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Descrizione |
La basilica di Santa Maria Maggiore, sul modello di quella innalzata a Roma da papa Liberio, fu edificata nel 432 da San Simmaco, vescovo di Capua, sulle catacombe e sulla grotta di S. Prisco il che, stando al diritto canonico, giustifica il titolo di basilica (in quanto, appunto, costruita su catacombe). La basilica ebbe vari nomi: il titolo più antico fu “S. Maria Suricorum”, oggi è detta “Santa Maria Maggiore” perché superava le altre chiese della diocesi o perché, trovandosi nella zona meno colpita dalla distruzione dell'anno 841, intorno ad essa si era costituito il nucleo urbano più consistente. Simmaco volle dedicare alla Vergine questo grandioso tempio strutturato, originariamente, in tre navate, ampliato poi nel 787 da Arechi II, arricchito dell’abside nel 1666 da Decio del Balzo, trasformato e restaurato più volte nel corso dei secoli. Sulla lunga facciata, in stile neoclassico, si aprono tre portali; un grande stemma orna quello mediano; sopra vi è un finestrone e, ancora più in alto, si ammira la statua della Madonna tra angeli. Incorporato, a sinistra, si eleva in tutta la sua possanza il tozzo campanile parzialmente rivestito di pietra calcarea bianca. L'interno della chiesa è a cinque navate divise da 51 antiche colonne, diverse nella forma e nel materiale, quasi tutte ornate da capitelli corinzi. L’abside, sopraelevata di circa un metro rispetto al piano di calpestio della chiesa, rivela anch'essa i segni delle trasformazioni attuate dal XVIII sec. ad oggi. Poggiato su tre grandi gradini, l’altare di marmo vivacemente policromo è decorato con riquadri geometrici e volute; nel paliotto si notano volute e festoni composti a forma di arca, con nel mezzo un ovale con croce gigliata e raggiata. La struttura decorativa prevale sull’impianto architettonico, per cui l’altare rientra nella cultura rococò diffusa a Napoli e dintorni nel Settecento. Sulla parete dietro l'altare, sin dal 1769, si ammira il quadro dell'Assunta, un dipinto su tela opera del pittore napoletano Giacinto Diano. Per esigenze di funzionalità liturgica è stata posizionata, nell’area presbiterale una nuova mensa eucaristica su dei gradini lignei ricoperti da legno e moquette, con il trono centrale e i sedili ai lati dell'abside. Lungo le pareti laterali si snodano una ventina di cappelle, costruite in varie epoche: la più antica, stando ad un'epigrafe, risale al 1551. Fra le numerose opere d’arte che la chiesa contiene vanno ricordati il grande ed elegante ciborio del Sacramento, scolpito, in stile rinascimentale; la statua della Vergine Assunta, patrona della città, in legno di olmo, realizzata dallo scultore Antonio Migliorini; il busto del santo patrono, San Simmaco, inscritto in un medaglione convesso di forma ellittica, opera dello scultore Pasquale Ricca; tutto il vasto patrimonio iconografico di grande valore artistico.
Facciata |
L'aspetto attuale della facciata è il risultato dei lavori eseguiti tra il 1750-59 dal maestro fabbricatore Matteo Aulicino, su progetto del regio ingegnere Luca Vecchione, con la supervisione di Pietro Bernasconi (collaboratore di Luigi Vanvitelli). Nella facciata attuale predomina l'orizzontalità, a causa del braccio meridionale che collega la chiesa al campanile; esso, in realtà, è un muro di cinta che, funzionando da quinta prospettica, crea un organismo continuo, celando le differenti altezze delle navate retrostanti. L'impostazione generale è piuttosto semplice e caratterizzata dalle scansioni verticali delle paraste e dagli aggetti orizzontali dei cornicioni. Il corpo centrale della facciata, leggermente più avanzato e con gli spigoli esterni smussati, è definito in tre ordini o piani: inferiormente, si innalzano sei paraste di stile tuscanico e con la loro massa sporgente inquadrano gli ingressi laterali sormontati da finestre ovulari, mentre al centro si impone il portale maggiore, opera dello scalpellino Carmine Bruno, costituito da una mostra di pietra di Caserta con zoccoli e a volta centinata. Su di esso sovrasta il gruppo scultoreo in stucco, raffigurante due angeli che sorreggono un cartiglio coronato con al centro la figura di S.Simmaco benedicente; sia la porta centrale, sia le laterali (rifinite con mostre di marmo bianco liscio) furono opere dei maestri Carmine Bruno (marmi) e Giuseppe Di Nicola (ferri). Il secondo ordine è costituito da quattro paraste con capitelli ionici, che proseguono le corrispondenti tuscaniche poste al piano inferiore, ma interrotte dal marcato cornicione. Al centro campeggia un grande finestrone arcuato superiormente e sormontato da un timpano curvo dal quale pendono due festoni che esaltano al centro la conchiglia pectens, modello decorativo di scuola vanvitelliana. Il terzo ordine è costituito dall'esile piano prospettico, che accoglie l'edicola della Vergine Assunta, dove è alloggiato il simulacro di Maria. Sull’edicola sovrasta una grande croce in ferro. Il motivo ornamentale dell'impianto della facciata è dato dalle piccole volute laterali poggiate in corrispondenza delle paraste sottostanti e dalla trabeazione lobata dell'edicola. Gli unici elementi decorativi, di stampo naturalistico, sono i festoni di acanto, posti lateralmente al secondo ordine del corpo centrale e due anfore site ai lati estremi del cornicione dell'ultimo ordine. Elementi peculiari della quinta scenica sono le finestre con cornice absidata dal motivo a conchiglia, ripreso dal finestrone centrale. A sinistra si eleva il campanile, di forma quadrata e con un parziale rivestimento in pietra calcarea bianca. |
Coperture |
La copertura, danneggiata dal sisma del 1980, è stata rifatta ed è a falde inclinate. Durante i lavori la Sovrintendenza decise di imbiancare i pannelli decorativi della volta della navata centrale. Dei cinque pannelli solo uno è ancora esistente e visibile: raffigura S. Paolino, vescovo, che, dopo aver profuso i suoi beni per sovvenire all’indigenza dei fedeli afflitti da annosa carestia, vede una matrona che gli presenta i figli affamati. Non avendo più che dare, le dona la sua mula, la sola che gli era rimasta e gli serviva per visitare la diocesi. |
Presbiterio |
Sopraelevata di circa un metro rispetto al piano di calpestio della chiesa, l’abside curvilinea rivela i segni delle trasformazioni attuate nel corso del tempo e della storia della chiesa. Del suo antico arredo restano gli stalli del Capitolo e gli organi ai lati dell'altare, opera entrambi del maestro Nicola Rauso (anno 1786). Il coro ligneo presenta una perfetta simmetria tra i due elaborati per forma, misure, legno; le spalliere sono alte (cm.250) e ornate da rilievi, gli scanni, gli inginocchiatoi e i braccioli sono grandi e comodi, la balaustra è accuratamente intagliata con fregi e intarsi con ricercate decorazioni geometriche. L’organo posto sulla destra dell’abside presenta una balconata con la parte centrale più sporgente decorata con motivi geometrici mistilinei e con un rosone al centro in legno dipinto; le canne ripartite in tre settori, sono in metallo dipinto; l’altro organo a sinistra è finto, solo per simmetria. L'altare maggiore è il risultato del rifacimento del preesistente: per iniziativa ed a spese del primicerio A. Ciccarelli, nel 1777, fu rifatto il monumentale altare maggiore e il pavimento dell'abside (opera del maestro Domenico Aloja). I pezzi di marmo policromo furono lavorati a Napoli e poi mandati a S. Maria, dove furono benedetti nella chiesa il 2.11.1777. Poggiato su tre grandi gradini, l’altare di marmi policromi è decorato con riquadri geometrici e volute. Sul fastigio del ciborio due teste di angeli, ai capialtare due volute; nel paliotto una decorazione a volute e festoni composti a forma di arca, con nel mezzo un ovale con croce gigliata e raggiata. La struttura decorativa prevale sull’impianto architettonico, per cui l’altare rientra nella cultura rococò diffusa a Napoli e dintorni nel Settecento. Il pavimento maiolicato absidale, datato 1856, porta al centro un riquadro incorniciato da motivi vegetali in giallo, bianco, verde, blu. |
Pianta |
La geometria plano-volumetrica della chiesa fa apparire evidente la struttura architettonica coincidente con l’architettura strutturale. Pareti in muratura e colonne sono portanti in ordine alla staticità ma hanno anche ragioni architettoniche e funzionali. La chiesa segue un modello ottenuto mediante l’assemblaggio di un numero limitato di schemi strutturali più semplici e definiti: facciata, arco trionfale, abside, sezioni longitudinali, croce latina, cappelle, sacrestia, ambienti complementari, campanile. I finestroni laterali a forma di campana, di chiara foggia settecentesca, danno armonia e luce al corpo centrale della chiesa. Risulta strutturata a cinque navate con cappelle lungo il perimetro; la struttura presenta volte a crociera ed archi con copertura a falde inclinate sostenute da capriate in legno. |
Cappelle |
Lungo le pareti laterali si snodano una ventina di cappelle, costruite in varie epoche. La più antica, stando ad un'epigrafe, risale al 1551. Il committente, mosso da devozione, volle costruire a spese proprie l’altare della Madonna Addolorata
Particolare menzione merita la Cappella di Santa Maria Suricorum. La sua costruzione fu decisa nel 1620, a testimonianza della particolare devozione popolare alla Madonna e fu eretta sul luogo di due cappelle preesistenti, quelle di S.Michele e S.Martino, effigiati ai lati dell'altare: una lapide, ancora visibile sul pavimento, ne attesta l'esistenza.
Costituisce un corpo a sé stante, rispetto al resto della chiesa, la Cappella della Morte che fu costruita a partire dal 1629, divenendo dal 1754 sede dell'omonima congregazione, fondata con scopi religiosi e di mutuo soccorso. Alla metà del Settecento risalgono il pavimento di maioliche policrome, l'altare, l'organo e il dipinto raffigurante la Deposizione di Cristo, opera del De Mura, datato 1757, commissionato dalla Congrega. Nel vestibolo dell'attigua cappella del Conforto spicca una tavola cinquecentesca, che rappresenta la Madonna col Bambino e i SS. Francesco e Simmaco, di pittore meridionale ignoto.
Lungo la navata destra, meritano un cenno la Cappella del Santissimo (costruita all'inizio dell'Ottocento, che inglobò nell'abside un grande ed elegante ciborio del Sacramento scolpito in marmo, di epoca rinascimentale) e Cappella dell'Assunta (elevata per voto unanime della città, affinché la Vergine liberasse la regione dal colera, nel 1854). |
Campanile |
L'attuale campanile, tra gli anni 1870-75, fu realizzato, su progetto dell’ing. Camillo Rosalba del R. Genio Civile di Terra di Lavoro, dopo la demolizione dell'antica torre campanaria in stato di evidente pericolo di crollo. Esso è a pianta quadrata, la sagoma è tozza e priva di guglia e di altri particolari ornamenti. Sulla base di travertino poggiano tre piani decrescenti di mattoni con aperture simmetriche su tutti e quattro i lati. Di stile eclettico, potrebbe avvicinarsi al gusto neo-romanico: la parte terminale, in alto presenta una serie di caratteristici archetti ciechi, formati da mattoni faccia-vista; di contro, influssi di art nouveau si intravedono nel basamento in pietra chiara locale, il toro presenta una curva appena abbozzata tipica delle forme di fine secolo. Eppure, la caratterizzazione dell'opera è l'estrema semplicità decorativa delle superfici, espressa dall'alternanza di file in blocchi di tufo e mattoni di cotto, da massicci marcapiani e paraste agli angoli di ogni ordine del quadrilatero. Le campane, che si trovano all'ultimo piano del campanile, sono molto antiche: una risale addirittura al 1459, rifusa nel 1660 da un certo Canelli. Il sistema per azionare le campane, in uso fino a qualche decennio fa, è stato sostituito da apparecchiature elettro-meccaniche. |
Pavimenti e pavimentazioni |
Nell’area dell’abside il pavimento fu rifatto completamente nel 1865 a spese di Ferdinando Della Corte, canonico della cattedrale designato tale nel 1845 dal card. Francesco Serra. La grande varietà dei motivi della decorazione compone un disegno complessivo gradevole e vivace, in quanto ogni piastrella presenta cinque elementi compositivi, uno al centro e due ripetuti agli spigoli, formando una sequenza senza soluzione di continuità; dove spicca il nome del committente-benefattore, il rombo centrale sormontato da una corona e contenente una simbologia astrale è circondato da stelle, piante e nuvole ed inscritto in un altro rombo decorato con motivi vegetali (specie foglie). Il pavimento costituisce un prezioso esempio tipico dell’arte pavimentale in maiolica della metà dell’Ottocento, quando già era stata sostituita la tecnica della pavimentazione marmorea. |
Elementi decorativi |
Gli elementi decorativi della chiesa, dalla fondazione fino ad oggi, sono stati molteplici e molte rimaneggiati. Il pezzo più importante ed artisticamente più significativo è il ciborio rinascimentale (XVI sec.) grande bassorilievo in marmo e vernice, impreziosito da bordature in oro zecchino, dal quale spicca una struttura architettonica, rappresentata in prospettiva, raffigurante appunto un tempio nel tempio.
Fra gli arredi e i dipinti degni di nota, si segnalano il fonte battesimale, con catino e pozzetto in marmo, delimitato da un artistico cancelletto in ferro battuto e, in alto, una tela del Battesimo di Cristo; due grandi tele sulle pareti esterne dell'abside, donate nel 1826 dal primicerio Masucci, una raffigurante l'Adorazione (sinistra), l'altra S.Anna e Maria; il busto di A. S. Mazzocchi, sulla sinistra della navata centrale, eseguito nel 1914 da Umberto Buccini; il mezzo busto marmoreo di San Simmaco, opera dello scultore Pasquale Ricca, allievo di C. Angelini ed autore di uno dei leoni del Monumento di piazza dei Martiri a Napoli.
Il presbiterio e la maggior parte delle Cappelle sono delimitate da balaustre di marmi policromi eleganti e finemente intarsiati come pure tutti gli altari (circa 50), alcune cappelle hanno all’ingresso pannelli di bronzo ed angeli di fattura artisticamente rilevante. Nella parete a sinistra, sono stati collocati i frammenti del pavimento battesimale a mosaico risalente all’epoca della costruzione.
Va ricordato il cosiddetto "recinto dei tre altari": l'originalità di questo recinto è nel fatto che è costituito da una grande balaustra di marmo bianco sorretta da piccole colonne allineate su un'unica base. Tre pesanti cancelletti di ferro circondano tre altari rendendoli indipendenti e quasi isolati dal resto della chiesa con funzionalità autonoma. La dotazione e la pertinenza di tale recinto balaustrato appartengono alla Congrega del Corpo di Cristo. I tre altari in marmi policromi commessi a due balze e con un gradino di accesso, molto simili tra loro, sono di fattura settecentesca e presentano in alto al centro i tabernacoli con la porticina d'argento.
Sulla decima colonna della navata sinistra si trova l’affresco della Madonna col Bambino, entrambi con corone d’oro e con un’aureola di stelle e fiori; la Madonna indossa una veste rosso mattone, sulla quale un manto azzurro nasconde le braccia, mentre si vedono le mani che reggono il bambino sul braccio sinistro. L’affresco - datato 1630 - costituisce un’originalità: l’esecuzione su una colonna dell’affresco. |
Volta |
Già nel 1710 la copertura a capriate lignee della navata centrale minacciava la rovina, per cui si rese necessario un intervento di consolidamento "mediante piastre e cavalli" alle travi di sostegno della copertura. Nel 1742 il Capitolo della Collegiata, preso atto che il rimedio era risultato insufficiente, affidò i lavori di rifacimento della copertura principale ai maestri fabbricatori A. Tramunto e M. Aulicino. Si trattò della costruzione di dodici pilastri (o contrafforti) di tufo e mattoni a sostegno della volta (sei lungo i colonnati laterali, quattro a sostegno dell'archivolto, due in fondo alla navata addossati al muro della facciata) e della sostituzione delle capriate lignee della copertura, costruzione del muro di sostegno della volta, rifacimento della volta incannucciata, con particolari procedimenti per lo smontaggio e il montaggio, comprese le rifiniture e le decorazione di tutta la navata centrale. A trasformare radicalmente la primitiva impronta sono i grandi finestroni di forma mistilinea, ricorrente nell'architettura sacra campana del Settecento; in corrispondenza di essi, sotto la trabeazione, tra i due pilastri si inserisce una decorazione in stucco raffigurante un elaborato cartiglio che crea un particolare effetto visivo nel rapporto tra la forma del finestrone, le doppie paraste ai lati, la coppia di archi al piano inferiore, quasi ad assumere la funzione di un pendaglio, appendice decorativa del finestrone. |
Sotterranei |
Vari i tentativi, messi in atto nel tempo, per esplorare i sotterranei della basilica ed individuare la cripta di S.Prisco e la tomba di S. Simmaco. Già nel 1721 l’arc. Mondillo Orsini decise di avviare le ricerche nell’area dell’altare principale, ma si trovarono solo le reliquie dei SS. Stefano ed Agata. Soltanto nel 1980 si procedette ad indagini condotte con metodo scientifico. Attualmente, si conserva un’aula rettangolare, con una volta a cupola, al centro un altare, con decorazioni molto semplici, mentre sulle pareti si trovano le sepolture di cittadini eminenti, in particolare ecclesiastici. La ricostruzione della planimetria dei sotterranei, spesso esplorati con modesti successi, per difficoltà obiettive e per problemi di sicurezza, fu eseguita dal rev. M. Miele il quale affrontò in modo scientifico l’analisi di tutti i cunicoli, i vani e le fosse mortuarie, risultati estesi non solo sotto la intera basilica, ma anche in varie zone limitrofe. |
Interno |
All’interno la chiesa s’innalza su 3 navate lunghe oltre 50 metri; la navata centrale larga 13 metri è divisa con due file di colonne dalle altre 2 più strette. 51 sono le antiche colonne che dividono le 5 navate: esse sono di varia forma e materiale, alcune scanalate, due tortili, ma quasi tutte sormontate da capitelli in stile corinzio; altre colonne, di diametro inferiore, sorreggono il pulpito; tutte le colonne, probabilmente, provengono dallo spoglio dei templi ed edifici, in rovina, esistenti in loco. Sovrastante l’ingresso è il coro, edificato più di cento anni fa, sostenuto da 6 colonne: due intonacate e imbiancate, sono inglobate nella parete; due sono di marmo grigio; due di granito. I finestroni, a forma di campana, portano eleganti vetrate in vetro cattedratico di cui due raffigurano il Cristo Pantocrator (sull’abside) e la Madonna in trono con il Bambino (sul frontone della facciata). Sono frequenti le paraste lungo il perimetro della navata centrale con funzione sia architettonica che strutturale. Oltre alle cinque navate, che conferiscono all'interno un senso di considerevole grandiosità, vi sono numerose cappelle aggiunte. Sopraelevata di circa un metro rispetto al piano di calpestio della chiesa, l'abside è preceduta da due rami di balaustra marmorea opera di Domenico Aloia, maestro marmorario.
Sulla parete dietro l'altare maggiore è collocato il dipinto che rappresenta la Madonna, opera commissionata dal Capitolo nel 1769 al pittore napoletano Giacinto Diano.
Nella parete a sinistra, entrando nella Basilica, sono stati collocati i frammenti del pavimento battesimale a mosaico risalente all’epoca della costruzione. Il pavimento musivo raffigura un intreccio di triangoli legati tra loro come catene ai tre lati, le cui base curvilinee creavano intorno al centro due cerchi concentrici.
Nella navata centrale le più antiche colonne, ma anche più grandi, sono di marmo policromo; delle navate laterali sono più piccole per dimensioni, alcune sono di marmo, altre di pietra. Sulla decima colonna della navata sinistra si nota un affresco raffigurante la Madonna col Bambino.
La cantoria fu costruita con certezza nel Settecento, epoca del rifacimento della facciata. Essa è delimitata sulla navata centrale da due balaustre marmoree del Cinquecento, opera di scuola campana, proveniente, come d’altro canto le colonne che reggono la cantoria, dal duomo di Nola. |
Navata centrale |
Nonostante la veste decorativa - a volte sovrabbondante e frammista di elementi romanici, rinascimentali, barocchi e perfino liberty -quello che predomina ed attrae è la fuga prospettica e ritmica dei colonnati dai variegati fusti marmorei e capitelli, in gran parte corinzi, che esaltano l'originaria sacra atmosfera basilicale. Molto più larga ed alta delle altre, la navata mediana è quella che negli ultimi secoli è stata maggiormente rimaneggiata, tanto da aver mutato il suo aspetto originario e le caratteristiche paleocristiane. I molteplici interventi di consolidamento, eseguiti nel XVIII sec. e culminati nella realizzazione dei pilastri di sostegno della copertura a capriate della navata, hanno notevolmente modificato la struttura primitiva. Tali pilastri, spessi e tozzi, interrompono irrimediabilmente la ritmicità temporo-spaziale e chiaroscurale dell’intercolunnio (arco + colonna) tipica delle basiliche paleocristiane e romaniche, alterando così l'osmosi spaziale dell'intera fabbrica. Nella navata centrale sono significativi i seguenti pezzi: le colonne di epoca romana in marmo venato con capitelli corinzi; gli archi a tutto sesto poggianti sulle colonne; le paraste binate dei pilastri di ordine gigante che sorreggono una pronunciata trabeazione (cornicione) che, grazie alla scomparsa della continuità, ha assunto priorità prospettica nel rapporto con le paraste; il pulpito, balaustrato con marmo policromo, poggia su quattro colonnine tuscaniche di marmo cipollino; la cantoria, costituita da una balconata addossata al muro al di sopra del tamburo d’ingresso principale e sostenuta da due colonne di granito sormontate da capitelli corinzi. Il parapetto è decorato nella parte intermedia con un rilievo in stucco, raffigurante angolati musici e cantori, che suonavano vari strumenti, eseguito dallo scultore Giovanni Palleggiano da Napoli alla fine dell’Ottocento, inaugurato in occasione della festa dell’Assunta del 1915. |
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