chiese italiane censimento chiese edifici di culto edifici sacri beni immobili patrimonio ecclesiastico beni culturali ecclesiastici beni culturali della Chiesa cattolica edilizia di culto restauro adeguamento liturgico Milano Milano chiesa rettoria S. Raffaele Parrocchia di Santa Maria della Scala in San Fedele Impianto strutturale; Opere d'arte; Opere d'arte contemporanea presbiterio - aggiunta arredo (2014) IX - 903(preesistenze intero bene); 1117 - 1119(ricostruzione e consacrazione intero bene); 1569 - XVII(ricostruzione intero bene); XVII - 1673(completamento intero bene e facciata); 1741 - 1741(decorazione cappelle); 1751 - 1758(costruzione altare maggiore); 1833 - 1833(modifica aperture facciata); 1892 - 1892(costruzione facciata); 1990 - 2006(restauro conservativo intero bene); 2014 - 2014(adeguamento liturgico presbiterio)
Chiesa di San Raffaele
Tipologia e qualificazione
chiesa rettoria
Denominazione
Chiesa di San Raffaele <Milano>
Altre denominazioni
S. Raffaele
Autore (ruolo)
Alessi, Galeazzo (facciata)
Cesa Bianchi, Paolo (modifica lunette sulla facciata)
Cesa Bianchi, Paolo (facciata)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lombarde (costruzione e decorazione)
Notizie Storiche
IX - 903 (preesistenze intero bene)
Nel 903, l’arcivescovo milanese Andrea I da Canziano dispose, per lascito testamentario, che una casa e altri beni posti tra la cattedrale del Duomo di Milano e il monastero detto di Vigelinda (poi di santa Radegonda) fosse destinato a ospedale per i poveri. Nell’ambito del compendio, acquistato per permuta dall’abate Gaidolfo del monastero di Sant’Ambrogio, già esisteva una piccola chiesa “quae dicitur aestiva”, in onore dell’arcangelo Raffaele. Un luogo di culto nella località esisteva, dunque, sin dal IX sec.. anche se è incerta la possibilità di retrocederne la fondazione sino all’836, ovvero nell’ambito della ricostruzione voluta dall’arcivescovo Angilberto II della metropolitana e di altri edifici religiosi disposti a corona attorno al centro spirituale della città.
1117 - 1119 (ricostruzione e consacrazione intero bene)
La cura del complesso fu affidata al nipote Varimperto che, divenuto arcivescovo col nome di Gariberto di Besana (tra il 918 e il 921), vi fu sepolto. In seguito i beni passarono nelle mani delle monache di S. Salvatore di Vigelinda che, secondo quanto afferma Giorgio Giulini, conservarono, anche quando lo xenodochio scomparve, il diritto di eleggere il parroco della chiesa almeno sino al tempo di Carlo Borromeo. L’edificio sacro fu danneggiato da un incendio nel 1113 e da un terremoto nel 1117. Ne seguì una ricostruzione in forme non documentate culminata nella solenne consacrazione celebrata il 14 ottobre del 1119 dal vescovo Giordano da Clivio.
1569 - XVII (ricostruzione intero bene)
Dalla seconda metà del XVI secolo la chiesa fu sottoposta a un rifacimento generale, in linea con la stagione dell’edilizia sacra milanese della Controriforma. La scuola del Santissimo Sacramento, che aveva sede nella chiesa, fu protagonista dell’azione di riforma, mentre l’elevazione in parrocchia (con l’aggregazione della chiesa di S. Simpliciano) per ordine di Carlo Borromeo nel 1569 agì da ulteriore stimolo per l’avvio delle operazioni. Nel 1576 i fabbricieri della confraternita riuscirono ad acquistare dalle monache di S. Radegonda una casa e un terreno necessari per l’ampliamento della cappella maggiore e alla costruzione del campanile. Due anni dopo la scuola acquisì altri terreni utili alla causa. I lavori di ricostruzione, tuttavia, iniziarono solo nel 1579, sospesi a causa di un’ondata pestilenziale. Nel 1580 fu completata la navata laterale nord, mentre non è chiaro quando effettivamente sia stato chiuso il cantiere, prolungatosi certamente nei primi decenni del XVII sec.
XVII - 1673 (completamento intero bene e facciata)
Circa le date di chiusura lavori le fonti sono incerte tra il 1617 o il 1633. In ogni caso la facciata, in costruzione a partire dal 1580 (Malaguzzi-Valeri, cit. in Bascapè-Mezzanotte), fu completata limitatamente all’ordine inferiore nel corso del XVII sec. e tale rimase sino al XIX sec. La decorazione della “Porta Maggiore” fu ultimata, addirittura, nel 1673 (Torre, 1674: “fu l’anno trascorso […] dato finimento”). Una lunga tradizione attributiva riferiva il disegno del prospetto a Pellegrino Tibaldi, ma è stata messa in discussione nella seconda metà del Novecento quando, anche se non concordemente, gli studi si sono orientati verso la figura di Gaetano Alessi, attribuzione che (seppur sempre in via cautelativa) ha preso corpo grazie alla prima monografica dedicata all’architetto nel 1974 (De Negri).
1741 (decorazione cappelle)
Nella chiesa erano posti sepolcri di nobili famiglie milanesi: Gallerani, Bovisio, Clerici e di Terenzio Codulcino. Nel 1741 venne decorata la cappella della Vergine dei Sette Dolori a spese di Benedetto Castellazzi, con ancona di marmi e vetri di Venezia e “… con pittura in forma lodevole a fresco almeno dal commissare a basso … e finimenti alle cornici pure a oro e fatte riparazioni nella cappella di San Girolamo prima a sinistra”.
1751 - 1758 (costruzione altare maggiore)
Nel 1751 il parroco e la scuola del Santissimo Sacramento commissionarono un nuovo altare maggiore di marmo, che fu completato e benedetto nello stesso anno. A seguire, nel 1758, fu rifatto il pavimento della chiesa. Pochi decenni ancora, e nel 1787 la parrocchia di San Raffaele fu soppressa e la chiesa divenne sussidiaria del Duomo di Milano.
1833 (modifica aperture facciata)
Il fondo Ornato Fabbriche (I serie, cart. 15) dell'Archivio del comune di Milano consente di documentare un intervento dell'architetto Giuseppe Pollack sulla facciata della chiesa per l'apertura di due lunette sopra i portali laterali. L'intervento, certo di poco conto, contribuisce tuttavia e delineare meglio la portata del disegno originario (di Alessi o di Pellegrini che fosse), che non prevedeva lunette o finestre sopra i portali del piano terreno.
1892 (costruzione facciata)
Nel 1892 fu finalmente completato l’ordine superiore della facciata. Il progetto fu predisposto dall’architetto del Duomo, Paolo Cesa Bianchi, che, non conoscendo il disegno originale (oggi noto e conservato nell'archivio di Stato di Novara, coll. De Pagave, disegni), eseguì un piano in evidente contrasto con quello inferiore, utilizzando, per scarsità di mezzi finanziari, una finestra rettangolare con frontone a triangolo, sostenuta da due colonne ioniche con fusto di macchiavecchia, alcuni bassorilievi barocchi e un erma di marmo di Candoglia, donati dalla Fabbrica del Duomo. Il cantiere precedette di poco un tentativo di demolizione del tempio, andato a vuoto grazie al risoluto intervento della Società Storica Lombarda nel 1902 e alla sensibilità del sindaco, Gaetano Negri. Identico tentativo fu sventato nel secondo dopoguerra quando la chiesa (seppur riparata dopo i bombardamenti e riaperta al culto nel 1948) fu ancora una volta minacciata di demolizione.
1990 - 2006 (restauro conservativo intero bene)
Tra il 1990 e il 2001 la chiesa è sottoposta a un restauro conservativo complessivo, a partire dalla facciata. Nel 2003 viene istallata una porta di vetro intermedia nella bussola d’ingresso, in funzione antirumore. Nel 2005 viene rimossa la pavimentazione per creare il riscaldamento a pavimento. L’anno seguente fu restaurata la cappella ‘della Guastalla’.
2014 (adeguamento liturgico presbiterio)
Nel 2014 fu adeguata l’area presbiteriale. Tra il 2013 e il 2016 la chiesa è stata arricchita con una Via Crucis dell’artista palestinese Emily Jacir.
Descrizione
La chiesa di San Raffaele è orientata in direzione est-ovest sul filo della via omonima, affiancata da entrambe le parti da due imponenti edifici frutto di interventi otto e novecenteschi. È uno dei sei luoghi di culto che circondavano Santa Maria Maggiore, oggi Duomo di Milano, e rimane uno dei pochi tasselli per ricostruire idealmente la più antica topografia urbanistica e spirituale delle sei chiese minori che sorgevano intorno alla cattedrale, forse originariamente edificate intorno all'anno 835 per opera dell'arcivescovo Angilberto II. Delle sei chiese minori sopravviverebbero oggi anche S. Gottardo in Corte, forse S. Giovanni alle Fonti, mentre sono perduti i luoghi sacri dedicati agli altri arcangeli: Gabriele, Michele e Uriele. L’edificio si presenta come l’esito di una completa ricostruzione progettata allo scorcio del XVI sec. e messa in cantiere nel secolo successivo. La facciata principale, in pietra d’Angera, è suddivisa in due ordini: l’inferiore è coevo alla ricostruzione cinque/seicentesca; quello superiore si deve a un tentativo di integrazione ottocentesca. L’ordine inferiore si articola in tre portali intervallati da lesene scanalate e rastremate verso il basso, sormontate da imponenti erme che sorreggono la trabeazione. Il portone principale è di dimensioni maggiori ed è concluso da un timpano arcuato. Al di là delle ipotesi attributive che ancora animano il dibattito (recentemente il riferimento a Galeazzo Alessi prevale sulla consolidata tradizione che individuava in Pellegrino Tibaldi l’autore del disegno), questo settore del prospetto, “di severa grandiosità, colle figure terminali di donna, da meritare lo studio degli artisti e di quanti amano la bella architettura” (Romussi), “pezzo grandioso e pieno di originalità” (Mongeri, cit. in Bascapè-Mezzanotte), è certamente l’elemento più significativo dell’intera chiesa. Non sfuggì a Stendhal, che lo definì il più potente saggio di architettura rinascimentale che Milano potesse vantare (cit. in De Finetti) e neppure a William Turner che, in transito per il capoluogo lombardo, non mancò di fissarne scorci prospettici e alcuni dettagli decorativi sul suo quaderno di viaggio, nel gennaio 1829. L’interno si sviluppa in un corpo unico a tre navate e cinque campate, concluso da una zona absidale quadrangolare sulla quale si aprono due vani laterali, accessibili anche dalle navate laterali. Le campate sono scandite sulle pareti da lesene doriche dalle quali partono archi a tutto sesto che si congiungono con le colonne di granito della navata centrale Queste sono sormontate da un fregio classicheggiante con metope e triglifi e da una cornice fortemente aggettante. Il soffitto della navata è voltato ed è scandito con archi traversi in corrispondenza della partizione in campate. La zona presbiteriale è innalzata di cinque gradini rispetto alle navate e si orna di un monumentale altare tridentino settecentesco in marmi, che ora funge da tabernacolo, ed di un altare moderno, collocato sulla parete di fondo dell’abside e innalzato di ulteriori tre gradini. All’altezza della terza campata si aprono due cappelle laterali voltate a botte, introdotte da arcate a tutto sesto, rialzate di due gradini e racchiuse da una balaustra marmorea. La cappella di destra è dedicata a san Raffaele, quella di sinistra alla Madonna.
Impianto strutturale
Edificio in muratura continua, voltato internamente e ricoperto da un tetto a due falde esternamente. I pilastri sono in granito, svolgono funzione strutturale e sorreggono la volta. Il presbiterio, di forma quadrangolare, ha una volta a crociera affrescata. La navata è interrotta da due cappelle laterali rettangolari voltate a botte.
Opere d'arte
I riferimenti al santo titolare, san Raffaele, sono sviluppati in particolare dal "San Matteo e l'angelo" di Ambrogio Figino (1587 circa), opera già celebrata dal Longhi tra quelle di ispirazione per le opere romane di Caravaggio. Ai lati del presbiterio, invece, si fronteggiano il “Sogno di Elia”, del Morazzone (databile tra il 1616 e il 1618), e “Gionata rompe il digiuno”, del Cerano (1618). Le opere, forse, provengono da una medesima commissione e rispondono, poste come sono ai lati del presbiterio, a un preciso programma iconografico incentrato sull'eucarestia, "che ben si colloca nel contesto di una chiesa esclusivamente dedicata all'adorazione giornaliera e continuata della S.S. Eucarestia" (Ghiglione, cit. in Zani), secondo una tradizione mai interrotta e che ancora oggi caratterizza la ritualità di S. Raffaele.
Opere d'arte contemporanea
Tra il 2013 e il 2016 la chiesa è stata arricchita con una Via Crucis dell’artista palestinese Emily Jacir. Commissionata dalla fondazione ArtAche, l’opera si presenta come meditazione sull’esodo e sulla crisi dei rifugiati. La Via Crucis di Jacir “è un’altra storia narrata attraverso gli oggetti. Organizzata secondo lo schema delle 14 stazioni [con] teche lungo le pareti delle navate [testimonia] storie condivise dall’Italia e dalla Palestina mediante una sequenza di oggetti tangibili e rintracciabili. L’ampio spettro dei temi selezionati per l’installazione, dalle cartucce di munizioni [dal] territorio della Cisgiordania (X) ad una fotografia [delle] spiagge di Lampedusa (VI), mira ad una memoria della Passione di Cristo con oggetti personali che raccontano l’esperienza della Palestina di oggi. Essi sono delle reliquie nel senso letterale del termine: dal latino relinquere cioè ‘oggetti che sono stati lasciati dietro di sé’” (da: Via Crucis). Il progetto s’inquadra in un articolato piano, sostenuto da diverse realtà ambrosiane, per consolidare a Milano il dialogo tra l’arte contemporanea e il sacro e che vede attiva e protagonista la chiesa di san Raffaele su più fronti, dalla musica alle riflessioni sul tema alle esposizioni temporanee.
Adeguamento liturgico
presbiterio - aggiunta arredo (2014)
Adeguamento dell'area presbiteriale con realizzazione dei tre poli nello spazio esistente: altare, ambone e sede del celebrante in pietra, secondo il progetto dell'architetto Alessandro Rondena.