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Colombaro
Modena
Modena - Nonantola
chiesa
parrocchiale
S. Giacomo Maggiore Apostolo
Parrocchia di San Giacomo Maggiore Apostolo
Pianta; Pavimenti e pavimentazioni; Coperture; Struttura
presbiterio - aggiunta arredo (1977-1980)
XII sec. - XII sec.(preesistenza carattere generale); 1127 - 1127(preesistenza carattere generale); 1467 - 1467(informazioni storiche carattere generale); 1670 - 1670(notizie storiche carattere generale ); 1690 - 1690(notizie storiche carattere generale); 1721 - 1721(notizie storiche carattere generale); 1756 - 1756(notizie storiche carattere generale); 1757 - 1757(costruzione campanile); 1768 - 1777(notizie storiche carattere generale); 1769 - 1773(realizzazione e restauri altare maggiore); 1793 - 1793(notizie storiche carattere generale); 1813 - 1819(realizzazione tribuna e cappelle); 1954 - 1963(restauro intero bene ); 1963 - 1963(ricostruzione facciata); 1975 - 1999(restauri intero bene ); 1997 - 2000(lavori e restauri intero bene )
Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo <Colombaro, Modena>
Altre denominazioni Chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore apostolo
S. Giacomo Maggiore Apostolo
Ambito culturale (ruolo)
romanico (costruzione dell'edificio)
Notizie Storiche

XII sec.  (preesistenza carattere generale)

Con un atto del 1132, conservato all’Archivio di Stato di Modena, pubblicato dal Muratori e citato dal Tiraboschi, l’allora priore di Marola Giovanni pattuì con il vescovo di Modena di conservargli obbedienza e riverenza riguardo alla chiesa che deve essere consacrata “in loco qui dicitur Colombario”; si può collocare quindi in quell’anno, o poco dopo, la consacrazione della chiesa di Colombaro, datazione che è coerente con gli elementi architettonici originari rimasti. Alla chiesa e al piccolo monastero doveva essere annesso anche un luogo di ricetto, dato che un documento dell’archivio di Marola del 1162, citato ancora dal Tiraboschi, menziona un hospitale S. Iacopi de Columbario. L’intitolazione a San Giacomo, che rimanda al pellegrinaggio verso Compostela, conferma una simile vocazione.

1127  (preesistenza carattere generale)

La chiesa di Colombaro, con annesso piccolo monastero, retto da un Priore, fu dipendenza dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Marola, nell’Appennino reggiano, fino al 1467. Nel primo catalogo conosciuto delle chiese modenesi, risalente alla fine del XIII secolo, è indicato semplicemente come “Monasterium de Columbario”. In una relazione inviata al vescovo nel 1793, il rettore di Colombaro don Giovanni Battista Manfredi (1776-1813) riportava che correva la voce secondo cui “anticamente vi fosse in questa parrocchia un convento di monaci di S. Colombano, ma senza prove”. La prima menzione conosciuta della chiesa, come riporta il Tiraboschi, è un atto del 1127 conservato presso l’Archivio della cattedrale di Modena, con il quale il prevosto della cattedrale Fridolfo concede in enfiteusi terre “alla chiesa di San Giacomo apostolo dedicata in onore di Santa Maria di Marola, posta in località Colombaro”.

1467  (informazioni storiche carattere generale)

A partire dal 1467, come accadde per altre istituzioni monastiche italiane, anche il monastero di Colombaro venne affidato ad un abate commendatario, non residente, cui era assegnata la gestione dei beni, mentre a un priore restava affidata la guida della comunità. Il primo abate commendatario di Colombaro fu Iacopo Condulmier, prelato e nipote del papa Eugenio IV, il quale negli anni precedenti era già stato priore. Da quel momento, Colombaro si staccò definitivamente da Marola: anche per essa infatti si avviò il regime della commenda, ma in modo separato.

1670  (notizie storiche carattere generale )

Nel 1668 diventa abate commendatario Giacomo Rospigliosi (1668-1684). Uno stemma con iscrizione sul semipilastro che conclude la parete destra e introduce il transetto, ricorda un intervento non meglio identificato effettuato nel 1670: “Restauratum sub eminentissimo cardinale Iacopo de Rospiliosis anno Domini MDCLXX”. Sembra che risalgano a quest’epoca lavori nella sacrestia, che portarono alla distruzione delle pitture murali quattrocentesche di cui sono state scoperte tracce nel sottotetto dell’edificio situato a destra della chiesa, già adibito a convento e ora non più pertinente alla Parrocchia.

1690  (notizie storiche carattere generale)

A fine Seicento, le condizioni dell’edificio dovevano essere veramente precarie: nel 1690 in un Libro di conti di Giovanni Battista Toschi agente del cardinal Pietro Ottoboni conservato presso l’Archivio della Curia arcivescovile, risulta infatto la spesa “per far accomodare la chiesa del Priorato, che si era aperta nella facciata, con appertura pure delle muraglie di fianco, e la volta della medesima chiesa da un capo all’altro cadente e mezza ruinata”.

1721  (notizie storiche carattere generale)

Una pianta dei banchi datata 18 dicembre 1721, conservata presso l’Archivio parrocchiale e riprodotta in un volume monografico pubblicato nel 2002, mostra la struttura della chiesa uguale a quella attuale, con transetto e abside rettangolare; gli altari laterali erano collocati uno di fronte all’altro alle estremità del transetto, e i banchi, come ora addossati alle pareti laterali dell’aula.

1756  (notizie storiche carattere generale)

Una Relazione compilata nel 1756 dall’architetto Camillo Antonio Ambrosi “sopra il disegno della pianta qui annessa degli edifici dell’Abbazia di S. Giacomo del Colombaro”, si parla di muri da restaurare nelle fondamenta, e altri da abbattere e rifare completamente. Era abate commendatario il cardinale Antonio Andrea Galli (1755-1767). Nella stessa relazione si parla del “campanile nuovo”.

1757  (costruzione campanile)

La descrizione della chiesa del 1756 parla di ‘campanile nuovo’, e la già citata relazione del 1793 dice che il campanile fu fatto ‘di nuovo’ verso il 1757, a spese del cardinal Antonio Andrea Galli abate commendatario; vi era evidentemente un campanile precedente, del quale non sono state indagate notizie. Nel 1793 vi erano due campane, datate 1633 e 1720. Le campane attuali risalgono al 1892, fatte fondere dalla ditta Domenico Cavani di Spilamberto dal parroco don Giuseppe Pasini (1890-1936)

1768 - 1777 (notizie storiche carattere generale)

La successione degli abati commendatari si conclude nel 1768 con la nomina di un laico, il conte Filippo Giuseppe Marchisio, che acquisì i beni del priorato in livello perpetuo. In realtà, già nel 1777, per decreto di Francesco III, e con approvazione pontificia, egli li cedeva all’Opera Pia generale dei poveri di Modena.

1769 - 1773 (realizzazione e restauri altare maggiore)

Al conte Marchisio si devono diversi interventi. Nel 1769 fece costruire a sue spese l’attuale altare maggiore in marmi policromi, come si legge in una iscrizione sul retro. Nel 1773 eseguì lavori in chiesa; di essi rimane ricordo in una lapide – con qualche imprecisione di scrittura latina - affissa al semipilastro che conclude la parete sinistra dell’aula: “Hanc ecelesiam [ecclesiam], aris ex antiquo et insalubri loco hie [hic] erectis [evectis?] ornatisque, Philippus Ioseph comes a Marchisio […] ut publicae incolumitati consuleret, repauravit [reparavit]. Anno reparatae salutis MDCCLXXIII”.

1793  (notizie storiche carattere generale)

Dalla relazione, già citata, inviata al vescovo dal parroco don Manfredi nel 1793 la chiesa risulta avere gli altari laterali collocati a metà della navata, dedicati alla Madonna del Rosario (a sinistra) e a Sant’Antonio abate (a destra). Lo spostamento degli altari (rispetto alla posizione che avevano nel 1721) era stato eseguito forse ai tempi del conte Marchisio.

1813 - 1819 (realizzazione tribuna e cappelle)

Nel 1813, ai tempi del parroco don Leopoldo Mucci (1813-1824), viene costruita la tribuna della chiesa; nel 1819 vengono arretrati gli altari laterali, che ingombravano troppo la navata, per una spesa complessiva di l. 4000; restaurata la canonica. Al successore don Matteo Tonozzi (1824-1869) si deve l’apertura di due cappelle ai lati della navata, in modo da evitare del tutto l’ingombro degli altari, realizzando un desiderio già del suo predecessore (1826); e, tra le altre cose, un restauro del tetto della chiesa, che lasciava infiltrare acqua piovana.

1954 - 1963 (restauro intero bene )

Tra il 1954 e il 1963, il parroco don Luigi Giberti (1937-1967) curò il ripristino dell’aspetto romanico della chiesa di Colombaro. I lavori vennero svolti sotto la vigilanza della Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia, diretti dall’ingegner Gaetano Malaguti ed eseguiti dalla ditta Uber Ferrari. Nello specifico, gli interventi furono: la creazione della cappella del Rosario, nel lato sinistro del transetto, sulla parete orientale, con rifacimento della copertura a volta; la posa di un nuovo pavimento nel presbiterio in mattonelle quadrate in cotto, e la costruzione di una balaustra in arenaria; la realizzazione dell’altare del Sacro Cuore, nel lato destro del transetto, sulla parete orientale; la demolizione delle cappelle laterali addossate all’aula, costruite nel 1826.

1963  (ricostruzione facciata)

Ultimo intervento, offerto da Lodovico Aggazzotti, come si legge in una iscrizione, fu la costruzione ex novo della facciata, solennemente inaugurata il 25 luglio 1963. L’aspetto della vecchia facciata, visibile in una fotografia storica di inizio Novecento, intonacata, con portale archivoltato e finestrone centinato, venne completamente modificato. Si prese invece come modello la muratura dei fianchi, in pietre in arenaria intagliate, che era ancora quella originale; tipologia analoga per altro a quella delle pareti esterne del duomo di Modena. Come portale si realizzò una semplice apertura rettangolare, sovrastata da una bifora ricostruita, con utilizzo di un capitello antico.

1975 - 1999 (restauri intero bene )

Anche don Francesco Domati (1967-1981) intraprese importanti lavori, eseguiti tra marzo e settembre 1975. Autorizzati l’anno precedente dalla Soprintendenza ai monumenti, furono diretti dall’ingegner Enzo Cuoghi di Sassuolo. Tra gli interventi, la posa di un nuovo pavimento in piastrelle in cotto, che andava a sostituire il precedente in mattonelle bianche e nere, e che sarà poi a sua volta sostituito nel 1999; l’eliminazione della volta a botte nella navata, forse opera settecentesca, che copriva tra l’altro tre monofore aperte sulla parete destra in alto, e il ripristino del soffitto a capriate lignee; il restauro delle volte del presbiterio e del transetto; il rafforzamento delle murature; il rinnovo delle tinteggiature; la riparazione del muro esterno a Sud; la costruzione di nuovi confessionali, inseriti in nicchie al centro dell’aula.

1997 - 2000 (lavori e restauri intero bene )

L’aspetto attuale della chiesa viene dagli ultimi importanti lavori, su progetto dell’architetto Alberto Desco. Nel 1997 è stata eliminata la balaustra in arenaria, realizzata negli anni Cinquanta; restaurato il pavimento de presbiterio; risanati gli intonaci dell’abside; restaurato il coro ligneo. Nel 2000 è stato rifatto il pavimento dell’aula e chiuse le due nicchie fino ad allora occupate da confessionali, ripristinando la muratura; e spostata un’acquasantiera già in controfacciata, a sinistra, collocata ora nell’angolo anteriore destro del presbiterio.
Descrizione

La chiesa di Colombaro sorge all’estremità occidentale del borgo, con orientamento liturgico, entro sagrato alberato. Le pareti esterni sono in pietre a vista in arenaria intagliate, con basso zoccolo sagomato alla base. La facciata a capanna, rifatta nel 1963, presenta semplice portale rettangolare e in alto bifora ricostruita utilizzando un capitello romanico coevo alla prima fase costruttiva della chiesa. Aperture originali sono anche le monofore a strombo, in diverse tipologie, che si trovano sulla parete destra (tre in alto), su quella sinistra (una in alto e una più in basso) e alle estremità del transetto. Una bifora, chiusa, si trova poi nel tratto di muro che congiunge la chiesa alla canonica, sul lato destro. La pianta è a croce latina, con aula a navata unica. Alle estremità del transetto sono due altari, del Sacro Cuore, a sinistra, e della Madonna, a destra, collocati sulla parete orientale, ovvero quella rivolta verso l’abside. Alla navata segue il presbiterio, della stessa larghezza, concluso da abside rettangolare. La pedana su cui poggia si prolunga nello spazio centrale del transetto. Le pareti dell’aula e del transetto sono costituite da strisce di mattoni alternate a blocchi di arenaria rozzamente squadrati, mentre intonacate e tinteggiate sono le pareti e le volte del presbiterio. La parete di fondo dell’abside è dipinta a finta architettura. L’aula è coperta da soffitto a capriate lignee, mentre transetto e presbiterio hanno copertura a volte a crociera. Il pavimento, recente, è in cotto. Sul lato sinistro dell’abside, leggermente distaccato dalla chiesa, si trova il semplice campanile in laterizi a vista, che termina con cella campanaria a quattro monofore, con tetto a spioventi.
Pianta
Pianta a croce latina.
Pavimenti e pavimentazioni
Pavimentazioni interne in cotto.
Coperture
Copertura tradizionale a falde, orditura primaria e secondaria in legno, manto in tradizionali coppi laterizi.
Struttura
Struttura portante in muratura continua in pietra arenaria, manto di copertura a falde con coppi laterizi.
Adeguamento liturgico

presbiterio - aggiunta arredo (1977-1980)
La zona presbiterale, rialzata rispetto all'aula da due gradini, presenta l'altare originario in scagliola, con mensa e tabernacolo. Il celebrante ha centrale l'altare per le funzioni e alla sua destra ambone e sede.
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