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Santa Maria Capua Vetere
Capua
chiesa
parrocchiale
S. Maria Maggiore e S. Simmaco Vescovo
Parrocchia di S. Maria Maggiore e S. Simmaco Vescovo
Facciata; Coperture; Presbiterio; Pianta; Cappelle; Campanile; Pavimenti e pavimentazioni; Elementi decorativi; Volta; Sotterranei; Interno; Navata centrale
presbiterio - aggiunta arredo (1987)
432 - 432(edificazione intero bene); 442 - 442(consacrazione intero bene); 460 - 460(ristrutturazione intero bene); 460 - 460(consacrazione intero bene); 787 - 787(ampliamento nucleo centrale); 881 - 881(trasferimento sede carattere generale); 949 - 949(restauro intero bene); 1301 - 1304(ristrutturazione ed ampliamento intero bene); 1459 - 1459(completamento intero bene); 1548 - 1548(ampliamento intero bene); XVII - XVII(restauro intero bene); XVIII - XVIII(consolidamento intero bene); 1774 - 1778(integrazione abside); 1774 - 1778(sostituzione coro ligneo); 1796 - 1796(restauro facciata); 1805 - 1805(restauro coperture e campanile); 1837 - 1837(commisione statua Santa Matrona); 1856 - 1856(ricostruzione pavimento coro); 1870 - 1870(Dedicazione busto Santo Patrono abside); 1872 - 1872(ricostruzione campanile); 1877 - 1877(ornamentazione intero bene); 1894 - 1894(costruzione cappella di S. Simmaco); 1913 - 1913(restauro Cappella della Vergine Assunta ); 1914 - 1914(inaugurazione busto di bronzo di Alessio Simmaco Mazzocchi); 1937 - 1937(incoronazione della Vergine statua dell’Assunta); 1980 - 1980(rifacimento intero bene); 1992 - 1992(memoriale cappella di S. Simmaco); 1995 - 1995(restauro statua della Vergine)
Chiesa di Santa Maria Maggiore e San Simmaco Vescovo
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa di Santa Maria Maggiore e San Simmaco Vescovo <Santa Maria Capua Vetere>
Altre denominazioni S. Maria Maggiore e S. Simmaco Vescovo
Ambito culturale (ruolo)
maestranze campane (costruzione)
Notizie Storiche

432  (edificazione intero bene)

Nel luglio-agosto 432 iniziò la costruzione della basilica di Santa Maria Maggiore voluta da San Simmaco, vescovo.

442  (consacrazione intero bene)

Il nuovo tempio fu consacrato nel marzo del 442

460  (ristrutturazione intero bene)

Nel luglio 460 la riparazione del tempio, saccheggiato e danneggiato dai Vandali, era stata completata.

460  (consacrazione intero bene)

Sollecitato dall’imperatore di Bisanzio, il papa Leone I consacrò di nuovo la chiesa restaurata: era il 1 agosto 460

787  (ampliamento nucleo centrale)

L’edificio sacro fu ampliato nell’anno 787 da Arechi II, principe di Benevento, in quale fece aggiungere due navate alle tre preesistenti.

881  (trasferimento sede carattere generale)

Nell'anno 881: la sede vescovile fu trasferita nell’anno 881 da Landolfo II nella chiesa di S. Maria Maggiore, ma nel 964 essa ritornò nella nuova Capua. La chiesa di S. Maria Maggiore, però, continuò a mantenere il trono vescovile, il titolo e la funzione di con cattedrale. Gli Arcivescovi Metropoliti di Capua continuarono a tenervi una propria residenza durante i mesi estivi.

949  (restauro intero bene)

Per l’usura del tempo e a causa di un terremoto avvenuto poco tempo prima, la chiesa necessitava di riparazioni. Se ne occupò il diacono Pietro che ordinò al maestro Leone di restaurare il sacro edificio. Una lapide ricorda l’avvenimento (marzo 949).

1301 - 1304 (ristrutturazione ed ampliamento intero bene)

Per favorire la preghiera dei fedeli presso l’antica immagine di Maria Vergine nell’abside a mosaico, fu collocata la statua della Vergine con il bambino in braccio (anno 1300). La chiesa (anni 1301/1304) fu di nuovo riparata quando era vescovo Giovanni di Capua il quale ampliò parte della fabbrica di 5/6 metri abbattendo la parte interna del vestibolo. Lo stesso Vescovo fece costruire il campanile.

1459  (completamento intero bene)

Per volontà di Giordano Gaetano d’Aragona, arcivescovo di Capua, fu installata una campana sul campanile. Sul punto più alto della torre campanaria fu posto un gallo di bronzo, considerato simbolo sacro dell’antica indulgenza concessa alla chiesa di Santa Maria Maggiore e S. Simmaco da papa Leone I in occasione della consacrazione (anno 460)

1548  (ampliamento intero bene)

In uno spazio attiguo al muro laterale della chiesa, acquistato dai Canonici nel 1548, fu costruita una cripta il cui ingresso è posto all’interno della chiesa. Una scala di 30 gradini permette l’accesso all’ambiente sotterraneo che risulta essere molto ampio con volta a botte e archi a tutto sesto. Nelle pareti si aprono delle nicchie di varia grandezza e terminanti con un arco. Sulla parete di fondo è collocato un altare del XVII sec.

XVII  (restauro intero bene)

Nel 1605, per volere del cardinale Roberto Bellarmino, arcivescovo di Capua, oltre al frontespizio e alle pareti sulla navata, fu imbiancata anche la parte inferiore dell’abside dove vi erano 7 affreschi. La spesa dell’imbiancamento fu sostenuta dal nobile sammaritano Decio del Balzo il quale fece aprire una porta al centro dell’abside, sistemare intorno all’altare maggiore il coro cingendolo di balaustre di marmo, allungare la sacrestia situata dietro l’abside. In quello stesso anno furono demoliti 3 lati del quadriportico e un fabbricato risalente all’anno 1000 che, sorgendo nel cortile, ostruiva la vista della chiesa. Nel 1620, per volontà del canonico Morelli che voleva accrescere la devozione del popolo verso la Vergine Maria, furono eliminate due cappelle per far posto alla nuova, dedicata a Santa Maria Suricorum. In questa Cappella, nel 1624, furono realizzate opere in marmo del maestro Costantino Marasi, famoso scultore e marmorario proveniente da Carrara.

XVIII  (consolidamento intero bene)

Per un terremoto verificatosi il 14 marzo 1702, la struttura della chiesa fu soggetta ad alcuni dissesti per cui nacque la necessità di interventi per il restauro. In alcuni documenti conservati presso l’archivio della chiesa si afferma che il tetto era in procinto di crollare minacciando di portarsi dietro altre parti della fabbrica. Il primo restauro si ebbe nel 1710: il tetto fu consolidato con piastre di ferro ed alcuni tiranti. Successive modifiche furono apportate - nel corso del 700 - con profondi lavori di consolidamento e ristrutturazione che modificarono l'aspetto e le dimensioni del sacro edificio e diedero alla chiesa la struttura odierna. La costruzione di sei costole di sostegno fra gli archi delle mura perimetrali della navata maggiore e l'elevazione della grandiosa volta incannucciata provocarono la distruzione dell'antica abside ornata di mosaici paleocristiani del V sec. 1748: Vengono ricostruiti più in alto i 4 finestroni già esistenti per dare spazio alla vo

1774 - 1778 (integrazione abside)

Viene realizzata la balaustra marmorea posta davanti all’altare maggiore, delimitata ai lati da due colonne marmoree su cui furono fissati due grandi candelabri che reggevano una dozzina di candele. Il lavoro fu eseguito dal maestro marmorario Domenico Aloja. Due anni più tardi l’altare maggiore fu rinnovato ed abbellito con i componenti marmorei che furono lavorati nell’officina di Domenico Aloja e, poi, assemblati nel Duomo. Sotto il nuovo altare, benedetto con rito solenne il 2 novembre 1777, furono sistemate le reliquie dei santi ritrovate circa 50 anni prima durante l’esplorazione dei sotterranei voluta da dall’arcivescovo Mondillo Orsini. L’anno successivo (1778) furono completate e decorate le lunette del soffitto della navata centrale.

1774 - 1778 (sostituzione coro ligneo)

Il primicerio Gennaro Mazzocchi e i canonici raccolgono il denaro necessario per la realizzazione del coro ligneo (che sostituì quello più antico) e dell’organo (al lato destro dell’abside). L’opera fu eseguita dai falegnami Nicola Grauso e dai figli Felice e Giovanni provenienti da Maddaloni (CE). Una lapide nell’abside ricorda l’opera.

1796  (restauro facciata)

Il primicerio Nicola Ciccarelli a proprie spese fece restaurare – con intonaco a polvere marmorea - la facciata del Duomo edificata 50 anni prima.

1805  (restauro coperture e campanile)

Il terremoto del 26 Luglio 1805 che colpì gran parte del dell'Italia centro-meridionale danneggiò le strutture della chiesa per cui si dovette intervenire con urgenza e riparare i danni provocati alla copertura della chiesa e all’antico campanile.

1837  (commisione statua Santa Matrona)

La somma di 300 ducati, elargita dal Comune, fu utilizzata per commissionare la statua della Vergine Assunta, patrona della città, che tuttora si ammira nel Duomo. La statua, in legno di olmo, fu realizzata dallo scultore Antonio Migliorini, artista locale. Le parti lavorate sono il viso, le spalle, le braccia (che sono mobili) e le gambe. La statua poggia i piedi su una nuvola realizzata in cartapesta dipinta di bianco e azzurro, con due puttini ai lati e tre teste di cherubini.

1856  (ricostruzione pavimento coro)

Ferdinando della Corte fece ricostruire a sue spese il pavimento del coro realizzato in maiolica dipinta.

1870  (Dedicazione busto Santo Patrono abside)

Il Municipio di S.Maria C.V. , accogliendo i desiderata dei cittadini, dedicò al Patrono S. Simmaco un busto marmoreo che fu collocato sul lato destro dell’arco trionfale dell’abside. Una iscrizione su lastra di marmo ricorda l’avvenimento.

1872  (ricostruzione campanile)

Dopo la demolizione dell'antica torre campanaria (stato della fabbrica redatto in data 28.10.1870 dagli arch. Roberto Aveta e Domenico Di Paoli, da cui risultò l’urgenza di abbatterla per pericolo di crollo) e l’acquisto del terreno da parte del Municipio, fu iniziata la costruzione di un nuovo campanile.

1877  (ornamentazione intero bene)

Nuovi lavori furono effettuati nel Duomo: si allargarono le finestre, si decorò la volta con 5 grandi affreschi racchiusi in dorate cornici mistilinee (realizzati dal pittore Vincenzo Paliotti), si dipinsero - lungo la fascia che correva nella parte alta del tempio – i nomi dei primi vescovi dell’antica Capua e gli anni di durata del loro episcopato secondo la cronologia stilata nel 1872 dal canonico Gabriele Jannelli. In quello stesso anno fu realizzato il pavimento in marmo dell’intera superficie della chiesa a spese di Gaetano Saraceni così come si legge nella lapide commemorativa posta sulla facciata interna, a destra della porta principale.

1894  (costruzione cappella di S. Simmaco)

Dopo due anni di intenso lavoro, il 24 ottobre 1894 fu benedetta la Cappella di S. Simmaco, fatta costruire da Luigi Funaro, nipote del canonico Casimiro Funaro, uomo devotissimo del Santo Patrono.

1913  (restauro Cappella della Vergine Assunta )

Si procedette al restauro della Cappella della Vergine Assunta realizzata durante l’episcopato di Giuseppe Cosenza che benedì la costruzione ultimata nel 1854. I lavori di restauro furono diretti dell’ing. Gaetano Cariati che lasciò la firma incisa sul marmo a sinistra dell’altare centrale. Il 18 ottobre 1913 la Cappella restaurata fu consacrata dal cardinale Gennaro Cosenza, nipote del vescovo succitato.

1914  (inaugurazione busto di bronzo di Alessio Simmaco Mazzocchi)

Nel Duomo fu inaugurato - il 28 aprile 1914 – un busto in bronzo di Alessio Simmaco Mazzocchi, opera pregevole dello scultore Umberto Buccino. È un ritratto “clipeato” (ritratto di un personaggio i cui meriti consentono che sia elevato sugli scudi, massima onorificenza romana) di un uomo sammaritano definito dagli storici del tempo “Miracolo dell’intera Europa letteraria”.

1937  (incoronazione della Vergine statua dell’Assunta)

Ricorrendo il centenario della costruzione della statua dell’Assunta, il 14 agosto 1937 si svolse il rito dell’Incoronazione della Vergine. La statua della Madonna fu incoronata dall’arcivescovo Salvatore Baccarini. Il diadema, realizzato in oro 12 karati, era stato ricavato dalla fusione di una parte degli ex voti d’oro offerti dai fedeli nei tempi passati.

1980  (rifacimento intero bene)

Il terremoto del 23 novembre 1980 provocò notevoli danni al tempio per cui furono necessari lavori di riparazione della chiesa. Le pitture sotto la volta vennero coperte con alcune mani di pittura bianca e le cornici furono dorate.

1992  (memoriale cappella di S. Simmaco)

Il 24 maggio 1992 la Cappella di San Simmaco ospitò il papa Giovanni Paolo II durante la solenne visita, da lui voluta per ricordare il Concilio Mariano, svoltosi a Capua sedici secoli prima, presieduto da Sant’Ambrogio. Qualche anno dopo, sul pilastro destro all’entrata della cappella suddetta è stato sistemato un bassorilievo con l’effigie del Papa, opera dello scultore sammaritano Mario Amendola.

1995  (restauro statua della Vergine)

La statua della Vergine viene colpita da un fulmine. Restaurata in breve tempo, fu riposizionata nella sua sede.
Descrizione

La basilica di Santa Maria Maggiore, sul modello di quella innalzata a Roma da papa Liberio, fu edificata nel 432 da San Simmaco, vescovo di Capua, sulle catacombe e sulla grotta di S. Prisco il che, stando al diritto canonico, giustifica il titolo di basilica (in quanto, appunto, costruita su catacombe). La basilica ebbe vari nomi: il titolo più antico fu “S. Maria Suricorum”, oggi è detta “Santa Maria Maggiore” perché superava le altre chiese della diocesi o perché, trovandosi nella zona meno colpita dalla distruzione dell'anno 841, intorno ad essa si era costituito il nucleo urbano più consistente. Simmaco volle dedicare alla Vergine questo grandioso tempio strutturato, originariamente, in tre navate, ampliato poi nel 787 da Arechi II, arricchito dell’abside nel 1666 da Decio del Balzo, trasformato e restaurato più volte nel corso dei secoli. Sulla lunga facciata, in stile neoclassico, si aprono tre portali; un grande stemma orna quello mediano; sopra vi è un finestrone e, ancora più in alto, si ammira la statua della Madonna tra angeli. Incorporato, a sinistra, si eleva in tutta la sua possanza il tozzo campanile parzialmente rivestito di pietra calcarea bianca. L'interno della chiesa è a cinque navate divise da 51 antiche colonne, diverse nella forma e nel materiale, quasi tutte ornate da capitelli corinzi. L’abside, sopraelevata di circa un metro rispetto al piano di calpestio della chiesa, rivela anch'essa i segni delle trasformazioni attuate dal XVIII sec. ad oggi. Poggiato su tre grandi gradini, l’altare di marmo vivacemente policromo è decorato con riquadri geometrici e volute; nel paliotto si notano volute e festoni composti a forma di arca, con nel mezzo un ovale con croce gigliata e raggiata. La struttura decorativa prevale sull’impianto architettonico, per cui l’altare rientra nella cultura rococò diffusa a Napoli e dintorni nel Settecento. Sulla parete dietro l'altare, sin dal 1769, si ammira il quadro dell'Assunta, un dipinto su tela opera del pittore napoletano Giacinto Diano. Per esigenze di funzionalità liturgica è stata posizionata, nell’area presbiterale una nuova mensa eucaristica su dei gradini lignei ricoperti da legno e moquette, con il trono centrale e i sedili ai lati dell'abside. Lungo le pareti laterali si snodano una ventina di cappelle, costruite in varie epoche: la più antica, stando ad un'epigrafe, risale al 1551. Fra le numerose opere d’arte che la chiesa contiene vanno ricordati il grande ed elegante ciborio del Sacramento, scolpito, in stile rinascimentale; la statua della Vergine Assunta, patrona della città, in legno di olmo, realizzata dallo scultore Antonio Migliorini; il busto del santo patrono, San Simmaco, inscritto in un medaglione convesso di forma ellittica, opera dello scultore Pasquale Ricca; tutto il vasto patrimonio iconografico di grande valore artistico.
Facciata
L'aspetto attuale della facciata è il risultato dei lavori eseguiti tra il 1750-59 dal maestro fabbricatore Matteo Aulicino, su progetto del regio ingegnere Luca Vecchione, con la supervisione di Pietro Bernasconi (collaboratore di Luigi Vanvitelli). Nella facciata attuale predomina l'orizzontalità, a causa del braccio meridionale che collega la chiesa al campanile; esso, in realtà, è un muro di cinta che, funzionando da quinta prospettica, crea un organismo continuo, celando le differenti altezze delle navate retrostanti. L'impostazione generale è piuttosto semplice e caratterizzata dalle scansioni verticali delle paraste e dagli aggetti orizzontali dei cornicioni. Il corpo centrale della facciata, leggermente più avanzato e con gli spigoli esterni smussati, è definito in tre ordini o piani: inferiormente, si innalzano sei paraste di stile tuscanico e con la loro massa sporgente inquadrano gli ingressi laterali sormontati da finestre ovulari, mentre al centro si impone il portale maggiore, opera dello scalpellino Carmine Bruno, costituito da una mostra di pietra di Caserta con zoccoli e a volta centinata. Su di esso sovrasta il gruppo scultoreo in stucco, raffigurante due angeli che sorreggono un cartiglio coronato con al centro la figura di S.Simmaco benedicente; sia la porta centrale, sia le laterali (rifinite con mostre di marmo bianco liscio) furono opere dei maestri Carmine Bruno (marmi) e Giuseppe Di Nicola (ferri). Il secondo ordine è costituito da quattro paraste con capitelli ionici, che proseguono le corrispondenti tuscaniche poste al piano inferiore, ma interrotte dal marcato cornicione. Al centro campeggia un grande finestrone arcuato superiormente e sormontato da un timpano curvo dal quale pendono due festoni che esaltano al centro la conchiglia pectens, modello decorativo di scuola vanvitelliana. Il terzo ordine è costituito dall'esile piano prospettico, che accoglie l'edicola della Vergine Assunta, dove è alloggiato il simulacro di Maria. Sull’edicola sovrasta una grande croce in ferro. Il motivo ornamentale dell'impianto della facciata è dato dalle piccole volute laterali poggiate in corrispondenza delle paraste sottostanti e dalla trabeazione lobata dell'edicola. Gli unici elementi decorativi, di stampo naturalistico, sono i festoni di acanto, posti lateralmente al secondo ordine del corpo centrale e due anfore site ai lati estremi del cornicione dell'ultimo ordine. Elementi peculiari della quinta scenica sono le finestre con cornice absidata dal motivo a conchiglia, ripreso dal finestrone centrale. A sinistra si eleva il campanile, di forma quadrata e con un parziale rivestimento in pietra calcarea bianca.
Coperture
La copertura, danneggiata dal sisma del 1980, è stata rifatta ed è a falde inclinate. Durante i lavori la Sovrintendenza decise di imbiancare i pannelli decorativi della volta della navata centrale. Dei cinque pannelli solo uno è ancora esistente e visibile: raffigura S. Paolino, vescovo, che, dopo aver profuso i suoi beni per sovvenire all’indigenza dei fedeli afflitti da annosa carestia, vede una matrona che gli presenta i figli affamati. Non avendo più che dare, le dona la sua mula, la sola che gli era rimasta e gli serviva per visitare la diocesi.
Presbiterio
Sopraelevata di circa un metro rispetto al piano di calpestio della chiesa, l’abside curvilinea rivela i segni delle trasformazioni attuate nel corso del tempo e della storia della chiesa. Del suo antico arredo restano gli stalli del Capitolo e gli organi ai lati dell'altare, opera entrambi del maestro Nicola Rauso (anno 1786). Il coro ligneo presenta una perfetta simmetria tra i due elaborati per forma, misure, legno; le spalliere sono alte (cm.250) e ornate da rilievi, gli scanni, gli inginocchiatoi e i braccioli sono grandi e comodi, la balaustra è accuratamente intagliata con fregi e intarsi con ricercate decorazioni geometriche. L’organo posto sulla destra dell’abside presenta una balconata con la parte centrale più sporgente decorata con motivi geometrici mistilinei e con un rosone al centro in legno dipinto; le canne ripartite in tre settori, sono in metallo dipinto; l’altro organo a sinistra è finto, solo per simmetria. L'altare maggiore è il risultato del rifacimento del preesistente: per iniziativa ed a spese del primicerio A. Ciccarelli, nel 1777, fu rifatto il monumentale altare maggiore e il pavimento dell'abside (opera del maestro Domenico Aloja). I pezzi di marmo policromo furono lavorati a Napoli e poi mandati a S. Maria, dove furono benedetti nella chiesa il 2.11.1777. Poggiato su tre grandi gradini, l’altare di marmi policromi è decorato con riquadri geometrici e volute. Sul fastigio del ciborio due teste di angeli, ai capialtare due volute; nel paliotto una decorazione a volute e festoni composti a forma di arca, con nel mezzo un ovale con croce gigliata e raggiata. La struttura decorativa prevale sull’impianto architettonico, per cui l’altare rientra nella cultura rococò diffusa a Napoli e dintorni nel Settecento. Il pavimento maiolicato absidale, datato 1856, porta al centro un riquadro incorniciato da motivi vegetali in giallo, bianco, verde, blu.
Pianta
La geometria plano-volumetrica della chiesa fa apparire evidente la struttura architettonica coincidente con l’architettura strutturale. Pareti in muratura e colonne sono portanti in ordine alla staticità ma hanno anche ragioni architettoniche e funzionali. La chiesa segue un modello ottenuto mediante l’assemblaggio di un numero limitato di schemi strutturali più semplici e definiti: facciata, arco trionfale, abside, sezioni longitudinali, croce latina, cappelle, sacrestia, ambienti complementari, campanile. I finestroni laterali a forma di campana, di chiara foggia settecentesca, danno armonia e luce al corpo centrale della chiesa. Risulta strutturata a cinque navate con cappelle lungo il perimetro; la struttura presenta volte a crociera ed archi con copertura a falde inclinate sostenute da capriate in legno.
Cappelle
Lungo le pareti laterali si snodano una ventina di cappelle, costruite in varie epoche. La più antica, stando ad un'epigrafe, risale al 1551. Il committente, mosso da devozione, volle costruire a spese proprie l’altare della Madonna Addolorata Particolare menzione merita la Cappella di Santa Maria Suricorum. La sua costruzione fu decisa nel 1620, a testimonianza della particolare devozione popolare alla Madonna e fu eretta sul luogo di due cappelle preesistenti, quelle di S.Michele e S.Martino, effigiati ai lati dell'altare: una lapide, ancora visibile sul pavimento, ne attesta l'esistenza. Costituisce un corpo a sé stante, rispetto al resto della chiesa, la Cappella della Morte che fu costruita a partire dal 1629, divenendo dal 1754 sede dell'omonima congregazione, fondata con scopi religiosi e di mutuo soccorso. Alla metà del Settecento risalgono il pavimento di maioliche policrome, l'altare, l'organo e il dipinto raffigurante la Deposizione di Cristo, opera del De Mura, datato 1757, commissionato dalla Congrega. Nel vestibolo dell'attigua cappella del Conforto spicca una tavola cinquecentesca, che rappresenta la Madonna col Bambino e i SS. Francesco e Simmaco, di pittore meridionale ignoto. Lungo la navata destra, meritano un cenno la Cappella del Santissimo (costruita all'inizio dell'Ottocento, che inglobò nell'abside un grande ed elegante ciborio del Sacramento scolpito in marmo, di epoca rinascimentale) e Cappella dell'Assunta (elevata per voto unanime della città, affinché la Vergine liberasse la regione dal colera, nel 1854).
Campanile
L'attuale campanile, tra gli anni 1870-75, fu realizzato, su progetto dell’ing. Camillo Rosalba del R. Genio Civile di Terra di Lavoro, dopo la demolizione dell'antica torre campanaria in stato di evidente pericolo di crollo. Esso è a pianta quadrata, la sagoma è tozza e priva di guglia e di altri particolari ornamenti. Sulla base di travertino poggiano tre piani decrescenti di mattoni con aperture simmetriche su tutti e quattro i lati. Di stile eclettico, potrebbe avvicinarsi al gusto neo-romanico: la parte terminale, in alto presenta una serie di caratteristici archetti ciechi, formati da mattoni faccia-vista; di contro, influssi di art nouveau si intravedono nel basamento in pietra chiara locale, il toro presenta una curva appena abbozzata tipica delle forme di fine secolo. Eppure, la caratterizzazione dell'opera è l'estrema semplicità decorativa delle superfici, espressa dall'alternanza di file in blocchi di tufo e mattoni di cotto, da massicci marcapiani e paraste agli angoli di ogni ordine del quadrilatero. Le campane, che si trovano all'ultimo piano del campanile, sono molto antiche: una risale addirittura al 1459, rifusa nel 1660 da un certo Canelli. Il sistema per azionare le campane, in uso fino a qualche decennio fa, è stato sostituito da apparecchiature elettro-meccaniche.
Pavimenti e pavimentazioni
Nell’area dell’abside il pavimento fu rifatto completamente nel 1865 a spese di Ferdinando Della Corte, canonico della cattedrale designato tale nel 1845 dal card. Francesco Serra. La grande varietà dei motivi della decorazione compone un disegno complessivo gradevole e vivace, in quanto ogni piastrella presenta cinque elementi compositivi, uno al centro e due ripetuti agli spigoli, formando una sequenza senza soluzione di continuità; dove spicca il nome del committente-benefattore, il rombo centrale sormontato da una corona e contenente una simbologia astrale è circondato da stelle, piante e nuvole ed inscritto in un altro rombo decorato con motivi vegetali (specie foglie). Il pavimento costituisce un prezioso esempio tipico dell’arte pavimentale in maiolica della metà dell’Ottocento, quando già era stata sostituita la tecnica della pavimentazione marmorea.
Elementi decorativi
Gli elementi decorativi della chiesa, dalla fondazione fino ad oggi, sono stati molteplici e molte rimaneggiati. Il pezzo più importante ed artisticamente più significativo è il ciborio rinascimentale (XVI sec.) grande bassorilievo in marmo e vernice, impreziosito da bordature in oro zecchino, dal quale spicca una struttura architettonica, rappresentata in prospettiva, raffigurante appunto un tempio nel tempio. Fra gli arredi e i dipinti degni di nota, si segnalano il fonte battesimale, con catino e pozzetto in marmo, delimitato da un artistico cancelletto in ferro battuto e, in alto, una tela del Battesimo di Cristo; due grandi tele sulle pareti esterne dell'abside, donate nel 1826 dal primicerio Masucci, una raffigurante l'Adorazione (sinistra), l'altra S.Anna e Maria; il busto di A. S. Mazzocchi, sulla sinistra della navata centrale, eseguito nel 1914 da Umberto Buccini; il mezzo busto marmoreo di San Simmaco, opera dello scultore Pasquale Ricca, allievo di C. Angelini ed autore di uno dei leoni del Monumento di piazza dei Martiri a Napoli. Il presbiterio e la maggior parte delle Cappelle sono delimitate da balaustre di marmi policromi eleganti e finemente intarsiati come pure tutti gli altari (circa 50), alcune cappelle hanno all’ingresso pannelli di bronzo ed angeli di fattura artisticamente rilevante. Nella parete a sinistra, sono stati collocati i frammenti del pavimento battesimale a mosaico risalente all’epoca della costruzione. Va ricordato il cosiddetto "recinto dei tre altari": l'originalità di questo recinto è nel fatto che è costituito da una grande balaustra di marmo bianco sorretta da piccole colonne allineate su un'unica base. Tre pesanti cancelletti di ferro circondano tre altari rendendoli indipendenti e quasi isolati dal resto della chiesa con funzionalità autonoma. La dotazione e la pertinenza di tale recinto balaustrato appartengono alla Congrega del Corpo di Cristo. I tre altari in marmi policromi commessi a due balze e con un gradino di accesso, molto simili tra loro, sono di fattura settecentesca e presentano in alto al centro i tabernacoli con la porticina d'argento. Sulla decima colonna della navata sinistra si trova l’affresco della Madonna col Bambino, entrambi con corone d’oro e con un’aureola di stelle e fiori; la Madonna indossa una veste rosso mattone, sulla quale un manto azzurro nasconde le braccia, mentre si vedono le mani che reggono il bambino sul braccio sinistro. L’affresco - datato 1630 - costituisce un’originalità: l’esecuzione su una colonna dell’affresco.
Volta
Già nel 1710 la copertura a capriate lignee della navata centrale minacciava la rovina, per cui si rese necessario un intervento di consolidamento "mediante piastre e cavalli" alle travi di sostegno della copertura. Nel 1742 il Capitolo della Collegiata, preso atto che il rimedio era risultato insufficiente, affidò i lavori di rifacimento della copertura principale ai maestri fabbricatori A. Tramunto e M. Aulicino. Si trattò della costruzione di dodici pilastri (o contrafforti) di tufo e mattoni a sostegno della volta (sei lungo i colonnati laterali, quattro a sostegno dell'archivolto, due in fondo alla navata addossati al muro della facciata) e della sostituzione delle capriate lignee della copertura, costruzione del muro di sostegno della volta, rifacimento della volta incannucciata, con particolari procedimenti per lo smontaggio e il montaggio, comprese le rifiniture e le decorazione di tutta la navata centrale. A trasformare radicalmente la primitiva impronta sono i grandi finestroni di forma mistilinea, ricorrente nell'architettura sacra campana del Settecento; in corrispondenza di essi, sotto la trabeazione, tra i due pilastri si inserisce una decorazione in stucco raffigurante un elaborato cartiglio che crea un particolare effetto visivo nel rapporto tra la forma del finestrone, le doppie paraste ai lati, la coppia di archi al piano inferiore, quasi ad assumere la funzione di un pendaglio, appendice decorativa del finestrone.
Sotterranei
Vari i tentativi, messi in atto nel tempo, per esplorare i sotterranei della basilica ed individuare la cripta di S.Prisco e la tomba di S. Simmaco. Già nel 1721 l’arc. Mondillo Orsini decise di avviare le ricerche nell’area dell’altare principale, ma si trovarono solo le reliquie dei SS. Stefano ed Agata. Soltanto nel 1980 si procedette ad indagini condotte con metodo scientifico. Attualmente, si conserva un’aula rettangolare, con una volta a cupola, al centro un altare, con decorazioni molto semplici, mentre sulle pareti si trovano le sepolture di cittadini eminenti, in particolare ecclesiastici. La ricostruzione della planimetria dei sotterranei, spesso esplorati con modesti successi, per difficoltà obiettive e per problemi di sicurezza, fu eseguita dal rev. M. Miele il quale affrontò in modo scientifico l’analisi di tutti i cunicoli, i vani e le fosse mortuarie, risultati estesi non solo sotto la intera basilica, ma anche in varie zone limitrofe.
Interno
All’interno la chiesa s’innalza su 3 navate lunghe oltre 50 metri; la navata centrale larga 13 metri è divisa con due file di colonne dalle altre 2 più strette. 51 sono le antiche colonne che dividono le 5 navate: esse sono di varia forma e materiale, alcune scanalate, due tortili, ma quasi tutte sormontate da capitelli in stile corinzio; altre colonne, di diametro inferiore, sorreggono il pulpito; tutte le colonne, probabilmente, provengono dallo spoglio dei templi ed edifici, in rovina, esistenti in loco. Sovrastante l’ingresso è il coro, edificato più di cento anni fa, sostenuto da 6 colonne: due intonacate e imbiancate, sono inglobate nella parete; due sono di marmo grigio; due di granito. I finestroni, a forma di campana, portano eleganti vetrate in vetro cattedratico di cui due raffigurano il Cristo Pantocrator (sull’abside) e la Madonna in trono con il Bambino (sul frontone della facciata). Sono frequenti le paraste lungo il perimetro della navata centrale con funzione sia architettonica che strutturale. Oltre alle cinque navate, che conferiscono all'interno un senso di considerevole grandiosità, vi sono numerose cappelle aggiunte. Sopraelevata di circa un metro rispetto al piano di calpestio della chiesa, l'abside è preceduta da due rami di balaustra marmorea opera di Domenico Aloia, maestro marmorario. Sulla parete dietro l'altare maggiore è collocato il dipinto che rappresenta la Madonna, opera commissionata dal Capitolo nel 1769 al pittore napoletano Giacinto Diano. Nella parete a sinistra, entrando nella Basilica, sono stati collocati i frammenti del pavimento battesimale a mosaico risalente all’epoca della costruzione. Il pavimento musivo raffigura un intreccio di triangoli legati tra loro come catene ai tre lati, le cui base curvilinee creavano intorno al centro due cerchi concentrici. Nella navata centrale le più antiche colonne, ma anche più grandi, sono di marmo policromo; delle navate laterali sono più piccole per dimensioni, alcune sono di marmo, altre di pietra. Sulla decima colonna della navata sinistra si nota un affresco raffigurante la Madonna col Bambino. La cantoria fu costruita con certezza nel Settecento, epoca del rifacimento della facciata. Essa è delimitata sulla navata centrale da due balaustre marmoree del Cinquecento, opera di scuola campana, proveniente, come d’altro canto le colonne che reggono la cantoria, dal duomo di Nola.
Navata centrale
Nonostante la veste decorativa - a volte sovrabbondante e frammista di elementi romanici, rinascimentali, barocchi e perfino liberty -quello che predomina ed attrae è la fuga prospettica e ritmica dei colonnati dai variegati fusti marmorei e capitelli, in gran parte corinzi, che esaltano l'originaria sacra atmosfera basilicale. Molto più larga ed alta delle altre, la navata mediana è quella che negli ultimi secoli è stata maggiormente rimaneggiata, tanto da aver mutato il suo aspetto originario e le caratteristiche paleocristiane. I molteplici interventi di consolidamento, eseguiti nel XVIII sec. e culminati nella realizzazione dei pilastri di sostegno della copertura a capriate della navata, hanno notevolmente modificato la struttura primitiva. Tali pilastri, spessi e tozzi, interrompono irrimediabilmente la ritmicità temporo-spaziale e chiaroscurale dell’intercolunnio (arco + colonna) tipica delle basiliche paleocristiane e romaniche, alterando così l'osmosi spaziale dell'intera fabbrica. Nella navata centrale sono significativi i seguenti pezzi: le colonne di epoca romana in marmo venato con capitelli corinzi; gli archi a tutto sesto poggianti sulle colonne; le paraste binate dei pilastri di ordine gigante che sorreggono una pronunciata trabeazione (cornicione) che, grazie alla scomparsa della continuità, ha assunto priorità prospettica nel rapporto con le paraste; il pulpito, balaustrato con marmo policromo, poggia su quattro colonnine tuscaniche di marmo cipollino; la cantoria, costituita da una balconata addossata al muro al di sopra del tamburo d’ingresso principale e sostenuta da due colonne di granito sormontate da capitelli corinzi. Il parapetto è decorato nella parte intermedia con un rilievo in stucco, raffigurante angolati musici e cantori, che suonavano vari strumenti, eseguito dallo scultore Giovanni Palleggiano da Napoli alla fine dell’Ottocento, inaugurato in occasione della festa dell’Assunta del 1915.
Adeguamento liturgico

presbiterio - aggiunta arredo (1987)
Il presbiterio fu ristrutturato nel 1987 secondo un’impostazione tipicamente neocatecumenale: in avanti – oltre la sede del Presidente – l’ambone in posizione centrale; ancora più avanzata e centrale la collocazione della mensa eucaristica. Il tutto posizionato su un’alta pedana coperta da moquette rossa.
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