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restauro
adeguamento liturgico
Firenze
Firenze
chiesa
parrocchiale
S. Stefano in Pane
Parrocchia di Santo Stefano in Pane a Rifredi
Pianta; Facciata e portico; Campanile; Interno; Elementi decorativi; Pavimenti e pavimentazioni; Coperture
presbiterio - intervento strutturale (1955 ?)
X - XI(origini carattere generale); 1010 - XII(cenni storici carattere generale); XII - XIII(cenni storici ricostruzione della pieve con collegiata ); 1303 - 1317(cenni storici carattere generale); 1350 ca - 1420(cenni storici carattere generale); 1480 - 1530(cenni storici carattere generale); 1571 - 1612(cenni storici pievani
Compagnie
cappella Tornabuoni
loggiato ); 1623 - 1647(cenni storici carattere generale); 1630 - 1639(cenni storici carattere generale); 1640 - 1647(cenni storici cappella della Compagnia di S. Maria del Desco ); 1674 - 1806(cenni storici carattere generale); XVIII fine - 1821(cenni storici campanile
processione ); 1841 - 1847(cenni storici carattere generale); 1844 - 1844(cenni storici affresco); 1859 - 1859(cenni storici processione); 1874 - 1900(cenni storici carattere generale); 1900 - 1955(cenni storici carattere generale); 1928 - 1935 ca(cenni storici prolungamento della chiesa
creazione del teatro ); 1944 - 1950 ca(vicende conservative campanile); 1955 - 1959(cenni storici carattere generale); 1970 - 1976(cenni storici carattere generale); 1978 - 1978(cenni storici carattere generale ); 1981 - 1996(cenni storici carattere generale ); 2001 - 2001(cenni storici Crocifisso delle Oblate ); 2017 - 2019(vicende conservative Cappella Tornabuoni )
Pieve di Santo Stefano in Pane
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Pieve di Santo Stefano in Pane <Firenze>
Altre denominazioni Chiesa di Santo Stefano in Pane
S. Stefano in Pane
Ambito culturale (ruolo)
romanico (impianto)
barocco (rifacimento parziale)
Notizie Storiche

X - XI (origini carattere generale)

Risalente a prima del Mille (il Repetti cita un non meglio definito documento del 973), la pieve di S. Stefano in Pane (“de uno Pane”) sorge sui resti di un insediamento romano posto lungo un’importante direttrice territoriale proveniente da Florentia, dove già sorgeva una necropoli suburbana, di cui sono note varie epigrafi del I secolo a. C. – I-II d. C., ritrovate nel Seicento e nel Settecento (di Lucius Cornificius e della moglie, di Lucius Lusianus Bassus e di Lucius Lusianus Hymetus, di Aulus Satrius soldato pretoriano, di Sextus Cassianus, del liberto Caius Lollius e delle liberte Varena Arescusa e Rompenna). Il toponimo "in Pane", citato nel 1024, nel 1086 e nel 1126, è di origine incerta, forse legato alla misura di superficie agraria del panoro. La chiesa viene definita pure con altri nomi: "di Rifredi" (da "rivus frigidus"), alle Panche (dagli argini di protezione dalle alluvioni posti lungo il Terzolle), o tra l'Arcora, dalle supersiti arcate del vicino acquedotto romano.

1010 - XII (cenni storici carattere generale)

La chiesa originaria è di più modeste dimensioni, ad aula, con un‘abside semicircolare; il Santoni rammenta un’iscrizione funebre risalente al 1010. Il patronato spetta alla basilica fiorentina di S. Lorenzo fino al 1027. I terreni circostanti all’edificio sacro divengono di sua proprietà in quell’anno. Sempre in quell’anno Berta vende a Donata altre terre poste a Folano (memoria del “praedium” romano di un Folius) nel piviere di S. Stefano. Il patronato passa poi ai Tornaquinci.

XII - XIII (cenni storici ricostruzione della pieve con collegiata )

Nel 1161 non lontano dalla pieve è fondato da un Cigaretto uno spedale per “bianti et pellegrini”. Nel 1084 il vescovo Ranieri dona al Capitolo alcune terre poste nel ‘popolo’ di S. Stefano. Nel XII-XIII secolo la chiesa viene ampliata, conducendola ad una pianta basilicale a tre navate con cripta, e viene eretto il campanile, in seguito trasformato. Nel corso del Duecento sono testimoniate contese tra il pievano ed il Capitolo, essendo la chiesa anche una collegiata di canonici. Nel 1241 si decide di aprire una nuova strada nel ‘popolo’ di S. Stefano a spese delle chiese di S. Maria Maggiore e di S. Felice, che posseggono là alcune terre. Già allora (1280) vi esiste la Compagnia di S. Maria del Desco, che si prefigge l’esercizio di opere spirituali e temporali. Frammenti medievali di lapidi sepolcrali sono visibili sulla facciata. Nel 1260 dipendono dalla pieve sette chiese suffraganee.

1303 - 1317 (cenni storici carattere generale)

Nel 1303 il piviere di S. Stefano comprende sei chiese suffraganee. Il patronato della pieve spetta al Capitolo della collegiata e poi ai Tornaquinci e ai Del Mazza, dei quali esiste in chiesa la lapide sepolcrale. Nel 1316 i canonici di S. Maria Maggiore affittano a Guerrino del fu Dingo il loro podere posto nel ‘popolo’ di S. Stefano. Allora è noto il pievano Ranieri, che fa eseguire un corale miniato per la chiesa. Nel 1317 fra’ Jacopo Bartolini fonda lo Spedale di S. Giovanni fra l’Arcora.

1350 ca - 1420 (cenni storici carattere generale)

Nella seconda metà del XIV secolo sono realizzati alcuni affreschi di ascendenza giottesca nella controfacciata in corrispondenza delle lunette dei portali centrale e sinistro (un "Cristo in pietà" e un "Cristo Risorto che emerge dal sepolcro"), riscoperti durante i restauri alla facciata della fine dell'Ottocento. Nel 1360 è pievano Pietro Ottaviani. Alla fine del Trecento risale uno stemma dei Della Casa apposto nella canonica. Nel 1371 Lotteringo degli Amieri vende al monastero di S. Maria Assunta di Badia a Pacciana (Pistoia) alcuni beni posti nel ‘popolo’ di S. Stefano e lo stesso fa nel 1388 Giovanni di Bernardo di Domenico Gambellari a Miniato di Neri. Tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento Cenni di Francesco di ser Cenni (1369-1415 circa) dipinge una "Madonna con il Bambino", facente forse parte di un polittico. Nel 1400 è pievano prete Bartolo, nel 1420 Dando Banti. Il patronato Tornaquinci passa al ramo familiare fattosi ‘di popolo’ con il nome di Tornabuoni.

1480 - 1530 (cenni storici carattere generale)

Nel 1480, in seguito ad una grave siccità, la Madonna miracolosa della pieve di S. Andrea a Cercina è portata in processione alla pieve di S. Stefano. Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento è realizzato un altare laterale, dove viene inserita la tavola di Cenni di Francesco, entro una pala in terracotta invetriata della bottega di Andrea (1435-1525) e Giovanni (1469-1529/1530) Della Robbia, recante "San Jacopo, San Giovanni Evangelista (secondo altre fonti San Filippo) e alcuni Angeli". Il dossale trabeato s’ispira alle “antiquae elegantiae” dell’Umanesimo. Una vecchia iscrizione reca la notizia che la tavola tardotrecentesca con la Madonna viene restaurata nel 1530, al tempo degli “operai” Stefano Maccetti e Giovanni Socci. Prima del 1529 la pieve viene concessa ad Alfonso di Simone Tornabuoni (1506-1557), la cui famiglia detiene il patronato della chiesa; nel 1530 egli sarà eletto vescovo di Saluzzo e nel 1546 di Sansepolcro.

1571 - 1612 (cenni storici pievani, Compagnie, cappella Tornabuoni, loggiato )

Nel 1571 è pievano Bernardo Lapini e nel 1577 Giuliano Gondi, cui succede nel 1587 Bernardino Martini. Nel 1586 la Compagnia di S. Maria del Desco è dotata di nuovi Capitoli; prima del 1592 nasce la Compagnia del Corpus Domini o del SS. Sacramento. Vi esiste allora pure l’altra Compagnia di S. Stefano. È presente sempre anche l’Opera della pieve. Nel 1602 diviene pievano Giovanni di Simone Tornabuoni, protonotario apostolico, cui succede nel 1612 Leonardo di Leonetto di Leonardo Tornabuoni. Tra il 1616 e il 1619 viene affrescata di un ignoto pittore fiorentino la cappella Tornabuoni dedicata al Santo Sepolcro, da loro edificata a parziale imitazione del Santo Sacello dell’Anàstasis gerosolimitana, dipinto in una delle pareti e tra i primi ad essere esemplato sull’immagine pubblicata nel 1609 da Bernardino Amici nel suo “Trattato delle piante & immagini de sacri edifizi di Terra Santa”. Viene eretto il loggiato tuscanico antistante la chiesa.

1623 - 1647 (cenni storici carattere generale)

Nel 1623 diviene pievano Luca Mini, che in quello stesso anno fa ricostruire nella canonica il portale centinato e fiammato nell’estradosso, dove fa apporre il suo stemma familiare (“partito: nel 1° d'azzurro, a tre sbarre d'oro; nel 2° d'azzurro, al leone d'oro”) tra le sue iniziali (L e M); egli farà anche erigere nel gennaio del 1625 (stile moderno) il secondo altare di desta dedicato al SS. Nome di Gesù (dove appone il suo stemma), restaurare nel 1625 la tavola trecentesca della Madonna e ristrutturare il campanile. Il Mini, che vi rimarrà fino al 1647, è personaggio poco noto, ma che svolge un ruolo importante a Castello presso il principe don Lorenzo de’ Medici (1599-1648), figlio di Ferdinando I: eletto nel 1631 Provveditore di Guardaroba della villa La Petraia, segue i lavori di ristrutturazione della villa fino al 1638, nel periodo in cui il Volterrano dal 1636 aveva iniziato ad affrescare i celeberrimi “Fasti medicei”. Nel 1630 dipendono dalla pieve undici chiese suffraganee.

1630 - 1639 (cenni storici carattere generale)

Negli anni Trenta del Seicento la pieve continua ad essere ridefinita in forme barocche per volontà di don Mini: sono innalzati ulteriori altari laterali in arenaria, le absidi sono ricostruite a pianta quadrangolare. Nel 1634 Jacopo Vignali (1592-1664) dipinge le “Stigmate di San Francesco” per il primo altare di destra, fatto erigere in quell’anno dagli eredi di Pietro di Lorenzo de’ Giorgi; verso il 1639 un ignoto pittore realizza uno “Sposalizio della Vergine” per il nuovo terzo altare di sinistra. Il Carocci nel 1906 rammenta anche una “Presentazione di Gesù al Tempio”, da lui attribuita a Santi di Tito (1536-1603). Giovanni da San Giovanni (1592-1636) dipinge su un embrice una “Danza di sette Cherubini” che dona al pievano Mini, per il quale affresca anche la cappella della sua villa degli Arcipressi nella piana di Sesto tra il 1630 ed il 1633 (l’opera è stata dispersa nel mercato antiquario nel 2014). La chiesa è consacrata dall’arcivescovo Pietro Niccolini (1572-1651) nel 1639.

1640 - 1647 (cenni storici cappella della Compagnia di S. Maria del Desco )

Un altro ignoto pittore dipinge la tela con un "San Carlo che bacia la mano a San Filippo Neri" (fatto santo nel recente 1622) per il terzo altare di destra, eretto nel 1640. Sempre nel 1640 le lunette della cappella della Compagnia di S. Maria del Desco sono affrescate da Domenico Pugliani (1589-1658) con “Storie della vita di Santo Stefano”, che già il Carocci riteneva invece di epoca più tarda; a lui si deve anche l’”Assunta” affrescata nella volta. Nel 1647 diviene pievano Evangelista Almeni.

1674 - 1806 (cenni storici carattere generale)

Nel 1674 Clemente X concede alla Compagnia della Madonna del Desco il corpo del martire San Massimiliano. Con Virginia di Pietro di Leonardo Tornabuoni, moglie del conte Francesco Saracinelli d’Orvieto, si estingue questo ramo della famiglia nel 1682 ed il patronato della pieve passa in eredità ai Saracinelli. Nel 1697 diviene pievano di S. Stefano Benedetto Maria Borghigiano, cui subentra nel 1750 Andrea Melchiorre Migliorucci. Nel 1736 è sepolto in chiesa Niccolò di Francesco Maria Del Mazza, morto a soli cinque mesi. Nel 1761 subentra al Migliorucci come pievano Vincenzo Lensi (o Lenzi), che introduce la venerazione della Madonna del Buon Consiglio, e nel 1774 Giuseppe Cocollini. Dopo la soppressione delle varie Compagnie voluta da Pietro Leopoldo nel 1785, negli anni Novanta del Settecento risorgono solo le Compagnie di S. Stefano e del SS. Sacramento, che viene dotata di nuovi Capitoli nel 1806. Nel 1797 avviene la visita pastorale dell’arcivescovo Antonio Martini (1721-1809).

XVIII fine - 1821 (cenni storici campanile, processione )

Tra Settecento e Ottocento è ricostruito il campanile e nel 1821 sono rifuse le campane. Dal 1808 la pieve rientra nella Comunità del Pellegrino. Nel 1814 diviene pievano di S. Stefano Giovanni Menchi. Nel 1817 la Madonna miracolosa della pieve di S. Andrea a Cercina è portata nuovamente in processione alla pieve di S. Stefano.

1841 - 1847 (cenni storici carattere generale)

Dal 1841 è pievano don Raffaello Binazzi, che nel 1842 fonda il Corpo Speciale di Misericordia. Negli anni Quaranta dell’Ottocento il patronato della pieve risulta sempre dei conti Saracinelli d’Orvieto, che lo esercitano alternativamente con i Pandolfini. Allora vi esiste “il corpo di S. Mauro in una cassa d’ebano intarsiata di madre perla sotto la Mensa dell’altar maggiore. Vi si riuniscono le Compagnie di S. Stefano e della Misericordia (già del SS. Sacramento, erede di quella di S. Maria del Desco); presso l’altare di quest’ultima vi è “il corpo di S. Massimiliano Martire in una cassa con ricchissimo intaglio, posta […] dietro la tavola, donato da tempo remoto dai RR. Padri Cappuccini”. Vi si trova anche “un’antica Immagine del SS. Redentore in rilievo con le mani volte alla terra posto in Cornu Evangelij dell’altare in un doppio tabernacolo formato nel muro” (Luigi Santoni). Allora le chiese suffraganee della pieve sono sette. Nel 1847 il ‘popolo’ di S. Stefano conta 2.400 anime.

1844  (cenni storici affresco)

Nel 1844 Olimpio Bandinelli (1816-1884, sepolto nel cimitero evangelico degli Allori) affresca nel dossale di un altare un "Battesimo di Cristo" su commissione dei coniugi Angiolo e Rosa Frilli. Nel 1870 egli sarà eletto accademico corrispondente dell’Accademia delle Arti del Disegno. È autore anche di alcuni affreschi nelle volte di Palazzo Poniatowski in via Cavour, nella villa Favard sui Lungarni (Sala del Sonno) e nel vicino palazzo della contessa D’Almaforte (tutti eseguiti tra anni Quaranta e Cinquanta), dei “Beati della famiglia Della Gherardesca”, della “Gloria di San Guido Della Gherardesca Eremita” e dei quattro “Evangelisti” nell’oratorio di S. Giovanni Evangelista all’Antella, del “Carro delle Muse guidato dalle Grazie e dagli Amorini” nel soffitto della sala del teatro di Bassano (1872-1875) e di alcune decorazione nel Palazzo Pianetti a Jesi.

1859  (cenni storici processione)

Nel 1859 la Madonna miracolosa della pieve di S. Andrea a Cercina è portata nuovamente in processione alla pieve di S. Stefano.

1874 - 1900 (cenni storici carattere generale)

Dal 1874 al 1900 risulta pievano don Enrico Bertolla. La parrocchia nel 1886 conta sempre 2.400 anime. Fino al 1892 si trova di fianco alla chiesa il vecchio cimitero, del quale resta memoria in alcune lapidi sepolcrali. In quell’anno entra in funzione il nuovo cimitero. Nel 1894 viene attuato da don Bertolla un discutibile restauro di ‘ripristino’, demolendo le decorazioni secentesche, stonacando le pareti e rimettendo a vista il filaretto; sono ridipinte alcune decorazioni trecentesche e ne sono fatte di nuove neotrecentesche. Viene posto nella cappella di destra uno "Sposalizio della Vergine" in terracotta invetriata, attribuita a Benedetto Buglioni (1461-1521) e proveniente dal tabernacolo dell’Olmatello, che precedentemente era stato danneggiato da alcuni ladri, che ne avevano sottratto alcune parti. Sempre nel 1894 nasce la Compagnia di S. Filippo Neri.

1900 - 1955 (cenni storici carattere generale)

Nel 1900 diviene pievano don Alessandro Brignole, dal 1912 (altre fonti riportano erroneamente il 1914) al 1955 è parroco della chiesa don Giulio Facibeni (1884-1958), fondatore nel 1923 dell'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, che trova sede entro il complesso. Il patronato spetta allora alla mensa vescovile.

1928 - 1935 ca (cenni storici prolungamento della chiesa, creazione del teatro )

Le dimensioni attuali della chiesa sono il risultato dell'ampliamento e del restauro eseguito nel 1928-1930, al tempo di don Facibeni. In quell'occasione si amplia l'aula in senso longitudinale, facendo arretrare il presbiterio verso est. Durante tali lavori sono ritrovate la cripta e le vestigia fondali dell’originaria pieve romanica. Viene consolidato anche il campanile. Negli Anni Trenta viene smantellato il vecchio cimitero, le cui salme sono traslate in quello nuovo entrato in funzione dal 1892, e viene eretto il cinema-teatro “Nuovo Sentiero”. Vi esiste sempre la Compagnia della Misericordia.

1944 - 1950 ca (vicende conservative campanile)

Danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale, il campanile è restaurato nei primi anni del Dopoguerra.

1955 - 1959 (cenni storici carattere generale)

Nel 1955 diviene parroco di S. Stefano don Giuseppe Franci (1924-1980) del Galluzzo. Nel 1959 la nota ditta Polloni (fondata nel 1919) esegue le cinque vetrate del presbiterio raffiguranti “Il Redentore”, “La Madonna”, “Santo Stefano”, “Gesù che predica” e l'“Ultima Cena”. Forse sono da ascriversi allo stesso intervento anche le vetrate policrome nel corridoio di lato alla chiesa, già portico lungo il contiguo chiostro, e quelle della sede della Compagnia della Misericordia. Già nel corso degli Anni Cinquanta don Facibeni pone in atto un adeguamento dell’altar maggiore, anticipante quelle che saranno le esigenze liturgiche della riforma conciliare.

1970 - 1976 (cenni storici carattere generale)

Nel 1970 la parrocchia di S. Stefano conta circa 18.000 anime. Nel 1973 la Fabbrica Artigiana Organi Francesco Michelotto di Albignasego (Padova) – ditta nata nel 1957 in seguito alla cessazione della Pontificia Fabbrica Organi Domenico Malvestio & Figlio – realizza l'organo attuale. Nel 1976 è ristrutturato il cinema-teatro su progetto dell'architetto Pietro Grassi.

1978  (cenni storici carattere generale )

Nel 1978 lo scultore Antonio Berti (1904-1990) esegue una statua in bronzo raffigurante “Monsignor Giulio Facibeni”, fusa dalla Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli (fondata nel 1905) di Firenze e posta nel sagrato di fronte alla chiesa.

1981 - 1996 (cenni storici carattere generale )

Nel 1981 diviene parroco don Fabrizio Porcinai (1944-2014). Nel 1988 sono restaurate le tre tele secentesche. Nel 1989 viene restaurata la facciata. Nel 1992 don Portinai è nominato rettore del Seminario Maggiore e al suo posto diviene parroco di S. Stefano don Roberto Tempestini (n. 1951) da Montespertoli, presbitero diocesano, già vicerettore del Seminario Maggiore. Nel 1994-1996 viene nuovamente ristrutturato il cinema-teatro dall'architetto Neri Andreoli. Nel 1993 la parrocchia conta 15.000 anime. Sempre negli Anni Novanta è rintonacato il campanile e sul finire del decennio è completato un intervento di revisione del manto di copertura della chiesa.

2001  (cenni storici Crocifisso delle Oblate )

Dopo il 2001 è posto in chiesa il Crocifisso delle Oblate, opera attribuita a Gaddo Gaddi (circa 1240-1312) e proveniente dal convento delle Oblate Ospitaliere Francescane di Monna Tessa a Careggi, dove era stato posto nel 1939, provenendo a sua volta dalla chiesa dello Spedale fiorentino di Bonifazio.

2017 - 2019 (vicende conservative Cappella Tornabuoni )

Sono restaurati a cura della Soprintendenza gli affreschi della cappella Tornabuoni.
Descrizione

La chiesa di Pieve S. Stefano in Pane si trova Firenze, nel quartiere di Rifredi, in via delle Panche. Sui trova “poco lungi dal Ponte a Rifredi, sulla coscia settentrionale del ponte che cavalca il torrente Terzolle, in una bella pianura” (Luigi Santoni). Sorge entro un contesto urbano. Il complesso è costituito dalla chiesa, alla cui sinistra è la Compagnia della Misericordia. A tergo si trova la torre campanaria. Più oltre, isolato, è il teatro di moderna costruzione. Sul lato destro sono la canonica, un chiostro con aiuole geometriche a prato, ed i locali parrocchiali. Le aree tergali, un tempo adibite a cimitero, sono oggi disposte a giardino, per usi parrocchiali. Vi prospetta l’abside semicircolare, con i rivestimenti ad intonaco tinteggiati in bianco. Tutti i prospetti, ad eccezione della facciata, sono intonacati. Nel sagrato lastricato antistante si trova la statua di Don Giulio Facibeni, opera in bronzo di Antonio Berti. La facciata è a salienti, la pianta basilicale a tre navate.
Pianta
La chiesa ha pianta basilicale a tre navate. Il portale sulla sinistra dà accesso all’attigua Compagnia e più oltre è l’ingresso alla cappella Tornabuoni. Nell’ambiente del fonte battesimale è l’accesso alla sagrestia. Le dimensioni indicative dell'interno della chiesa sono: lunghezza totale: m 37,20; lunghezza fino al presbiterio: m 28,80; lunghezza delle navate laterali: m 34,70; larghezza totale: m 16,60; larghezza della navata centrale: m 5,30.
Facciata e portico
La facciata della chiesa è a salienti, in corrispondenza delle navate all’interno, in conci non isodomi d’arenaria a vista. Le cornici d’imposta della copertura un corrispondenza della nave centrale sono in arenaria, sul colmo è una croce metallica su un calvario in pietra serena. Nel registro superiore sono un tondo robbiano in terracotta invetriata policroma, recante lo stemma dei Tornabuoni (“inquartato decussato d'oro e di verde, al leone dell'uno all'altro, caricato dello scudetto del Popolo fiorentino”, assunto nel 1393) perimetrato da una ghirlanda di foglie e frutti alquanto deteriorata, e la finestra circolare con l’ampia mostra in arenaria. Il portico che precede la facciata ha una copertura a leggio poggiante su nove colonne tuscaniche in arenaria, come la cimasa ed i tre portali architravati e sormontati da lunette. Nell’architrave del portale centrale è incisa una croce greca. Nella lunetta posta sopra il quarto portale a sinistra della Compagnia è una pittura murale raffigurante “Cristo crocifisso tra due ascritti alla Compagnia” inginocchiati, con la veste bianca e incappucciati. Addossato alla parete della chiesa, all’estrema destra, si trova il monumento funebre neoclassico della ventiduenne Giulia di Pasquale Lemmi, risalente al 1857, con il busto della defunta in marmo. I portoni sono lignei; quello centrale reca nelle specchiature superiori delle ante le palme del martirio di S. Stefano e in quelle centrali teste alate di Cherubini.
Campanile
Il campanile è a pianta quadrata; il registro inferiore è rivestito ad intonaco, i conci lapidei a vista delle membrature architettoniche della cella campanaria sono in pietra forte. La cella ha quattro fornici, con altrettante campane azionate elettricamente, inquadrati da lesene angolari tuscaniche, e una copertura a padiglione; sul colmo è una croce metallica.
Interno
L’interno è a tre navate, con la centrale che si apre verso le laterali mediante quattro arcate per parte, con due archi a tutto sesto nelle campate più prossime al presbiterio e in quelle iniziali (prima e seconda), mentre nelle terze gli archi sono a sesto acuto; i pilastri, a pianta quadrata con gli spigoli smussati, sono in conci d’arenaria; in uno di essi è lo stemma trecentesco del sepolcro di Matteo Del Mazza (“d’azzurro, al leone d'oro tenente in palo con le branche anteriori una mazza d'arme dello stesso”). Il presbiterio è rialzato di quattro gradini e reca al centro l’altar maggiore in arenaria, l’abside è semicircolare; pende nel catino absidale il Crocifisso delle Oblate. Al centro della parete è il tabernacolo rinascimentale in arenaria proveniente dalla chiesa di S. Pietro di Sopra a San Casciano Val di Pesa. Nella parete sinistra ha sede il moderno organo. Addossati alle pareti dell’aula sono cinque altari secenteschi in arenaria: due nella parete sinistra e tre in quella destra. Il primo e il terzo di sinistra presentano frontoni triangolari risaltati; nel primo è l’affresco del Bandinelli, nel terzo la tela secentesca con “Lo sposalizio della Vergine”. Al centro, preceduto da una balaustra lapidea (dai raffinati motivi a corda nei balaustri), è il dossale quattrocentesco, con lesene corinzie, nel fusto delle quali sono scolpite grottesche e su cui s’imposta una trabeazione recante teste alate di Cherubini nel fregio; all’interno è la robbiana qualificata da due nicchie con catino a valva di conchiglia, entro le quali si trovano le statue policrome di "San Jacopo” e ”San Giovanni Evangelista” (o San Filippo), e da due angeli reggicorona in alto; al centro è la tavola della “Madonna con il Bambino” di Cenni di Francesco. I tre altari analoghi di destra recano la tela del Vignali, il bassorilievo robbiano con lo “Sposalizio della Vergine” proveniente dal tabernacolo dell’Olmatello e la tela secentesca di “San Carlo che bacia la mano a San Filippo Neri". Nel corridoio attiguo denominato “Penitenzieria” (cioè luogo per le confessioni), in luogo del portico del chiostro, sono quattro confessionali e, verso il fondo, il fonte battesimale in arenaria, a pianta ottagonale con la copertura in legno, sormontato a parete da una scultura neorobbiana di “San Giovanni Battista”. In controfacciata le due bussole laterali sono lignee, il portale centrale e quello sinistro sono sormontati da lunette con gli affreschi trecenteschi. La chiesa prende luce dalla finestra circolare in controfacciata, con una vetrata recante una croce greca, da cinque monofore nel cleristorio destro, da tre piccole monofore nella parete della navata destra, da cinque monofore centinate con vetrate policrome aperte nell’abside e nella parete tergale del presbiterio, dove vi sono pure due finestre circolari con vetrata trasparente. L'altezza massima della navata centrale è m 11,00, la minima m 10,30; l'altezza massima delle navate laterali è m 8,00, la minima m 6,50. L’attigua ex Compagnia presenta le lunette affrescate dal Pugliani e, nella volta, l’”Assunta”. L'altare presenta colonne sorreggenti un frontone triangolare spezzato e risaltato ed era decorato da una statua lignea di “Cristo deposto” del XVI secolo; perimetralmente sono gli scranni lignei degli ascritti e vi si trova la lapide sepolcrale marmorea settecentesca di don Vincenzo di Giuseppe Lensi (o Lenzi), “cappellano curato” della pieve e poi pievano. La cappella primosecentesca dei Tornabuoni presenta le pareti e la volta a botte interamente affrescate con angeli recanti i simboli della Passione, Cherubini, la Sacra Sindone e la rappresentazione del Santo Sacello.
Elementi decorativi
Affreschi trecenteschi; affreschi secenteschi; dossale d’altare quattrocentesco; dossali d’altari secenteschi; vetrate policrome novecentesche.
Pavimenti e pavimentazioni
La pavimentazione è in cotto, con mattoni rettangolari disposti a spina. La pavimentazione del loggiato è in cotto.
Coperture
La copertura della navata centrale poggia su sei capriate, con orditura primaria e secondaria lignee e scempiato in cotto. Le coperture delle navate laterali sono con tetto a leggio, con orditura lignea primaria e secondaria lignee. Le due cappelle di testata hanno volte a crociera. La cappella Tornabuoni è voltata a botte, l’oratorio della Compagnia presenta una volta a botte unghiata. Il manto di copertura del tetto è in coppi e tegole piane.
Adeguamento liturgico

presbiterio - intervento strutturale (1955 ?)
La disposizione attuale del presbiterio fu realizzata da Don Facibeni in epoca preconciliare, nel corso degli anni '50. Rimosso l’originario altare maggiore, al centro del presbiterio fu collocata una mensa eucaristica, in pietra serena, che consente la celebrazione rivolta verso i fedeli; dimensioni indicative cm 98 x 200 x 100 (h). Tabernacolo in arenaria, con sportello ligneo, posto al centro della parete absidale. Ambone in pietra serena collocato sul lato sinistro del presbiterio, sul lato opposto il leggio è in arenaria. Sede lignea, mobile, attualmente collocata sul lato destro del presbiterio. Fonte battesimale in arenaria, a pianta ottagonale con copertura in legno, posto nel vano in adiacenza destra denominato "Penitenzieria, ove alle pareti sono inoltre addossati quattro confessionali lignei.
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