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IX (origini carattere generale)
Di epoca remota, la pieve “Sancti Donati siti Marinae”, “fra le due Marine”(in Val di Marina, su un colle tra i torrenti Marina – dall’etrusco Marie, Marena, da cui il personale latino Marinius – e Garille – dal nome etrusco arcaico d’origine greca Garile, Xarile), posta sulla sommità dell’omonimo colle, si trova lungo l’antica strada militare romana transappenninica che, distaccandosi dalla Cassia Vetus all’incirca presso la “statio” “ad Solaria”, passa per la Val di Marina ed il Mugello (detta poi nell’Ottocento Strada Maestra Barberinese). Qui già in epoca romana esisteva un “pagus”. Eretta forse trai i secoli IX e X, è di patronato dei Lamberti, famiglia di antica origine e poi di parte ghibellina (Lamberto diverrà vescovo di Firenze nel secondo quarto dell’XI secolo). il primo documento che la citi risale al 1020. Dalla pieve dipendono dodici chiese suffraganee.
1141 - 1193 (cenni storici carattere generale)
Citata nuovamente nel 1141 e nel 1155 (quando risulta censuaria della mensa vescovile fiorentina), alla fine di quel secolo ne è pievano Arrighetto da Settimello, poeta e filosofo, autore verso il 1193 del poema latino in distici elegiaci “Elegia” o “De diversitate fortunae et philosophiae consolatione”. Allora il beneficio della pieve è assai ricco: “molto pingue, che potea [ad Arrighetto] apprestare tempo ed agio alle Belle Arti ed in ispecie alla Poesia […]; se non che al contrario andò la bisogna, […] ché quella Pieve, che esser dovea il suo riposo e la sua pace, gli fu materia di contesa […] per opera di chi […] mise quel Benefizio in una lunga lite, per la quale […] il misero Piovano fu forzato a cederlo ed in conseguenza ad andare mendicando il suo vitto” (Domenico Maria Manni).
1260 circa - 1299 (cenni storici carattere generale)
Nel Duecento dipendono dalla pieve undici chiese suffraganee. Nel 1260 ne è pievano Viviano di Guido Piccolino di Cambio dei Catellini da Castiglione (signori di Cercina), canonico della cattedrale fiorentina e in seguito vicario capitolare, morto nel 1281. In quel 1260, dopo Montaperti, gli Scali vedono bruciate le loro case poste non lontano da S. Donato e si rifugiano nella pieve, che viene anch’essa danneggiata e saccheggiata dai ghibellini. Nelle “Rationes decimarum” del 1274-1275 la pieve, allora sempre assai ricca, paga di censo 49 libbre e 18 soldi, nel 1276-1277 e nel 1299 50 libbre. Nel 1281 una prebenda della pieve di S. Stefano a Prato, già goduta da Viviano de’ Catellini da Castiglione, viene assegnata dal cardinale Latino, legato pontificio in Toscana, a Lotto di Brunetto Alfani, canonico e arcidiacono fiorentino, mentre Giovanni XXI la conferisce al maestro pratese “magister Raynaldus, archipresbiter ecclesiae Pistoriensis” (m. 1283), innescando un lungo contenzioso.
1303 - 1399 (cenni storici carattere generale)
Solo nel 1303 il censo pagato dalla pieve scende a 20 libbre, per risalire però nuovamente a 50 nel 1372. La pieve è allora anche collegiata (come risulta nel 1313) ed ospita i rettori di tutte le chiese suffraganee in occasione dell’elezione del pievano, come documentato nel 1345 e nel 1348, quando presso la pieve vi esiste anche una Compagnia della Beata Vergine Maria, poi citata negli anni Ottanta di quel secolo come Compagnia della Purificazione di Maria Vergine e come già allora molto antica. Nel 1335 il piviere di S. Donato fa parte della Lega di Calenzano e possiede allora vari beni. Altri danni sono arrecati alla pieve nel 1341 dalle scorrerie effettuale dal capitano Giovanni Visconti da Oleggio (1304-1366). Nel 1399 detiene immobili nel suo ‘popolo’ anche Rossellino di Arrigo della Tosa, che li dona alla Badia a Settimo. Nel Trecento già esiste, alla base del colle di S. Donato, lo spedale di S. Lazzaro per pellegrini.
1416 - 1424 (cenni storici carattere generale)
Nel 1416 è patrono della pieve l’Ordinario. Nel 1421, al tempo del pievano Rossello degli Strozzi (già documentato esserlo almeno dagli inizi del 1417, quando risulta aver contratto vari debiti, e lo sarà ancora nel 1424), viene distaccata dalla pievania di S. Donato la chiesa suffraganea di S. Niccolò al Castello.
1450 circa - 1460 (rifacimenti intero bene)
Verso la metà di quel secolo i Medici ottengono la pieve in commenda, che viene data a Carlo de’ Medici (1428/1430-1492), figlio naturale di Cosimo il Vecchio. In quel periodo la pieve subisce numerose trasformazioni, comprendenti la chiesa, la nuova cappella o “battistero” con il fonte battesimale (creata aprendo un varco nella parete sinistra), la sagrestia (ingrandita, posta a sinistra dell’edificio sacro), il campanile e la canonica, ricostruita nel 1460 a destra della chiesa, con un chiostro qualificato da un portico e da un loggiato superiore (da taluni attribuito a Michelozzo, 1369-1472) e con annessa la cosiddetta Villa Medicea di S. Donato, dove, al suo interno, è allora posto un ritratto del pievano Carlo (da quello stesso anno anche preposto della cattedrale di Prato). Il pievano appone vari suoi stemmi, che si differenziano da quello proprio di Cosimo il Vecchio per avere una palla in più (otto).
1492 - 1494 (cenni storici Giovanni de’ Medici commendatario)
Alla morte di Carlo de’ Medici nel 1492 il beneficio della pieve va al neoletto cardinale Giovanni de’ Medici (1475-1521), figlio di Lorenzo il Magnifico, nipote di Carlo e futuro papa Leone X, che ne prende possesso il 17 giugno di quell’anno, insieme alla vicina “villa”, dove ama ritirarsi e dalla quale scrive varie missive negli anni 1492-1494.
1502 - 1537 (cenni storici carattere generale)
Nel 1502 la pieve risulta annessa al Capitolo della prepositura del duomo di Prato. Nel 1514 sono rinnovati i Capitoli della Compagnia della Purificazione di Maria Vergine, poi approvati nel 1537.
1527 - 1537 (cenni storici carattere generale)
Nel 1529 la pieve è coinvolta nelle distruzioni conseguenti al famoso assedio di Firenze, ancora documentate nel 1537 (stalli del coro distrutti, vetri alla finestre mancanti), al tempo del pievano cardinal diacono Niccolò di Pietro Ridolfi (1501-1550), imparentato con i Medici (sua madre era Contessina di Lorenzo de’ Medici, m. 1515), protonotario apostolico, arcivescovo di Firenze dal 1524 al 1532, commendatario della prepositura di Prato e del vescovato di Vicenza e di Imola, contrario alla ‘parte’ di a Cosimo de’ Medici (futuro granduca Cosimo I). Egli già alla fine di luglio del 1527 aveva lascio Firenze per cercare rifugio dalla peste a Calenzano. Il patronato della pieve spetta sempre ai Medici. Allora la rendita della pieve è di 300 scudi, mentre il suo ‘popolo’ è costituito da 100 anime.
1550 - 1564 (cenni storici carattere generale)
Dopo la morte del Ridolfi il 31 gennaio1550, Cosimo de’ Medici, quale patrono, concede la pieve al presbitero pratese Pier Francesco Riccio (1501-1564), letterato, ex precettore di Cosimo e duo maggiordomo di fiducia, che ne prende il possesso il 1° febbraio. Egli morirà il 5 febbraio 1564 (stile moderno), in seguito ad una caduta da una mula proprio mentre si dirigeva alla pieve di S. Donato nel luglio del 1563. Nel 1551 il ‘popolo’ della pieve conta 267 anime. Nel 1570-1572 S. Donato risulta sempre unito alla prepositura di Prato.
1584 - 1591 (rifacimento e decorazione pittorica chiesa)
Dopo il 1584 la pieve passa al cardinal arcivescovo di Firenze Alessandro di Ottaviano de’ Medici (1536-1605), cugino di Cosimo I e futuro papa Leone XI.
Tra la seconda metà degli anni Ottanta (ante 1589) – sebbene alcune fonti riportino il 1591 – cura il completo rifacimento della pieve stessa: chiuse le absidi laterali, le navate sono affrescate forse da Giovanni Balducci detto il Cosci (1560-post 1631), un allievo di Giovan Battista Naldini, con “Storie dei Santi Donato e Stefano”, “Angeli” e “Storie degli Apostoli”, oltre che con stemmi del cardinale; nel catino absidale egli raffigura “Dio Padre benedicente” e nei due muri che tamponano le absidiole laterali vengono affrescati una “Natività” ed una “Crocifissione e Santi” quali dossali dei due nuovi altari. Il cardinale fa ristrutturare anche il prospetto della contigua “Villa” rivolto verso il giardino e la vallata, qualificato da un’altana.
1585 circa - 1599 (cenni storici consacrazione chiesa - acquasantiere )
Dalle Piante dei Capitani di Parte Guelfa possiamo vedere come negli anni Ottanta del Cinquecento i beni della pieve siano molto estesi, specialmente lungo il torrente Marina. Di fronte alla chiesa si trova il cimitero ed esiste già il campanile come si presenta tutt’oggi. Nel 1595 il Medici fa realizzare per la chiesa due acquasantiere in pietra, recanti il suo stemma a sei palle, e il 1° gennaio 1599 (stile moderno) consacra la chiesa.
1601 - 1605 (cenni storici dipinto su tela, tabernacolo)
In seguito il cardinal Alessandro de’ Medici dona il quadro fatto dipingere per l’altar maggiore e raffigurante “Un Miracolo di San Donato Vescovo Martire”: il miracolo del calice di vetro. Secondo la leggenda, durante la celebrazione della messa sarebbero entrati in chiesa dei pagani che, con violenza, mandarono in frantumi il Calice di vetro; S. Donato ne avrebbe raccolti i pezzi, ma, rimise insieme, ne sarebbe mancato uno. Noncurante di ciò, vi avrebbe versato il vino dandolo ai fedeli senza che ne cadesse dal fondo. Per lo stupore, 79 pagani si sarebbero convertiti al cristianesimo. Dopo un mese Donato sarebbe stato martirizzato. Il quadro è dipinto nel 1601 sempre dal Balducci. Poco prima del 1605 il cardinale Medici dona un tabernacolo per la sede della Compagnia della Purificazione di Maria Vergine.
1627 - 1693 (cenni storici carattere generale)
Nel 1627 (stile moderno) sono nuovamente rinnovati i Capitoli della Compagnia della Purificazione di Maria Vergine. Tra il 1644 ed il 1655 Innocenzo X distacca la pieve dalla prepositura di S. Stefano a Prato e l’unisce all’abbazia medicea pratese di S. Maria in Castello. Nel 1674 la pieve risulta possedere sette poderi, un mulino e otto case da pigionali. Nel 1693 la contigua “villa” appartiene a Giuseppe Maria Luigi di Francesco de’ Medici, di un ramo secondario della famiglia.
XVIII (cenni storici carattere generale)
Nel Settecento nasce la Compagnia di S. Sebastiano, che probabilmente si riunisce presso l’altare del Crocifisso, posto in testata della navata destra, dove è affrescato anche S. Sebastiano (ipotetica trasformazione settecentesca del precedente affresco cinquecentesco, allora fortemente ridipinto soprattutto nelle parti attorno a Cristo crocifisso).
1710 ante - 1726 (cenni storici carattere generale)
Fino almeno dagli anni 1710-1726 è pievano l’abate Pandolfo Maria di Carlo Maria de’ Bardi, conte di Vernio (1683-1743), preposto di Prato, allora (1705-1709) in stretti rapporti epistolari con Annibale di Orazio Albani (1682-1751), nipote di Clemente XI, nunzio pontificio a Vienna e cardinale dal 1711. Nel 1726 la contigua villa di S. Donato appartiene sempre ai Medici ed è circondata da un giardino ricco di fontane e statue.
1742 circa - 1745 (ristrutturazione tardobarocca chiesa)
Nel 1742 Pandolfo de’ Bardi dona alla chiesa il corpo di S. Dionisia Martire, proveniente dalle catacombe romane, che viene collocato, entro un reliquiario a urna con putti reggicartiglio, presso l’altare laterale speculare di destra, per il quale è realizzato anche il quadro con il martirio della Santa. Nei medesimi anni egli o il suo successore, Ferdinando de’ Bardi, fa ristrutturare la chiesa in forme tardobarocche: è rifatta la facciata ed internamente tutte le pareti sono rintonacate (andando distrutti gli affreschi cinquecenteschi, ad eccezione di quelli al lati dell’altar maggiore); oltre all’altare di S. Dionisia, nella navata sinistra, specularmente, è eretto quello della Madonna del Rosario. Nel 1742 Pandolfo de’ Bardi interviene quale mediatore in un accordo tra il pievano di S. Ippolito e la Compagnia del SS. Sacramento a Mercatale. Nel 1745 il ‘popolo’ di S. Donato conta 345 anime.
1785 - 1889 (soppressione Compagnie)
Nel 1785 Pietro Leopoldo sopprime anche le Compagnie di S. Sebastiano e della Purificazione di Maria Vergine. Viene soppressa anche la commenda e nel 1787 la chiesa è resa inamovibile. Il patronato spetta allora al granduca. Nel 1789 il ‘popolo’ di S. Donato conta 446 anime.
1790 (citazioni descrittive chiesa)
Nel 1790 la chiesa è data al pievano don Giuseppe Costi. Allora il piazzale antistante è “tenuto […] ad uno di prato” e perimetrato su tre lati da muriccioli; la chiesa “riquadra braccia 851 e 2/3 e più il coro ed una cappella ove vi esiste il battistero [di pietra]. È a tre navate con quattro archi per navata e suoi pinastri, con cavalletti alla tettoia della navata di mezzo in numero 6 […] e con pavimento ammattonato”. La porta d’ingesso è “tinta di color sanguigno”. Sui due altari laterali sono le tele con la “Vergine del Rosario con S. Domenico” e con il “Martirio di S. Dionisia”; vi sono due pile per l’acqua benedetta, un pulpito dipinto e una cantoria lignei (“sopra l’uscio di sagrestia”), un balaustrato ligneo sopra i gradini, altri due altari (della Natività e del Crocifisso) con gli affreschi della “Madonna con il Bambino e Santi” e la “Crocifissione e Santi”, l’altar maggiore in marmo, con formelle policrome, due putti di stucco ed il quadro del Balducci.
1799 - 1802 (cenni storici carattere generale)
Nel 1799 la pieve diventa prepositura. Durante il periodo francese una cospicua parte del’ex canonica (il settore attorno alla “seconda chiostra” della villa Medici di S. Donato) viene alienata a privati. Nel 1802 è ricostituita la Compagnia della Purificazione di Maria Vergine.
1833 - 1847 (cenni storici carattere generale)
Nel 1833 dipendono dalla pieve oramai solo sei chiese suffraganee. Allora il ‘popolo’ di S. Donato conta 702 anime e nel 1847 809. Dal 1832 è pievano don Filippo Bartolini, canonico onorario della cattedrale aretina. Il patronato spetta al granduca. Vi esiste la sede della ricostituita Compagnia della Purificazione di Maria Vergine. L’ex Villa Medici di S. Donato appartiene a Guglielmo di Francesco di Pietro Bombicci, che vi fa realizzare una grande terrazza.
1886 - 1898 (cenni storici carattere generale)
Nel 1886 è pievano don Raffaello Becattini, che lo risulta esserlo ancora nel 1898. Allora la parrocchia conta 1.000 anime. Alla fine dell’Ottocento viene tamponato il loggiato superiore del chiostro. L’ex Villa Medici di S. Donato appartiene al conte Cesare Enrico di Luigi Bombicci Pontelli (nobilitato nel 1895 e proprietario di un antico palazzo in Corso dei Tintori a Firenze), che la ristruttura e l’amplia in forme neorinascimentali e crea all’interno “belle sale adorne di gustose decorazioni, di oggetti d’arte, di mobili artistici” (Guido Carocci, 1906).
XX inizi - 1939 (cenni storici carattere generale)
Agli inizi del Novecento la canonica viene ristrutturata e dotata di una merlatura in facciata. Nel 1906 il Carocci denuncia l’avvenuta “deturpazione” del campanile mediante “una più moderna costruzione che si eleva al di sopra del coronamento merlato”. Dal 1913 diviene pievano don Daniele Pugi (m. 1954). Nella parrocchia di S. Donato nasce nel 1916 don Enrico Bartoletti (m. 1976), futuro arcivescovo di Lucca. Nel 1924 l’ex Villa Medici di S. Donato è acquistata dal commendator Grande Ufficiale svizzero Adolfo di Francesco Carmine (1886-1944), irredentista filoitaliano, amico di D’Annunzio e di Balbo, che era fuggito dalla sua patria rifugiandosi nell’Italia fascista. Egli ristruttura ulteriormente ‘in stile’ l’ex casa canonicale di S. Donato. Fra gli Anni Venti e i Trenta viene forse realizzato, a protezione del reliquiario di S. Dionisia, il cancello in ferro battuto con le iniziali della Santa.
1941 - 1944 (cenni storici – danni bellici intero bene)
Dall’aprile del 1941 l’ex Villa Medici di S. Donato è affittata dal commendator Carmine al comando truppe di deposito del 19° Reggimento di Artiglieria italiano. Dopo l’8 settembre 1943 ospita alcune famiglie di sfollati. Nel 1944 la villa è oggetto di un cannoneggiamento tedesco. Il 5 settembre 1944 l’anziano proposto di S. Donato, don Daniele Pugi, scrive all’arcivescovo di Firenze Elia Dalla Costa (1872-1961): “Eminenza, la furia infernale della guerra s’è abbattuta sulla chiesa, sul campanile, Oratorio della Venerabile Compagnia e canonica, devastando”. Una granata uccide il commendator Carmine, che con suo testamento di quell’anno, aveva destinato la villa di S. Donato a residenza per artisti italiani, ticinesi e svizzeri, scelti da una commissione alla quale avrebbe dovuto partecipare un rappresentante svizzero, e che diverrà di proprietà dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, allora presieduta da Felice Carena e poi da Giovanni Colacicchi.
1945 (restauro campanile)
Nel 1945 è restaurato il campanile, dotandolo nuovamente della cuspide terminale.
1947 - 1954 (cenni storici carattere generale)
Il 9 ottobre 1947, al tempo sempre del preposto don Pugi, giunge quale cappellano a S. Donato don Lorenzo Milani (1923-1967): “Ieri sera son arrivato che pioveva, ma c’era sotto l’acqua una quindicina di ragazzi e giovanotti a aspettarmi e che m’hanno accompagnato in corteo fino a casa e poi si sono attaccati alle campane e hanno suonato un gran doppio a distesa per annunciare l’arrivo del tanto atteso cappellano”. Don Lorenzo rimarrà cappellano a San Donato per sette anni, fino all’8 dicembre 1954 per poi essere trasferito a Barbiana. A Calenzano egli organizza la scuola popolare.
1955 - 1989 (cenni storici parrocchia)
Dal 1955 è preposto di S. Donato don Antonio Santacatterina (n. 1912) da Tretto (Vicenza), già pievano di Legri dal 1947 e che lo rimarrà fin’oltre il 1970. Nel 1970 la parrocchia conta 1.775 anime, nel 1993 sono 1.700. Nel 1989 diviene parroco don Alfredo Amerighi (n. 1941) da Firenzuola, presbitero diocesano. |
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