà del Seicento Flora di Giovanni Mechini (1565-1625), sagrestana delle chiesa, fa costruire il secondo altare di sinistra, dedicato alla Madonna del Rosario e concluso dopo la sua morte dal priore Cosimo Pietrangeli. il secondo altare di destra è eretto da Maria Filippa Grassi nei Cartoni e dedicato all'Assunta.

1642 - 1698 (cenni storici carattere generale)

Nel 1642 sono tamponate le arcate del chiostro. Nel 1648 subentrano nel complesso di S. Michele in Castello i Padri Minori Francescani e il suo 'popolo' è unito a quello di S. Martino. Nel 1698 è realizzato, a spese dell'Opera della Beata Vergine Maria, il nuovo portale di chiesa.

1709 - 1793 (cenni storici carattere generale)

Nel 1709 viene sepolto in chiesa Zenobio di Giovan Battista Cartoni. Nel 1734, al tempo del priore Pier Maria Mazzei, Leonardo Cappiardi (residente a Lastra a Signa e che nel 1732 aveva già finanziato il rifacimento dell'altare di S. Rocco nell'oratorio della Misericordia) fa erigere ex novo in controfacciata l'altare di S. Giuseppe, dove è posta la tela di Francesco Conti (1681-1760) rappresentante il "Transito di San Giuseppe". Nel 1743 Francesco Naldi dona alla chiesa un reliquiario d'argento contenente il presunto latte della Madonna (ora custodito nel contiguo museo). Il 1° ottobre 1745 S. Martino diviene propositura per decreto dell'arcivescovo Francesco Gaetano Incontri (1704-1781). Nel 1793 il proposto Antonio Romoli fa ricostruire la porta che dà accesso alla canonica.

1833 - 1847 (cenni storici carattere generale )

Nel 1833 il 'popolo' di S. Martino a Gangalandi, con l’annesso di quello di S. Michele, conta 4.388 anime e nel 1847 5.100. Nel 1833 diviene proposto don Luigi di Buonaventura Benini da Ponte a Signa (non dal 1838, come talune fonti riportano), precedentemente (1812) rettore della chiesa di San Pietro a Porto di Mezzo; nel 1844 lo diviene don Giuseppe Boretti, già parroco di S. Stefano a Calcinaia. La chiesa è di libera collazione.

1886 - 1898 (cenni storici carattere generale)

Nel 1886 risulta parroco di S. Martino don Luigi Campolmi, che lo era divenuto negli anni Sessanta del XIX secolo; allora il sui 'popolo' conta 5.500 anime circa. Nel 1898 è parroco don Angiolo Bertini. Nel 1891 sono riscoperti gli affreschi di Bicci di Lorenzo e attorno a quella data è rimossa dal pavimento della chiesa la lastra tombale in marmo di Antonio Pandolfini (essendo molto consunta) e posta nella parete destra, presso la controfacciata.

1905 - 1909 (cenni storici carattere generale)

Nel 1909 la propositura di S. Martino è elevata a pieve dall'arcivescovo Alfonso Maria Mistrangelo (1852-1930), ma la decisione arcivescovile era già maturata nel 1905.

1928 - 1929 (scialbatura affreschi e rimozione altari abside)

Nel 1928 diviene pievano don Mario Nistri. Immediatamente dopo, tra il 1928 e il 1929 è scialbato, per volere di don Nistri, l'affresco nell'abside con l'"Incoronazione della Vergine" e sono eliminati gli altari laterali addossativi, che a suo parere alteravano la "concinnitas" albertiana.

1937 - 1941 (cenni storici carattere generale)

Dal 1937 al 1941 diviene pievano don Andrea Cassulo, da non confondersi con l'omonimo e ben più importante prelato (1869-1952), che era stato canonico della Metropolitana fiorentina e vicario generale, vescovo di Fabriano e Matelica dal 1914, cardinale dal 1915, delegato apostolico in Egitto e Arabia dal 1921 e nunzio apostolico in Romania dal 1936. Don Cassulo nel 1941 verrà trasferito alla pieve di Sesto Fiorentino (dove sarà correttore della Misericordia fino al 1986). Fra il 1937 ed il 1941 è da lui rifatto il portale della canonica di S. Martino ed è iniziata la costruzione delle "Scuole di dottrina cristiana". Probabilmente fra le due guerre mondiali il campanile riceve un riempimento con materiale di riporto fino ad un'altezza di circa otto metri al fine di consolidarne la struttura.

1941 - 1959 circa (cenni storici carattere generale )

Dal 1941 al 1989 è pievano di S. Martino don Gino Severini (1911-1998) da Villore (Vicchio del Mugello). A S. Martino egli trova una parrocchia ben organizzata, con le scuole di dottrina, le associazioni di Azione Cattolica, la San Vincenzo de’ Paoli, la filodrammatica e altri gruppi ricreativi, che sotto la guida del parroco e dei vari cappellani lo saranno anche in seguito. Vicino alla chiesa è a buon punto la costruzione dei nuovi locali delle "Scuole di dottrina cristiana" con il teatro, già intrapresa da monsignor Cassulo. Negli anni successivi verrà costruito anche il campo di calcio e la pista per altri sport, assumendo il nome di Circolo Aurora. Negli Anni Cinquanta vengono effettuati lavori di restauro al loggiato antistante la facciata e forse allora è staccato l'affresco con "San Cristoforo".

1969 - 1982 (vicende conservative coperture, pavimentazione, campanile, affreschi)

Grande è l’impegno che don Severini dedica alla chiesa, al campanile, alla canonica e a tutti i beni di proprietà della parrocchia. Fra il 1969 e il 1981 la chiesa subisce importanti lavori di restauro che riguardano la ricostruzione totale del tetto, il pavimento della chiesa e il campanile. Quest'ultima struttura, sollecitata dal movimento delle campane che va a interessare criticamente alcune capriate del tetto, presenta anche un antico fuori piombo di oltre 50 centimetri; è così oggetto d'inserimento di tiranti d'acciaio, mentre le capriate sono fatte poggiare su un sistema a cuscinetti scorrevoli su piastre d'acciaio, eliminando il problema delle sollecitazioni. Si provvede anche a svuotare la struttura dal riempimento con materiale di riporto. Nel 1982 sono restaurati gli affreschi di Bicci di Lorenzo ed eseguiti altri lavori nella chiesa.

1970 - 1972 (cenni storici carattere generale )

Nel 1970 la parrocchia di S. Martino conta 4.000 anime. Nel 1972 avviene l'adeguamento alle esigenze liturgiche della riforma conciliare ed è realizzato il nuovo altare con elementi di riuso di quello antico.

1982 - 1986 (realizzazione Museo Vicariale di Arte Sacra)

Il primo pensiero di don Sergio Pacciani (1933-2020), da poco (1981) nominato direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Arte Sacra, è quello di iniziare la realizzazione di musei vicariali diffusi sul territorio, voluta dall'arcivescovo Giovanni Benelli (1921-1982) e sulla scia delle mostre sulla "Città degli Uffizi. I Musei del futuro" del 1982 (atti editi nel 1982), partendo proprio da quello di Gangalandi, il cui patrimonio conosce molto bene, essendo egli nato nel Comune di Lastra a Signa. Il 5 aprile del 1986 viene così aperto il Museo Vicariale di Arte Sacra di S. Martino nei locali adiacenti alla chiesa, sotto il coordinamento di Rosanna Caterina Proto Pisani, della Soprintendenza.

1989 - 1993 (cenni storici carattere generale)

Dal 1989 diviene parroco don Renzo Ventisette (n. 1943) da Campi Bisenzio, che già precedentemente vi era stato quale cappellano e che sarà a lungo Vicario delle Signe. Nel 1993 la parrocchia conta 2.940 anime.

2009 - 2010 (vicende conservative capriate)

Tra il gennaio e il marzo del 2010 si rende necessario un nuovo intervento alle coperture, progettato nel 2009, in quanto i cuscinetti sottostanti le capriate non scorrono più adeguatamente all'interno delle loro guide, per il cedimento di una capriata che va ad ostacolare il loro movimento. Si provvede pertanto a ripristinare la capriata e il sistema di scorrimento secondo un progetto della ditta Timber Design di Firenze.
Descrizione

La chiesa di si trova a Gangalandi, frazione del Comune di Lastra a Signa. Sorge su un poggio (Ca. 60,90 m s.l.m.) entro un contesto semi agreste. Il complesso è costituito dalla chiesa e dalla canonica, che, con i locali oggi adibiti a Museo di Arte Sacra, vi sorge in adiacenza destra. Presso il fianco sinistro è la torre campanaria. I rivestimenti esterni sono ad intonaco tinteggiato a calce e dovrebbero ricoprite almeno in parte le murature a filaretto originarie, che, insieme a quanto rinvenuto nel corso di scavi effettuati nel corso del Novecento, documenterebbero l'impianto romanico della pieve. Alla parete sinistra settentrionale è addossato un loggiato, con arcate a tutto sesto che poggiano su colonne ioniche in arenaria (con fusto liscio) e con una copertura a falda unica. Sotto il loggiato sono murate a parete varie lapidi sepolcrali. La facciata è a capanna, la pianta ad aula absidata.
Pianta
La chiesa ha pianta ad aula con abside catinata orientata a est. Lungo la parete sinistra è un accesso al portico laterale, più oltre si trova l'ingresso al Museo di Arte Sacra e al suo primo ambiente costituito dall'ex sede della Compagnia della Beata Vergine Maria. Lungo la parete opposta sono un accesso dal presbiterio alla canonica e, al centro, un ingresso a locali parrocchiali ricavati intorno all'ex chiostro. Le dimensioni indicative dell'interno della chiesa sono: lunghezza totale: m 32,80; lunghezza fino all'arco absidale: m 29,00; larghezza della navata: m 12,30.
Facciata e portico
La facciata, intonacata, è a capanna; sul colmo è una croce metallica sul monte. L’ampia finestra centinata ha una mostra in arenaria, così come il portale trabeato, qualificato da un frontone centinato e risaltato con un cartiglio centrale; il portone e ligneo, con tre lineari specchiature su ciascuna anta. Sulla fronte è addossato un portico qualificato da un grande arco a tutto sesto, al cui interno le pareti recano numerose lapidi, stemmi ed epigrafi.
Campanile
Il campanile è a pianta quadrata, addossato al muro settentrionale della chiesa. Il poderoso basamento a conci in arenaria costituisce il settore più antico. Il livello successivo è realizzato in pietra a conci no isodomi (in parte d'alberese). La cella campanaria che è in laterizio rivestito ad intonaco e vi sono quattro fornici con altrettante campane. Sul perimetro del solaio di copertura è impostata la merlatura guelfa ottocentesca. La torre è pendente verso nord, con un aggetto di circa 57 centimetri: l'inclinazione è probabilmente da attribuire ad un antico cedimento fondale della torre originaria.
Interno
L’interno è a pianta rettangolare, costituente un’ampia aula che culmina nel presbiterio rialzato di tre gradini e recante al centro l’altar maggiore, di solide dimensioni romanico-basilicali, realizzato con elementi di riuso dell’originario altare trecentesco. L’abside albertiana si distende sul retro, scandita da quattro lesene corinzio-salomoniche in arenaria (che in Alberti richiamano il Tempio di Gerusalemme), dal fusto scanalato e rudentato, e dai due semipilastri sorreggenti l'arcone; l’epigrafe a caratteri capitali romani dorati nel fregio della trabeazione è dipinta su calce e reca alle estremità gli stemmi policromi degli Alberti, dipinti sulla pietra. A sinistra dell’arcone absidale il tabernacolo frontonato in arenaria, con l'iscrizione "ECCE PANIS ANGELORUN", è copia del tabernacolo esistente presso il Seminario Maggiore. I due leggii sono in arenaria (riprendendo il motivo del capitello salomonico albertiano a conclusione del fusto), così come la cantoria cinquecentesca nella parete sinistra (poggiante su cinque mensoloni e recante l'organo qualificato nella sua mostra lignea da candelabre, festoni e teste di cherubini), il pulpito a pianta semiottagonale, sempre del XVI secolo, nella parete opposta, i portali e tutti gli altari addossati alle pareti dell’aula. Al centro della parete laterale sinistra è collocato l'affresco staccato trecentesco raffigurante "San Cristoforo". Il primo altare di sinistra, dei conti di Gangalandi, qualificato da un frontone triangolare risaltato, già con il quadro del Salvestrini, reca attualmente l'"Annunciazione" del Passignano, proveniente dall'oratorio della Compagnia della SS. Annunziata. Il secondo elaborato altare, dedicato alla Madonna del Rosario, con un frontone centinato, spezzato e risaltato su colonne corinzie, un elegante bassorilievo nel fregio della trabeazione e due vasi con fiori (rose selvatiche?) nei plinti sotto le colonne (alludenti alla Madonna, ma forse anche al nome della committente, Flora Mechini), reca gli affreschi con "Storie della vita di San Donnino" e prima della loro riscoperta aveva il quadro di Antonio del Ceraiolo, cui era sottesa una predella con i "Misteri del Rosario" (oggi perduta). Il primo altare di destra, più piccolo e con una cimasa a volute contrapposte, dedicato a S. Sebastiano, ha l'opera attribuita al Salvestrini, al posto del perduto quadro di "San Sebastiano". Il secondo, analogo al secondo di sinistra e dedicato all'Assunta, reca oggi il trittico del Ceraiolo, ma originariamente un'"Assunzione" (scomparsa); nei plinti laterali sono gli stemmi dei Cartoni e dei Grassi. Il terzo altare, simile ma non uguale al primo di sinistra, dedicato a Maria Vergine Incoronata, conserva l'opera del Rosselli; nei plinti sotto le colonne sono gli stemmi dei Canci e dei Peschi. In controfacciata, sul lato destro, è la cappella del fonte battesimale, con tre arcate su colonne a sezione ottagonale e capitelli a foglie d'acqua, ornate verso il fronte dagli affreschi di Bicci di Lorenzo e con al centro il fonte scolpito in marmo, su un basamento a pianta ottagonale. Nelle pareti sono un tabernacolo per gli oli santi ed uno stipo, ambedue con mostre in arenaria e con lo sportello ligneo. A sinistra nella controfacciata s'innalza il maestoso altare settecentesco di S. Giuseppe, con un frontone centinato, spezzato e ruotato, avente un cartiglio centrale, poggiante su due colonne corinzie, e con la mensa sorretta da due mensoloni a volute con teste di cherubini; nel dossale si trova la tela del Conti. L’acquasantiera cinquecentesca, con la vasca circolare su un fusto a colonna, è in marmo. Nella parete destra, presso la controfacciata, è la lastra tombale in marmo di Antonio Pandolfini, rimossa dal pavimento. La chiesa prende luce dalla finestra in controfacciata, da due finestre centinate poste nella parete sinistra e da due nella parete opposta, dove un'ulteriore finestra dà su un vano interno. L'altezza massima della navata è m 12,60, la minima m 10,40.
Pavimenti e pavimentazioni
La pavimentazione è in cotto, con mattoni quadri disposti in diagonale.
Coperture
La copertura della chiesa poggia su otto capriate, con orditura primaria e secondaria lignee e scempiato in cotto. Il manto è in coppi e tegole piane. Il loggiato antistante la facciata presenta un tetto a leggio con gronda aggettante su mensoloni lignei.
Adeguamento liturgico

presbiterio - intervento strutturale (1972)
Adeguamento alle esigenze liturgiche della riforma conciliare realizzato nel 1972. La mensa eucaristica è realizzata con elementi di riuso dall’originario altare trecentesco, è posta al centro del presbiterio e consente la celebrazione rivolta verso i fedeli; dimensioni indicative cm 134 x 236 x 120 (h). Il tabernacolo in arenaria, con sportello ligneo e intarsiato, è collocato in parete a sinistra dell’arco absidale. Due leggii in arenaria sono collocati nel presbiterio. Il fonte battesimale scolpito in marmo, del XV secolo, è posto su un basamento a pianta ottagonale nella cappella dedicata, presso la controfacciata sul lato destro. Due confessionali lignei sono addossati alle pareti laterali, in posizione speculare.
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