chiese italiane censimento chiese edifici di culto edifici sacri beni immobili patrimonio ecclesiastico beni culturali ecclesiastici beni culturali della Chiesa cattolica edilizia di culto restauro adeguamento liturgico Prato Prato chiesa parrocchiale S. Domenico Parrocchia di San Domenico Facciata; Pareti esterne; Abside esterno; Interno della chiesa; Cantoria; Altare maggiore; Altari laterali altare - aggiunta arredo (1970) 1270 - 1325(committenza costruzione); 1314 - 1336(committenza costruzione del campanile); 1647 - 1652(ricostruzione interno della chiesa); 1781 - 2006(passaggio di proprietà intero bene)
Chiesa di San Domenico
Tipologia e qualificazione
chiesa parrocchiale
Denominazione
Chiesa di San Domenico <Prato>
Altre denominazioni
S. Domenico
Autore (ruolo)
Fra Mazzetto da Firenze (progettista)
Del Bianco, Baccio (progettista)
Silvani, Pier Francesco (progettista)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze pratesi e fiorentine (costruzione)
maestranze pratesi e fiorentine (ricostruzione dell'interno)
maestranze pratesi e fiorentine (completamento dell'interno)
Notizie Storiche
1270 - 1325 (committenza costruzione)
I frati domenicani, presenti a Prato almeno dal 1270, dopo aver dimorato fuori di porta Fuia presso lo spedale della Misericordia, nel 1281 ottennero dal Comune di Prato una vasta area che si estendeva dalla porta Gualdimare alla porta Fuia, dove iniziarono a costruire il convento e la loro grande chiesa. Non è noto chi fosse l’autore del progetto; di certo vi lavorò e ne condusse i lavori fino quasi al termine, dal 1300 al 1310, fra Mazzetto, «nelle cose di architettura intelligente e industrioso». La chiesa avrebbe poi subìto modifiche e interventi, voluti dal cardinale Niccolò da Prato, per opera di Giovanni Pisano o di un suo allievo, ma era ancora incompiuta nel 1325.
1314 - 1336 (committenza costruzione del campanile)
Il campanile era già terminato nel 1314, quando il Comune, previo consenso dei frati, ordinò di demolirne la parte «al di sopra del tetto della chiesa», in modo da impedire che cadesse in mano alle truppe ghibelline al seguito dell'imperatore Enrico VII. Il campanile era infatti quasi accosto alle mura cittadine. Nel 1336 si lavorava ancora alla sua ricostruzione a spese del Comune.
1647 - 1652 (ricostruzione interno della chiesa)
La notte del 12 settembre 1647 due fulmini incendiarono il tetto della chiesa e l'interno andò distrutto. Per la ricostruzione fu inizialmente consultato Alfonso di Giulio Parigi, il quale suggerì una nuova struttura interna coperta in volta. Il progetto prescelto fu redatto da Baccio del Bianco, architetto granducale. A seguire l'opera sul cantiere fu il pratese Giovanni Paradisi, ma alla morte di questi (1649), dopo altri capomastri, condusse i lavori l'architetto Pier Francesco Silvani, che portò a termine l'opera (1652) con alcune modifiche, dopo che Baccio del Bianco partì (dicembre 1650) per la Spagna, inviato dal granduca su richiesta di Filippo IV.
1781 - 2006 (passaggio di proprietà intero bene)
In seguito alla soppressione del convento e l'allontanamento dei domenicani da parte del granduca Pietro Leopoldo e del vescovo Scipione de' Ricci (1781), nel 1783 la chiesa di San Domenico fu eretta in parrocchia e fu affidata alle cure dei francescani, che l'hanno retta fino al 4 ottobre 2006. Da allora è passata sotto la direzione del clero diocesano.
Descrizione
La chiesa di San Domenico costituisce un interessante esempio di chiesa "mendicante", dove l'austerità dell'architettura è temperata sia da elementi strutturali, come la torre campanaria, sia da motivi decorativi, come gli archi bicromi degli avelli e i riquadri geometrici della facciata.
Facciata
La decorazione della facciata, realizzata verso il 1320 con marmo verde e alberese, e contraddistinta, nel disegno decorativo, da una regolarità geometrica che attenua l'importanza delle parti strutturali, è rimasta incompleta. In alto sono visibili le tracce dell'originario grande occhio circolare, che doveva essere dotato di rosone. Tamponato nel 1605, fu realizzato un occhio di dimensioni più contenute, con bordo in alberese, sostituito infine nella seconda metà dello stesso secolo dall'attuale apertura ellittica.
Pareti esterne
La mole della chiesa, che si alza netta e imponente, su di un’unica nave, all’esterno è caratterizzata, sui fianchi, da grandi specchiature in alberese, scandite e modulate da paraste a mattoni che, sottili ed agili, si spingono in alto a raggiungere le archeggiature del sottotetto. Raffinate bifore allungate, con terminazioni trilobate, si aprivano negli intervalli. Un raffinato gioco cromatico, forse di influsso senese, di più varietà di pietre e di due diversi tipi di mattone, si estende all’intera costruzione e al campanile, elegantissimo per impostazione strutturale e per il progredire ascendente delle polifore. Rappresentano un collegamento con Santa Maria Novella di Firenze le arche sul fianco sinistro dell'edificio. Già previste nel progetto originario della chiesa, le arche furono interrotte, dopo il 1310, dall'inserimento del portale che, pur mantenendo il bicromismo del marmo verde e dell'alberese, si discosta da queste per una monumentalità solenne e misurata che conduce all'opera di Giovanni Pisano.
Abside esterno
Sempre ispirate alla grande chiesa domenicana fiorentina di Santa Maria Novella sono le cappelle absidali, con cuspidi decorate da croci, che accentuano il carattere gotico dell'edificio. Sopra due croci incavate nelle cuspidi delle cappelle sono inserite due scodelle in maiolica.
Interno della chiesa
All'interno la chiesa, ancor prima del rifacimento successivo all'incendio del 1647, aveva subito delle modifiche con la realizzazione, nel quarto decennio del secolo, di alcuni dei dieci altari a edicola addossati alle pareti, il cui disegno è avvicinato a Alfonso di Giulio Parigi. La tipologia di questi, con colonne lisce, capitelli compositi e timpano spezzato, si inserisce in quel vasto movimento di riforme edilizie e decorative dei luoghi di culto che si attuò a sostegno della spiritualità della chiesa controriformata. L'interno di San Domenico, benché ricavato nel vano della chiesa gotica, è strutturalmente autonomo. Le pareti sono scandite da dodici nicchioni, tra slanciate lesene raccordate da una trabeazione continua aulla quale posa la copertura con ampia volta a botte. All'interno di un disegno decorativo di ispirazione quattrocentesca sono anche elementi manieristici, come le cartelle con volute poste sulle due porte laterali o le tonde finestre sui fianchi della chiesa decorate anche da festoni di sapore robbiano.
Cantoria
Il sereno contrasto tra le limpide superfici intonacate e il grigio di pietra e stucco si arrichisce in controfacciata con la fastosa cantoria barocca su disegno del Silvani, in legno laccato e dorato, sorretta da quattro mensoloni con foglie d'acanto. La soprastante mostra dell'organo ha due grandi angeli dorati, che sollevano un sontuoso drappeggio, mentre altri due sorreggono al centro uno stemma del Ceppo di Prato, l'ente pio che pagò l'opera.
Altare maggiore
La scenografica macchina dell’altare maggiore su disegno di Baccio del Bianco, realizzata interamente in legno dorato, è aperta da un finto tendaggio damascato sollevato da due angiolotti con un elegante baldacchino con una minuta decorazione a traforo, sotto al quale è un complesso ciborio, su disegno forse del Silvani, con richiami a quello del Caccini in Santo Spirito a Firenze.
Altari laterali
Gli altari laterali ospitano un raffinato Crocifisso su tavola di Lorenzo di Niccolò (fine del XIV secolo), una maestosa pala col Crocifisso che parla a san Tommaso (1590 circa) del Poppi, e tele di maestri del Seicento fiorentino (Matteo Rosselli, Vincenzo Dandini, Pier Dandini, Giuseppe Pinzani).
Adeguamento liturgico
altare - aggiunta arredo (1970)
Avanti l'altare maggiore è posto un altarolo mobile per la celebrazione della messa verso il popolo.