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Chiesa dei Santi Gervaso e Protaso <Graglio, Maccagno con Pino e Veddasca>
Data ultima modifica: 01/08/2017, Data creazione: 14/7/2011


Tipologia e qualificazione chiesa sussidiaria


Denominazione Chiesa dei Santi Gervaso e Protaso


Autore(Ruolo)  Argenti, Carlo (costruzione tempietto altare maggiore)
Marchelli, Angelo (costruzione facciata)



Ambito culturale (ruolo)  maestranze lombarde (costruzione)



Notizie storiche  XIII - XIII (costruzione intero bene)
L’ipotesi di una chiesa medievale a Graglio può fondarsi solo sull’analisi delle vicende parallele che portarono alla costruzione di chiese (poi parrocchie autonome) nei borghi che compongono il mosaico della Val Veddasca. Mancano all'appello, infatti, menzioni dirette sino alla visita del card. Sforza, nel 1455, alla «capella Sanctorum Prothasii et Gervasii de Gralio». Alla teoria, tuttavia, fanno d’appoggio alcuni obblighi che la comunità locale era tenuta a rispettare, dagli esordi del XIII sec., verso Cannobio, allora capo pieve per l’intera valle. Graglio, inoltre, rappresentava il più popoloso borgo valligiano (dopo Armio) ed è difficile pensare che per i suoi abitanti fosse di regolare utilità la chiesa del non vicino abitato di Cadero (di accertata origine al XII sec.), né che non fosse posto per lungo tempo un sigillo sacro all’area cimiteriale dislocata com’era (e come si trovava nel'500 attorno alla chiesa) assai lontano dal paese.
XIV - XV (ricostruzione interno bene)
Quale che fosse l'antica origine, l'assetto tramandato dalle visite pastorali de XVI sec. sembra delineare una ricostruzione sostanziale della chiesa tra XIV e il XV sec.: navata unica con tetto a vista e cappella maggiore a pianta quadrata, coperta con volta costolonata, secondo esempi ancora esistenti in Valtravaglia. Questa chiesa aveva orientamento corretto, ossia a oriente; era, quindi, ‘ribaltata’ di 45° rispetto all’edificio attuale. L’abside era «tota picta», con raffigurazioni sacre non identificate e un ciclo dei mesi nel registro inferiore. Questa doveva essere la chiesa menzionata nel 1455 quando già era presente il battistero, secondo una diffusione capillare di fonti battesimali avvenuta, per l’appunto, in progresso di tempo, a partire dalla fine del XIV sec. e, con maggior evidenza, nel secolo successivo. Questo l'edificio che fu consacrato il 23 aprile 1526 (sulla base di patenti oggi disperse) dal vescovo Francesco Landino, ausiliario dell’arcivescovo Ippolito d’Este.
1561 - 1758 (costruzione navata laterale)
La chiesa tra-quattrocentesca era estremamente ridotta in dimensioni. Si rese quindi presto necessario raddoppiarne la capacità tramite la costruzione di una navata minore, giustapposta verso valle. Il cantiere fu forse iniziato attorno al 1561, anno di un primo tentativo di perseguire l’autonomia parrocchiale di Graglio da Armio. Nel 1574 Carlo Borromeo visitò la chiesa descrivendola “facta ex navis”, ma nel 1578 i lavori languivano e la navatella era ancora «nondum perfecta». Solo con l’arrivo di Federico Borromeo (1596), la nuova ala fu dotata di una porta d’ingresso sulla facciata principale, ingresso precedentemente mai menzionato dai visitatori.
1578 - 1596 (ricostruzione altare laterale)
Il corpo antico della chiesa era dotato di un solo altare laterale dedicato alla Madonna, collocato sul lato sinistro dell'aula unica, presso il battistero. Nel 1578 fu precisata anche l'esistenza di una corrispondente "cappella fornicata, et picta". Nel 1596 l'altare risultava traslato “in capite navis meridionali”, ossia alla testata della navata laterale appena terminata. La cappella che lo conteneva, infatti, fu descritta in quell'occasione (la visita del card. Federico Borromeo nei luoghi) come “nuper excructa” e “picta”; rispetto ai cicli pittorici precedenti (peraltro molto limitati in estensione), inoltre, appariva integralmente rinnovato il programma iconografico, tanto che l’altare era ora dedicato “in honorm sanctae Mariae, ac sanctorum Rochi, et Sebastiani”. Evidentemente la terribile epidemia che aveva colpito la valle attorno al 1577 aveva indotto ad affiancare all'antico culto quello dei due santi popolarmente invocati contro epidemie e pestilenze.
1640 - 1640 (costruzione di volte interno)
La chiesa 'doppia' rimase a lungo inalterata, se non per le volte, documentate nel 1683 anche sopra la navata maggiore, e un nuovo altare dedicato a S. Antonio da Padova, creato sul lato dell’evangelo. Ai lavori seicenteschi avrebbe in qualche modo contribuito un architetto di vaglia: Carlo Buzzi, allora capo della Fabbrica del Duomo di Milano. Pare, infatti, che attorno al 1640 “Dominus Architectus Butius” fosse inviato in alcune località della diocesi allo scopo di sorvegliare i principali cantieri ecclesiastici in corso. La direttiva lui impartita dagli uffici curiali, nel caso specifico, fu: "Discutiat fabricam parochialis ecclesiae Graii". Spiace di non potergli riconoscere con certezza né il grandioso impianto dell’attuale chiesa, né il bell’ambiente della sacrestia (coperto a volte con nervature geometricamente incrociate), entrambi frutto di ponderata meditazione attorno a modelli di ispirazione ancora seicentesca e appartenenti alla migliore cultura architettonica ambrosiana.
1688 - 1701 (ricostruzione interno bene)
Nel marzo 1688 i parrocchiani giurarono davanti ad un notaio di prestare opera gratuita per la ricostruzione della chiesa, secondo le direttive di sei trascelti periti: Giovanni Sartore, Bernardino Martinelli, Domenico Rocchinotto, Giovanni Maria Boscetti, Giovanni Antonio e Giacomo Montina. La chiesa fu portata a compimento (salvo la facciata) entro il 1701, quando fu consacrata. Difficile individuare l'autore del disegno del grandioso impianto. I periti incaricati provenivano certo da famiglie o consorterie di emigranti che, dai luoghi, avevano assunto rilevanti incarichi in cantieri tra Italia (Liguria/Toscana) o Europa; ma non è escluso, per il tono del nuovo tempio, ancora debitore di modelli ambrosiani della prima metà del XVII sec. (con particolare evidenza il progetto di Francesco Maria Richini per S. Maria alla Porta, del 1652) che si fosse messo in pratica qualche direttiva impartita dall'alto o qualche disegno fornito da Milano anche nei decenni precedenti.
1739 - 1790 (completamento, decorazione e costruzione campanile intero bene)
La chiesa rinnovata figurò quale degna sede per la nuova autonomia parrocchiale, finalmente ottenuta nel gennaio 1739. Ciò fu da stimolo per procedere nei decenni con abbellimenti e completamenti. Nel 1748, solo due dei quattro altari laterali erano stati alloggiati nelle sei campate in cui sono scandite le pareti laterali della navata unica; il card. Giuseppe Pozzobonelli, infatti, durante la sua visita, annotò la loro esistenza «licet [sebbene] sex cappellae fuerint aedificatae». Per la decorazione dell’imponente edificio ci si avvalse di buoni stuccatori (cappelle delle Anime purganti e della Madonna del rosario), facilmente reclutati sul luogo. Di Graglio era anche il perito Benedetto Stambucchi, incaricato nel 1783 di progettare il rialzo del campanile, in cantiere nel 1790.
1826 - 1826 (completamento cappelle laterali)
Nel 1826 la provincia di Como autorizzò la parrocchia ad accettare il legato di Giovanni Andrea Sartorio che provvedeva alla celebrazione di regolari funzioni «alla cappella e altare della B.V. Addolorata, fabbricata per cura e a spese» del medesimo. Il 23 maggio successivo, la fabbriceria fu persino autorizzata «a iscrivere il nome del donatore sulla cappella fabbricata per di lui cuore». Si tratta, probabilmente, del semplice altare oggi dedicato alla Madonna del Buon consiglio, nella prima cappella a destra entrando, ornato di piccolo quadretto ad olio della prima metà del XIX sec. (oggi presente in copia): dell’iscrizione commemorativa non è traccia.
1836 - 1840 (costruzione nuovo tempietto altare maggiore)
Nel bilancio della parrocchia di Graglio per il 1831-1836, recentemente pubblicato, sono riportati i capitoli di spesa per «la costruzione del marmoreo tempietto […] come da contratto fatto col Sig. [Carlo] Argenti»; la spesa complessiva ammontava a L. 700, cui si aggiunsero L. 300 richieste dallo stesso marmorino di Viggiù per il trasporto dei materiali da Maccagno a Graglio. Il nuovo tempietto era «da collocarsi sull’altare maggiore», ossia a completamento di un manufatto già esistente e di fattura settecentesca, come è evidente ad un’analisi sul posto, ma non documentato. Nel 1840 la provincia di Como autorizzò la spesa. L’opera inaugurò una campagna di completamento destinata a svolgersi in due grandi tappe: una nuova facciata, sul rustico di quella settecentesca, e la decorazione interna della chiesa. Quanto a Carlo Argenti, questi dovrebbe essere associato al “professore di marmo” ideatore, nel 1842, degli altari di Caviano e S. Abbondio, nel vicino Gambarogno svizzero.
1869 - 1869 (costruzione facciata)
La facciata è opera singolarmente poco documentata. Se ne ha notizia solo tramite la citazione di don Celestino Del Torchio, che tramanda la data (1869) e il nome del progettista: Angelo Marchelli, “geometra” che in quei medesimi anni si faceva strada a Torino, inaugurando uno studio di architettura che rimarrà attico nel capoluogo piemontese per decenni grazie all’ingresso dei figli Domenico e Luigi, ingegneri. La nuova fronte della chiesa di Graglio si sviluppò a partire da elementi già esistenti, come il bel portale in pietra; questa e altre preesistenze veicolarono il progettista verso forme mimetiche, tra barocchetto e incipiente classicismo, col risultato che ancora oggi si ammira.
1893 - 1893 (decorazione interno)
Dopo la conclusione della facciata, si pensò a ornare l'interno, sino ad allora semplicemente intonacato. Fu ingaggiato allo scopo un non meglio noto decoratore del posto, Eugenio Baroggi di Maccagno, che terminò l'opera nel 1893.
1940 - 1940 (nuova decorazione interno)
La volta della navata e le pareti interne furono decorate una seconda volta nel 1940 da Lindo Grassi, maccagnese di origine, che seppe poi distinguersi nella lavorazione delle vetrate artistiche aprendo un laboratorio a Milano la cui eredità dura ancora ai nostri giorni.



Descrizione  La chiesa sorge sopra un poggio fuori dall'abitato di Graglio, frazione montana del comune di Maccagno con Pino e Veddasca. L'alta facciata, in modi settecenteschi (ma di esecuzione tardo-ottocentesca), s'innalza sul sagrato pensile sulla valle e in parte aperto alla vista del lago Maggiore. L'edificio, in relazione ai luoghi, è grandioso, per dimensioni e sforzo costruttivo. Frutto di una fase di riforma integrale, avviata nel 1683 su un precedente luogo di culto di cui nulla rimane, presenta caratteristiche proprie del maturo linguaggio seicentesco lombardo: vasta e slanciata navata unica per i fedeli, con volta a botte 'unghiata', e presbiterio allungato, con terminazione rettilinea. Assai fine il partito architettonico e, a un tempo, decorativo, secondo i migliori esempi ambrosiani: l'introduzione di lesene corinzie abbinate, come matrice della scansione delle pareti laterali in campate (e relative cappelle, ne erano previste tre per parte), determina il raddoppio degli archi trasversi a pieno centro a sostegno della volta a botte. Poiché l'interasse tra le lesene accoppiate è tale da ospitare una nicchia a mezza altezza per la statuaria, ne scaturisce un'alternanza tra ritmi maggiori e cadenze minori di sapore ancora manierista. La volta, infine, scavata alle imposte verso il cornicione da ampie lunette (e perciò detta 'unghiata'), ospita altrettanto generose vetrate per garantire un'illuminazione diffusa dall'alto. Interessante è la sacrestia, coeva; l'ambiente quadrangolare, infatti, è coperto a considerevole altezza da una volta 'a padiglione' ribassata, percorsa da una coppia di modanature per parte che, al vertice, generano un disegno geometrico. Della fabbrica tardo seicentesca, ma completata nel corso del XVII sec., si ricordano, nell'interno, gli altari laterali in stucco, l'altare maggiore di marmi policromi e una buona decorazione plastica (angeli e motivi vegetali, ancora in stucco) lungo l'alto cornicione. La chiesa antica (medievale, forse, di certo tre-quattrocentesca) era correttamente orientata. La chiesa attuale, invece, ha abside rivolto a monte (nord).

Pianta
Chiesa ad aula unica, con tre campate per parte incorniciate da coppie di lesene e archi a tutto sesto. Le campate della parete sinistra ospitano tre cappelle; in successione, dall'ingresso: battistero, del Crocifisso e della Madonna del rosario. Le corrispondenti campate della parete destra, invece, ospitano solo due cappelle. La prima campata, infatti, è cieca per via di una casa addossata, in quel punto, alla chiesa. Le due cappelle che si allineano su questo lato sono dedicate, dall'ingresso all'altare maggiore: alla Madonna del buon consiglio e alle Anime Purganti. Il presbiterio è assai allungato, con primo corpo rettilineo - dove s'innalza l'altare - e abside vero e proprio a terminazione rettilinea. La sacrestia si apre sul fianco occidentale, con accesso dal presbiterio.
Struttura
Muratura in pietrame a spacco e ciottoli legati da giunti di malta. Tutte le pareti esterne sono intonacate.
Coperture
Manto di copertura in tegole, retto da ordito ligneo principale e secondario.
Altare maggiore
L'altare maggiore è opera da collocare attorno al 1730. Fu descritto per la prima volta durante la visita del card. Giuseppe Pozzobonelli, nel 1748. Mancava, allora, di tempietto. Questo fu collocato solo entro il 1840.
Cappelle laterali
Delle cinque cappelle laterali, quattro recano altari. Tre sono opera settecentesca, conclusa entro il 1748, ossia prima della visita del card. Giuseppe Pozzobonelli: gli altari laterali della Madonna del rosario e delle Anime del Purgatorio, nelle cappelle che si fronteggiano prima del presbiterio, sono ornati da due colonne tortili per parte ai lati dell'ancona e sono frutto di un medesimo intervento. Differente, invece, l'altare del Crocifisso, con terminazione a frontone curvilineo ribassato sorretto da coppie di lesene.
Pavimenti e pavimentazioni
L'aula unica presenta un bel pavimento in lastre di pietra posate 'a correre'. L'opera pare del tutto conforme a quello sul quale, nel 1748, si trovò a camminare il card. Pozzobonelli, durante la sua visita alla chiesa: "pavimentus [est] tabulij lapideij”. Le soglie delle cappelle laterali sono in marmi, coeve alla costruzione degli altari. Il pavimento di presbiterio e abside è in mattonelle policrome di cemento, posate durante non documentato intervento della fine del XIX sec. o degli inizi del XX sec.



Adeguamento liturgico  altare - aggiunta arredo (1980 circa)
Per adeguare la chiesa ai precetti conciliari si è provveduto a installare una nuova mensa d'altare all'altezza dell'ultima campata verso il presbiterio, nello spazio dell'aula fedeli. In tal modo, è rimasto inalterato il presbiterio nel suo assetto ereditato dai secoli (altare maggiore del XVIII-XIX sec.) con corrispondente balaustra e gradinata di accesso. Per la nuova mensa è stato impiegato un paliotto in metallo di fattura tardo ottocentesca.






Collocazione geografico - ecclesiastica


Regione Ecclesiastica Lombardia
Diocesi di Milano
2 Zona Pastorale II - Varese - Decanato di Luino
Parrocchia di San Carlo

Via Chiesa - Graglio, Maccagno con Pino e Veddasca (VA)


Edifici censiti nel territorio
dell'Ente Ecclesiastico


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