chiese italiane censimento chiese edifici di culto edifici sacri beni immobili patrimonio ecclesiastico beni culturali ecclesiastici beni culturali della Chiesa cattolica edilizia di culto restauro adeguamento liturgico Leggiuno Milano chiesa sussidiaria Santi Primo e Feliciano Parrocchia di Santo Stefano Impianto strutturale; Coperture altare - aggiunta arredo (1999) IX - 846(costruzione intero bene); XI - XI(ricostruzione intero bene); XV - XV(costruzione volte); XVII - XVIII(restauro facciata); 1633 - XVII(cicli affrescati presbiterio); XX - XX(decorazione interno); 1999 - 1999(restauro conservativo e adeguamento liturgico intero bene)
Chiesa dei Santi Primo e Feliciano
Tipologia e qualificazione
chiesa sussidiaria
Denominazione
Chiesa dei Santi Primo e Feliciano <Leggiuno>
Altre denominazioni
Chiesa di San Primo Oratorio dei Santi Primo e Feliciano
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lombarde (costruzione e decorazione)
Notizie Storiche
IX - 846 (costruzione intero bene)
Il caso della chiesa di Leggiuno “è esemplare”, perché “difficilmente si riesce a trovare documenti che trasmettano memorie di fatti […] concordanti con un monumento, cioè con la memoria costruita [e] più o meno conservata di quella volontà massa per iscritto”. L’asserzione di Silvano Colombo rende giustizia del fascino che la chiesetta di Leggiuno ha da sempre esercitato sugli studiosi. L’origine del luogo sacro, infatti, è legata alla donazione dell’846 da parte di un vasso regio di nome Eremberto al tempietto da lui precedentemente fondato sotto la protezione di S. Siro e dalla custodia disposta delle reliquie dei santi martiri Primo e Feliciano dallo stesso ottenuta per mano di papa Sergio II. Il fatto (e il documento, divulgato tramite varie trascrizioni) era noto da tempo, ma solo con l’affinarsi delle analisi sull’architettura è stato possibile collegare più o meno importanti resti della chiesa attuale alle primitive fasi.
XI (ricostruzione intero bene)
La datazione dell’edificio è oggetto di un dibattito non ancora concluso. Dino Reggiori (cui va il merito di aver per primo messo nella dovuta luce il monumento) e Silvano Colombo ritengono la chiesa in buona parte coeva al documento di donazione, in particolare nel settore orientale (presbiterio-base campanile-fondazioni sacrestia moderna); buona parte degli studiosi (Arslan e Magni, cit. in Frigerio, Pisoni), la assegnano al XI sec. Come hanno potuto convincentemente dimostrare Pierangelo Frigerio e Pier Giacomo Pisoni, la ricostruzione degli alzati attorno o poco dopo il Mille sarebbe stata operata sul sedime più antico e rispettando l’impianto ad aula (un’abside a terminazione rettilinea è, del resto, “piuttosto inconsueta in edifici romanici”): lo dimostra la giacitura presso la controfacciata di tombe collegate ad epigrafi ancora conservate nella chiesetta e sicuramente riferibili al vasso Eremberto, già in origine comprese nel perimetro del primitivo edificio sacro.
XV (costruzione volte)
Nel XV sec. fu condotto un radicale intervento sulla chiesa. Le due campate interne furono coperte con volte a crociera ‘costolonate’ e furono riformate le aperture sui fianchi e in facciata, affiancata da due pilastri angolari e orlata da una cornice di archetti pensili in cotto. Qui fu creata una lunetta a sesto acuto in laterizio sopra il portale e oculo, con cornice strombata pure in laterizio. Difficile, anche se affascinante, sdoppiare l'intervento in due fasi, con inserimento delle coperture anticipato di recente da Silvano Colombo addirittura al XIII sec. sulla base delle più elaborate cornici ad archetti in cotto che ornano il fianco meridionale del presbiterio, che trovano un parallelo (e quindi una datazione) con il generoso impianto absidale della parrocchiale di Cocquio Trevisago.
XVII - XVIII (restauro facciata)
La chiesa di S. Primo riunisce ancora oggi un considerevole numero di lapidi e reperti antichi e tardo-antichi, vuoi per la passione antiquaria del fondatore stesso, vuoi per consolidata tradizione nei secoli a venire. Tra questi, le transenne che orlano il presbiterio e due colonne addossate alla facciata. Le transenne furono ottenute reimpiegano marmi romani e furono quasi certamente collocate da Eremberto a ornamento del primitivo sacello (a conferma, al di là delle differenti ipotesi, della continuità nei secoli attorno al nucleo spirituale ed edilizio del primitivo edificio); le colonne, invece, sono di incerta provenienza e controversa datazione: VI-VII sec. (Frigerio, Pisoni) o IX sec. (Arslan, cit. in Frigerio, Pisoni). Giacevano ai tempi di S. Carlo presso l’edificio e il presule pensò di autorizzare gli abitanti alla vendita di colonne e transenne. Non si diede seguito a quegli ordini e in età imprecisata (ante XVIII sec.), le colonne furono innalzate ai lati del portale.
1633 - XVII (cicli affrescati presbiterio)
Attorno al 1633 fu affrescato sulla parete di fondo del presbiterio un polittico, su iniziativa della famiglia Luini. L'opera avviava (o concludeva) una serie di interventi, tra cui la costruzione della sacrestia, certamente terminata nel corso del XVII sec. Silvano Colombo, cui spetta l'ultimo e accurato studio sulla chiesetta, ha intravvisto nell'affresco, con scomparti scanditi in semicolonne doriche dipinte, un possibile richiamo allo schema delle colonne poste a ornamento del prospetto della chiesa, ipotizzando che di fissare attorno al 1633 anche la ricollocazione dei due elementi ai lati del portale centrale, nell’ambito di un rinnovato interesse per l’antichità proprio dell’età e dell’azione pastorale e culturale di Federico Borromeo.
XX (decorazione interno)
Nel coro dei primi anni del XX sec. la chiesetta fu al centro di un rinnovato interesse. Ferdinando Reggiori, infatti, fu incaricato di alcuni scavi archeologici e delle prime indagini sistematiche sull'edificio, divulgate al pubblico anche a mezzo stampa. Nel frattempo, l'interno veniva rivestito di affreschi "neo-sforzeschi", con evidente ripresa di stilemi tardo-gotici sulle volte e sulle pareti.
1999 (restauro conservativo e adeguamento liturgico intero bene)
Gli ultimi interventi risalgono al 1999, primo tassello di un'operazione di restauro conservativo della chiesa ancora da intraprendere. Fu l'occasione, forse, per collocare al centro dell'area presbiteriale la nuova mensa sostenuta su colonnine e sormontata da un tabernacolo.
Descrizione
La chiesa dei Santi Primo e Feliciano sorge nel centro di Leggiuno, rilevata su una piattaforma cinta, in parte, da un muro di pietra. L'edificio attrae per l'antichità dell'impianto, che alcuni vogliono coevo all'atto di fondazione tramandato fortuitamente, sino ai nostri giorni sia per via documentale, sia grazie a una lapide interna. Il documento, noto da secoli in varie trascrizioni e recentemente sottoposto a esegesi grazie ad un accurato studio di Pierangelo Frigerio e Pier Giacomo Pisoni, rimanda all’atto di donazione da parte del vasso regio Eremberto che nell’846 donava alla chiesa, da lui fondata poco avanti nel tempo con intitolazione a San Siro, alcuni beni e le reliquie dei santi Primo e Feliciano, avute per mano di papa Sergio II. I fatti sono riassunti anche da un’epigrafe immurata nella parete di fondo del presbiterio, forse posteriore di qualche decennio perché vi si tramanda un errore di datazione (DCCCVI, anziché DCCCXLVI). Altre epigrafi consentono di associare i sepolcri interni presso la facciata destinati sin dall’origine al fondatore e ai famigliari, un ceppo gentilizio di origine probabilmente franca, stanziato nei luoghi e destinato a perdurare, tramite la continuità con la famiglia de Besutio (Castelbesozzi/Besozzi) nei secoli. L’edificio si presenta con una facciata a capanna rafforzata da due pilastri angolari. Il portale, con lunetta in cotto a sesto acuto, e l’oculo sovrastante sono frutto di un intervento quattrocentesco. Ai lati, s’innalzano due colonne tardo-antiche, di difficile datazione e provenienza, innalzate nell’attuale posizione probabilmente nel 1633. Quale che ne sia l’origine, si tratta, come ha di recente suggerito Silvano Colombo, di due elementi di recupero probabilmente già assegnati al decoro dell’edificio sacro da parte del suo fondatore, nell’ambito di una rinnovata attenzione per la classicità seguita alla “rinascita” carolingia. L’interno della chiesa si articola in due sole campate che, al di là di differenti opinioni sulla cronologia degli alzati (coeva all’atto di donazione, per alcuni; da assegnare al Mille, per altri), trova nell’impianto ad aula un modello pre-romanico trasmesso con continuità nel tempo. La seconda campata è adibita a presbiterio, ornato di una transenna marmorea ottenuta dal reimpiego di elementi romani. Gli studiosi sono concordi nell’assegnarne l’introduzione nel sacello sin dai tempi di Eremberto. Sulla parete di fondo campeggia un polittico affrescato realizzato attorno al 1633 da Antonio Mondino. Sulla parete laterale del presbiterio, un secondo ciclo di affreschi è più antico (XV sec.) e conserva memoria, tramite la raffigurazione di san Siro accanto ai santi Primo e Feliciano, della più antica dedicazione del luogo di culto. L’edificio è orientato. Il campanile (concordemente ritenuto del XI sec.) si appoggia al fianco nord del presbiterio; la sacrestia seicentesca, forse in parte su strutture più antiche, al fianco sud.
Impianto strutturale
Edificio innalzato con murature continue composte di ciottoli e pietre legati da giunti di malta. Le pareti esterne sono per buona parte intonacate. L'interno è suddiviso in due campate da un arco trasversale a sesto acuto ed è coperto da due volte a crociera 'costolonate'.
Coperture
La chiesa è coperta da falde di tetto a due spioventi, rette da ordito ligneo principale e secondario. Il manto di copertura è in coppi antichi.
Adeguamento liturgico
altare - aggiunta arredo (1999)
Gli ultimi interventi risalgono al 1999, primo tassello di un'operazione di restauro conservativo della chiesa ancora da intraprendere. Fu l'occasione, forse, per collocare al centro dell'area presbiteriale la nuova mensa sostenuta su colonnine e sormontata da un tabernacolo.