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Chiesa di San Pietro Apostolo <Modena>
Data ultima modifica: 16/06/2023, Data creazione: 30/8/2010


Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale


Denominazione Chiesa di San Pietro Apostolo


Altre denominazioni Chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo;S. Pietro Apostolo


Ambito culturale (ruolo)  rinascimentale (costruzione dell'edificio)



Notizie storiche  938 - 1430 (vicende storiche carattere generale)
I documenti che ricordano la nascita della chiesa e del monastero di San Pietro risalgono alla fine del X secolo; nel 996, in particolare, il vescovo di Modena Giovanni diede pubblicamente avvio ad un monastero benedettino, che doveva sorgere presso la chiesa costruita da certo prete Stefano nel 983, nel luogo dove in passato esisteva un oratorio dedicato all’apostolo Pietro. Il monastero è quindi di fondazione e dipendenza vescovile, come numerosi altri monasteri emiliani urbani o suburbani sorti in quello stesso periodo; ottenne l’esenzione pontificia nel 1148, e dai papi ricevette da quel momento la successiva conferma del possedimento dei propri beni. Tra XIII e XIV secolo entrò in un periodo di decadenza economica e morale, che culminò con l’abbaziato dei fratelli Galvano (1362-1406) e Bartolomeo Malguizzardi (1406-1430), divenuti noti in città per il loro comportamento dissoluto.
1257 - 1387 (preesistenze carattere generale)
Poche sono le informazioni note riguardo l’edificio, o gli edifici, precedenti l’attuale chiesa di San Pietro: sorgeva con orientamento liturgico; il campanile, rimasto in opera fino al 1629, sorgeva a destra dell’abside destra della chiesa attuale, e, rispetto alla chiesa antica, come è stato supposto, era probabilmente a sinistra, ovvero a Nord, della sua abside. La chiesa precedente era a un livello di diverse decine di centimetri più basso, che è ancora quello del cosiddetto Chiostro della Fontana, come hanno dimostrato scavi recenti. Nel 1257 una bolla pontificia concede la raccolta di fondi per riparare la chiesa, “che si dice essere quasi totalmente rovinata”; ma non sono note ulteriori informazioni su questi eventuali interventi di ricostruzione o ampliamento. Un rogito del 1387 fu sottoscritto in San Pietro “in choro superiori ante altare magnum”, lasciando intendere che almeno in quell’epoca la chiesa avesse un presbiterio superiore ovvero pontile, e una sottostante cripta.
1434 - 1434 (notizie storiche carattere generale)
Per risollevare le proprie sorti, il monastero di San Pietro aderì nel 1434 alla riforma promossa dai benedettini di Santa Giustina di Padova, la quale imponeva ai propri membri maggiore spiritualità e una rigida osservanza dei decreti emanati dai capitoli generali. L’unione alla Congregazione, che nel Cinquecento sarà chiamata Cassinese, fu sancita con una bolla di papa Eugenio IV.
1476 - 1476 (costruzione chiesa )
Alcuni decenni dopo l’ingresso nella Congregazione, i monaci presero l’iniziativa di costruire una nuova chiesa. I lavori iniziarono nel 1476, probabilmente sotto la direzione di Pietro Barabani, capomastro carpigiano, il cui nome è citato dal cronista coevo Iacopino Lancellotti e ripetuto dagli storici locali successivi. Poiché Pietro Barabani morì probabilmente nel 1480, si ipotizza che il lavoro sia stato proseguito dal fratello Antonio e dal figlio Andrea (in effetti nel 1531 si registra un contratto con certo “mastro Antonio da Carpi”).
1505 - 1518 (completamento chiesa)
Nel 1505 la chiesa doveva essere completata almeno nella struttura e nella copertura, dal momento che a quell’anno risale la prima sepoltura e, a detta di un cronista coevo, la celebrazione della messa; e sono del 1506 le prime testimonianze riguardanti donazioni di famiglie modenesi per la costruzione delle varie cappelle della chiesa. Durante le prime fasi di costruzione, rimase in uso la chiesa vecchia, demolita soltanto nel 1510. Il nuovo tempio fu consacrato l’11 aprile 1518, come testimoniato da una lapide in controfacciata.
1506 - 1506 (costruzione monastero)
Nei primi anni del Cinquecento si comincia a lavorare anche al nuovo monastero, che fu edificato nell’isolato a Est della chiesa; risale al 1510 il contratto tra i monaci e un tagliapietra modenese per l’esecuzione di venti colonne destinate a un non meglio identificato claustrum novum. I lavori ebbero un incremento negli anni Trenta, con la conclusione, tra l’altro, del dormitorio dei monaci e dei chiostri; per uno di questi, cosiddetto ‘delle colonne’, caratterizzato da capitelli ionici, rari nel contesto emiliano, si è ipotizzata la collaborazione del Correggio, legato all’ambiente benedettino e aggiornato sulla riproduzione degli stilemi classici. Interventi di ampliamento e modifiche al monastero si susseguirono comunque per tutto il secolo e ancora nel seguente
1532 - 1536 (realizzazione statue )
Nel 1532 Antonio Begarelli, protagonista dell’arte plastica cittadina, riceve l’incarico di realizzare quattro statue in terracotta, di grandezza naturale, raffiguranti san Pietro, san Benedetto, l’Immacolata e santa Giustina. Le statue furono completate nel 1536 e collocate all’interno del convento. Nel 1568 furono viste da Giorgio Vasari, che le citò con ammirazione nella Vita del Garofalo. Nel 1796 le statue vennero spostate nei locali dell’Accademia di Belle Arti cittadina; nel 1819, alla riapertura del monastero dopo la soppressione napoleonica, vennero collocate in chiesa, lungo la navata centrale, come sono tuttora, aggiungendo ad esse altre due statue similari opera dello stesso Begarelli, provenienti dalla chiesa di San Francesco, raffiguranti il santo di Assisi e San Bonaventura.
1534 - 1534 (completamento facciata della chiesa)
La facciata venne completata probabilmente negli anni Trenta del Cinquecento, e, a differenza di altre chiese emiliane, è rimasta integra nel suo aspetto originario, di gusto rinascimentale. Secondo lo storico modenese Lodovico Vedriani il caratteristico fregio orizzontale con motivo di satiri incatenati e cavalli marini, ripreso dall’iconografia classica, è opera dei plasticatori Paolo, Camillo e Andrea Bisogni di Modena. Non sono note testimonianze documentarie per provare questa affermazione, ma risultano due contratti tra l’abate e i fratelli Antonio e Andrea Bisogni, per diversi lavori al dormitorio del monastero, del 1534 e del 1535; queste datazioni sono il riferimento cronologico anche per l’intervento sulla facciata. Nel 1549 vennero realizzati gli stipiti marmorei dei tre portali; nel 1626 venne costruita la gradinata tuttora esistente, che sostituiva le originarie scalinate poste davanti ai singoli ingressi.
1539 - 1539 (costruzione sacrestia)
Nel 1539 l’abate Pellegrino degli Erri fa gettare le fondamenta di una nuova sacrestia, collocata a destra della chiesa, verso le absidi. Negli anni immediatamente successivi, il locale fu decorato con pitture murali; al 1545 risalgono gli armadi con sportelli in legno intarsiato addossati alla parete sinistra, opera del cremonese Giovanni Francesco Brennona. Quelli del lato destro furono completati nel 1848 in stile antico, e ulteriormente integrati in occasione di restauri eseguiti negli anni Cinquanta del Novecento.
1553 - 1553 (realizzazione altare monumentale delle statue)
Nel 1553 viene commissionata ad Antonio Begarelli e al figlio Lodovico una vera e propria ancona in terracotta scolpita, che doveva comprendere le statue dei santi Pietro, Paolo, Geminiano e Benedetto, e altre figure. Destinata inizialmente all’altare maggiore, già nel 1575 risulta collocata al termine della navata sinistra, dove è attualmente.
1599 - 1599 (realizzazione coro ligneo)
Nel 1599, come ricorda un cronista coevo, su consiglio del duca Cesare d’Este, da poco trasferitosi a Modena, i monaci voltarono l’orientamento del coro ligneo, addossandolo alla parete absidale, mentre fino ad allora era senz’altro disposto su due file parallele davanti all’altare. In questo modo, quest’ultimo veniva posto alla vista dei fedeli, ovvero, come si diceva, ‘alla maniera romana’, come volevano i dettami del Concilio di Trento, e come negli stessi anni si stava facendo in diverse chiese della Congregazione cassinese, e non solo. Il coro era stato realizzato nel 1540 circa dall’architetto Gian Francesco Testi di Parma, e comprende alcune eleganti specchiature intarsiate di fattura più antica.
1629 - 1629 (lavori chiesa)
Diversi interventi importanti vengono promossi dall’abate Crisostomo Barbieri Fontana (1625-1630). In particolare, sotto di lui vennero rimosse le pareti divisorie tra le cappelle, intervento al quale corrispose probabilmente all’esterno l’aggiunta dei contrafforti oggi rimasti sulla parete occidentale; contestualmente vennero eliminate anche le ferriate che chiudevano frontalmente le cappelle, in modo che la chiesa assunse un aspetto a cinque navate. Nel 1629 fu realizzato il primo di una serie di imbiancature generali, che nascosero successivamente le decorazioni murali cinquecentesche fino ad allora rimaste. Interventi analoghi sono registrati negli anni 1697, 1714, 1729, 1779, 1814; per quello del 1779 ci è rimasta una interessante descrizione delle tinte da utilizzare.
1629 - 1629 (costruzione campanile)
Nel 1629 viene costruito il campanile a vela, o, per usare un termine locale, cornacchia, addossato al retro dell’abside maggiore; contemporaneamente viene abbattuto quello della chiesa vecchia, rimasto in piedi fino ad allora, che sorgeva accanto all’abside minore destra.
1638 - 1642 (lavori chiesa)
L’abate Leone da Todi (1638-1642) fece porre in filo gli altari; questi erano complessivamente ventuno, come ricorda una descrizione della chiesa del 1650, di cui diciotto lungo le pareti laterali (compreso il battistero), due nelle absidi minori, e l’altare maggiore nell’abside centrale. Lo stesso numero è ricordato ancora in una relazione del 1792.
1715 - 1715 (realizzazione sagrato)
Nel 1715 i monaci ottengono un piccolo slargo davanti alla facciata della chiesa, acquistando l’orto della casa ad essa prospiciente e abbattendone il muro di cinta.
1768 - 1866 (vicende storiche carattere generale)
Tra il 1768 e il 1786 la parrocchia fu soppressa. Nel 1796, all’arrivo dei Francesi, venne soppresso l’intero monastero, i cui locali passarono in proprietà del governo. Rimase invece aperta al culto la chiesa, in quanto parrocchiale, retta allora dal curato don Arcangelo Bossi. Nel 1814, tra febbraio e aprile, essa venne però utilizzata come ricetto delle truppe austriache e napoletane, subendone all’interno danni gravissimi; la riapertura potè essere fatta soltanto il 25 novembre, dopo una lunga serie di interventi di riparazione e pulitura. Nel 1818 il duca Francesco ripristinò per decreto il monastero, riaperto l’anno successivo, anche se la maggior parte dei locali non fu più a disposizione dei monaci; ma fu chiuso nuovamente nel 1866 a causa delle leggi eversive emanate dal Regno italiano.
1872 - 1872 (arredo interno chiesa)
All’inizio degli anni Settanta dell’Ottocento, per impulso del curato padre Giovanni Borcesi, venne completamente rinnovata la tinteggiatura interna della chiesa: le pareti vennero dipinte con bande orizzontali cerulee, le volte in azzurro con stelle dorate; le colonne coperte di stucco marmorizzato marrone. Questa decorazione, affidata a Ferdinando Manzini e completata attorno al 1872, suscitò aspre critiche tra i cultori d’arte locali. Contestualmente alla tinteggiatura, Manzini insieme a Carlo Goldoni dipinsero sull’arco trionfale la consegna delle chiavi a san Pietro. A don Borcesi, morto nel 1897, si deve anche, oltre a vari restauri, anche una nuova pavimentazione in cotto e la sistemazione degli altari laterali, rimasta sostanzialmente immutata fino ad oggi: ridotti da diciotto a nove (più il battistero), furono arricchiti di ancone in legno dorato di foggia uniforme, e alternati a confessionali al di sopra dei quali furono collocate le pale rimaste prive di altare.
1950 - 2012 (lavori di restauro intero bene )
La chiesa e il monastero, insieme ai loro arredi, sono stati oggetto di numerosi restauri e sondaggi a partire dalla seconda metà del Novecento. Negli anni Cinquanta vennero riparati i danni causati dai bombardamenti del 1944, che avevano colpito in modo particolare la sacrestia e l’area delle absidi. Le numerose e pregevoli tele della chiesa sono state restaurate quasi sistematicamente a partire dagli anni Novanta. Una importante campagna di consolidamento e restauro di tutto il complesso, infine, accompagnata da nuove indagini e studi, è stata realizzata in seguito al sisma del 2012.
1973 - 1973 (tinteggiature interne chiesa)
Nel 1973, su stimolo della Soprintendente Augusta Ghidiglia Quintavalle, l’apparato decorativo delle pareti, delle colonne e delle volte inaugurato nel 1872 viene coperto, sostituito con la colorazione in toni neutri di grigio ancora oggi visibile.
1975 - 1975 (realizzazione altare maggiore)
Nel 1975 viene costruito l’attuale altare maggiore, impiegando due paliotti in scagliola fino ad allora conservati in un magazzino del monastero; andò a sostituire un altare in stile neogotico realizzato nel 1902.



Descrizione  I lavori per la chiesa che oggi conosciamo iniziarono nel 1476 secondo un progetto a impianto basilicale, con copertura a volte a crociera a tre navate con cappelle laterali, transetto non sporgente e capocroce a tre absidi poligonali. L'aggiornamento in senso rinascimentale dell'impianto della chiesa è affidato a soluzioni come la copertura della navata principale con volte a crociera continue, le arcate a tutto sesto e pilastri polilobati. Se l'architettura della chiesa appare esempio di irrisolta transizione dalle forme medievali al Rinascimento, la facciata, databile al terzo decennio del Cinquecento, mostra un carattere più moderno. Coronata a cuspide, presenta un rosone, due oculi e cornici architettoniche. Il fregio fittile ospita una teoria di coppie di cavalli marini reggenti sulle code intrecciate satiri prigionieri dalle ali membranose, zoccoli caprini e corna di montone. La commistione di elementi del corteo di Dioniso e del seguito di Nettuno con altri di generica derivazione grottesca mostra come la bottega dei fratelli Bisogni - cui la tradizione attribuisce i manufatti – fosse partecipe della cultura antiquaria romana recepita al nord tramite l'opera di artisti emiliani, padovani e le invenzioni incise da Nicoletto da Modena. Il valore spirituale riconosciuto dai Benedettini alla musica eseguita con l'organo durante la liturgia si manifesta nella chiesa di San Pietro con l'evidenza visiva di un imponente apparato figurato allestito in prossimità del presbiterio. L'allestimento pittorico della nuova chiesa di San Pietro fu nel Cinquecento occasione di aggiornamento dei modelli figurativi locali con l'innesto di idee provenienti da Roma e dal Veneto. La Madonna in gloria tra i Santi Geminiano e Martino conservata nella cappella di San Geminiano è tra i lavori di più intensa ricercatezza formale di Filippo da Verona. Nella pala d'altare il modello compositivo della Madonna in gloria e Santi, elaborato da Raffaello nella celeberrima Madonna di Foligno, è assimilato secondo un filtro cromatico di cultura veneta e un'attenzione nuova alle valenze atmosferiche del paesaggio, con esiti non estranei alla pittura che Dosso Dossi elaborava in quegli anni a Ferrara. Non fu la pala di San Sebastiano inviata da Dosso per il Duomo, ma la cultura di Garofalo che influenzò la Madonna con Bambino in gloria tra San Giovanni Battista e San Luca eseguita da Gian Gherardo Dalle Catene nel 1522.

Impianto strutturale
Chiesa a impianto basilicale, con copertura a volte a crociera a tre navate con cappelle laterali, transetto non sporgente e capocroce a tre absidi poligonali.
Struttura
Muratura continua in mattoni laterizi, copertura con struttura primaria e secondaria in legno, manto in coppi.
Coperture
Copertura a falde inclinate, orditura primaria con capriate e arcarecci in legno, secondaria in travetti. Manto di copertura in coppi laterizi.
Pianta
Chiesa a pianta basilicale.
Pavimenti e pavimentazioni
Pavimentazioni interne in cotto, gradini in marmo.



Adeguamento liturgico  presbiterio - aggiunta arredo (1980-1990)
La zona presbiteriale, rialzata da un gradino rispetto all'aula, presenta al centro l'altare in marmo con paliotto dipinto. Il celebrante trova l'ambone in legno alla sia sinistra e la sede, sempre in legno alla sua destra. Il tabernacolo è custodito nell'abside laterale destra, guardando dall'aula.






Collocazione geografico - ecclesiastica


Regione Ecclesiastica Emilia-Romagna
Diocesi di Modena - Nonantola
Vicariato cittadino "centro storico" - Unità pastorale "centro storico"
Parrocchia di San Pietro Apostolo

via San Pietro 7 - Modena (MO)


Edifici censiti nel territorio
dell'Ente Ecclesiastico

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