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Chiesa di San Donato <Sesto Calende>
Data ultima modifica: 06/06/2018, Data creazione: 14/7/2011


Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale


Denominazione Chiesa di San Donato


Altre denominazioni Abbazia di San Donato;S. Donato


Autore(Ruolo)  Vanotti, Paolo Gerolamo (disegno balaustra presbiterio)
Rossi Pietro (realizzazione balaustra presbiterio)



Ambito culturale (ruolo)  maestranze lombarde (costruzione e decorazione)



Notizie storiche  830 - 864 (costruzione intero bene)
L'abbazia di S. Donato fu fondata tra l'830 o l’841 e l'864 dal vescovo di Pavia, Liutardo, in loc. Scozola, fuori dall'abitato di Sesto Calende già ricordato per il fiorente mercato nell'892. La scelta di fondare un cenobio nei confini di influenza milanesi, in quel tempo in via di consolidamento, non va inserita, come sostenne Bognetti, nel programma politico di Ludovico II, che avrebbe donato il terreno per assicurarsi il controllo delle vie di comunicazioni transalpine del Verbano dopo che, nell'863, era entrato in possesso della Provenza (Ardenna); al contrario va spiegata "nel quadro di una ricerca di spazi esterni in alternativa alle preclusioni che i vescovi di Pavia incontravano" in città, dove erano "oppressi dal potere regio e dalla presenza [di] monasteri" (Settia). L'autorità pavese fu sancita da precetto papale (877) riducendo l’abbazia a un'isola giurisdizionale esente dal metropolita milanese. Le contese, non prive di fatti sanguinosi, si trascinarono per secoli.
XI - XI (ricostruzione intero bene)
Le contese erano destinate a inasprirsi alla fine del XII sec. quando l’arcivescovo di Milano ottenne dal papa Innocenzo III il riconoscimento della castellanza sull’abitato di Sesto (porto, albergaria, piscaria e un oratorio, di S. Vincenzo, ancora esistente), diritto che i monaci di S. Donato non riuscirono a mantenere in loro possesso per via della perdita dei documenti più antichi d’appoggio. Nel frattempo, l’abbazia era stata ricostruita nell’impianto perdurato sostanzialmente sino ai nostri giorni. L’insigne monumento fu oggetto di numerosi studi e di vari tentativi di datazione, da Fernand De Dartein e Karl Porter (cit. in Tamborini), attirati anche dal nartece anteposto alla chiesa, per alcuni (De Dartein), addirittura anteriore alla chiesa stessa. Recentemente, Carlo Schiavi ha restituito unitarietà al complesso, ascrivendolo (escluso il nartece, ma compreso la cripta) alla seconda metà del XI sec.
XI - XII (costruzione campanile)
Il campanile dovrebbe essere stato innalzato qualche decennio dopo la fine del cantiere di ricostruzione dell'abbazia. Presenta una “decorazione che si avvia sopra un’alta porzione di canna liscia e si articola in tre registri sulla fronte occidentale e in due sole sugli altri lati": particolare "è scansione dei registri inferiori a specchiature affiancate divise da una lesena centrale: si tratta di un motivo decorativo che in Lombardia si ritrova quali solo a Vimercate (S. Stefano) e che registra l’influenza di fabbriche piemontesi" (Schiavi).
XII - XII (costruzione nartece)
Il nartece è riconosciuto concordemente dalla critica più recente alla metà del XII sec. L’avancorpo era in origine un esonartece, ossia un portico aperto verso l’esterno e comunicante colla chiesa tramite un unico accesso centrale. Il vano è coperto da sei crociere cupoliformi con archi traversi in bell’apparato lapideo. Alle pareti i salienti sono ricondotti a fasci di lesene e semicolonne. Nel progetto era prevista una tribuna alta e praticabile; il piano, quindi, sarebbe rimasto interrotto come prova la discontinuità nella tecnica muraria esterna, tra il bel paramento lapideo, che riveste il corpo sino all'altezza degli ingressi, e la fascia sotto il tetto. Non è chiaro l'uso di un simile elemento articolato in due piani: forse serviva alle esigenze cerimoniali di un numeroso clero (Schiavi).
1480 - XV (ricostruzione abside centrale)
L'abside centrale mostra, all'esterno, una serie di archeggiature in cotto innalzate, sopra la quota originaria di gronda, a sostegno delle coperture. Si tratta di un intervento evidentemente discontinuo che Cesare Tamborini è riuscito a motivare. La causa va ricercata nel crollo parziale della volta, tra 1446 e 1455. La ricostruzione sarebbe stata avviata dall'abate Nicola Tatti, particolarmente attivo in restauri vari e nella ricognizione di tutti i beni di pertinenza dell’abbazia, anche in vista del rilancio dell'istituzione dopo il progressivo ridimensionamento che, nel 1402, aveva portato a sole due presenze nel monastero. La datazione degli interventi sui settori della chiesa interessati dal crollo è stata avvalorata anche dall'analisi della fabbrica. In particolare, nella calotta sopra il coro, sotto la ricca veste decorativa settecentesca, è emerso un lacerto di affresco con una Majestas domini, nei modi riferibili agli ultimi decenni del XV sec. o agli inizi del XVI sec.
XVI - XVI (costruzione cappella del SS. Sacramento e sagrestia)
Le contese tra l'influenza pavese e la diocesi milanese non si placarono neppure quando, nel dicembre 1534, i beni dell'abbazia furono incamerati dall'Ospedale Maggiore di Milano, passaggio di mano sancito con bolla papale dell'8.III.1535. Lo stesso Carlo Borromeo, in visita ai luoghi, fece incarcerare il priore di S. Donato, reo di doppio gioco. La divisione si riversò nel corpo sociale dell'abitato, inasprendosi con la costituzione delle locali confraternite. Il sodalizio riunito sotto il titolo del SS. Sacramento fu istituito in S. Donato e diede mano al rifacimento della cappella in capo alla navata meridionale. Questa fu creata prima del 1566 in seguito alla costruzione della sagrestia; l’opera aveva comportato la creazione di un vano, con accesso dal coro, che aveva inglobato l’antica abside di testata e aveva portato all’erezione di un muro di divisione con la navata. Il nuovo ambiente, dedicato al SS. Sacramento, fu arricchito di stucchi e affreschi, ultimati nel 1581.
1565 - 1565 (restauri e cambio di intitolazione cappella di S. Giovanni Battista)
In parallelo con le opere che interessavano la testata della navata meridionale, nella navata settentrionale fu innalzato, davanti all'antica absidiola e attorno al 1565, un corrispondente muro di divisione. La parete era destinata all’affresco con 'Madonna dei limoni' che fu poi obliterato, per l'inserzione di un ulteriore setto murario, nel XVII sec., per appoggiarvi un altare che la locale confraternita del Suffragio dedicò alla Concezione di Maria.
1646 - 1684 (restauri e adattamenti interno)
Il XVII sec. fu caratterizzato da numerosi lavori. La testata della navata settentrionale, lesionata a causa di un altro crollo di parte del campanile (1646), fu adeguata nel 1647 a sede di confraternita del Suffragio; ne fu anche mutata l’intitolazione, da S. Giovanni Battista a Concezione di Maria. Altri lavori riguardarono, attorno al 1665, il nartece: furono dapprima tamponati gli archi d'accesso dall'esterno, creando un solo portale al centro della facciata; in seguito fu abbattuto il setto di divisione con la navata centrale, dove si apriva il primitivo ingresso alla chiesa; quindi furono eliminati i muri di separazione con le navatelle laterali. A seguito di queste opere, l’avancorpo, un tempo aperto, fu definitivamente riunito all’ambiente interno della chiesa. Nel pronao trovò posto, nel 1684 ca, il battistero che, già nell'abside sinistra, era stato provvisoriamente trasportato in un ambiente costruito in appendice alla fianco nord della chiesa, presso il campanile.
XVIII - 1752 (costruzione volte)
Sino, almeno, attorno al 1718 la chiesa era ancora "sub soffitto ligneo". L'imponente lavoro di costruzione delle volte non è documentato, ma due elementi concorrono a fissarne l'esecuzione attorno al quarto/sesto decennio del XVIII sec. Per l'inserimento della copertura, infatti, fu necessario rialzare i muri del cleristorio; in conseguenza, l'abside centrale, ricostruita nel XV sec. e con chiave di vertice impostata al precedente soffitto, fu adattata alle nuove quote. Furono distrutti, in tal modo, buona parte dei cicli affrescati, ad eccezione dei settori rimasti in opera alla radice della semi cupola, coperti con un dipinto donato nel 1752 da Giulio Cesare Brambilla. Inoltre, furono aperte luminose finestre nel cleristorio, con accentuato motivo a balestra, ulteriore conferma per una cronologia dei lavori. Infine, l'intera navata fu rivestita di lesene e stucchi decorativi, con perdita dell'originario impianto e di altri affreschi.
XVIII - 1752 (cicli affrescati volta del presbiterio)
Il ciclo affrescato sopra il coro, a coronamento del rinnovato presbiterio, è stato a lungo ritenuto opera di Biagio Bellotti. La datazione, compresa tra l'avvio del quinto decennio del XVIII sec. (Stoppa, cit. in Pacciarotti) e la metà del secolo (Coppa), anche per via della nomina, nel 1740, del priore Francesco Omati, promotore dell'intensa campagna di restauri interni all'abbazia, conferma la cronologia dei lavori edili per la costruzione delle volte e trova un termine ante quem nella posa del citato dipinto al centro dell'abside, nel 1752. Nonostante la consolidata tradizione attributiva, Giuseppe Pacciarotti ha recentemente e convincentemente espulso il lavoro dal corpus delle opere di Bellotti per restituirlo a "un artista di una generazione precedente". Pacciarotti, rilevando, anzi, una “forte componente magattesca”, associa il ciclo di S. Donato a quello, poco conosciuto e ancora anonimo, in S. Nicone a Besozzo.
1745 - 1753 (restauri e balaustra del presbiterio interno)
Nel 1745 furono abbattuti anche i muri di separazione tra il nartece e le navate laterali, con distruzione degli altari dedicati a S. Caterina (a sinistra) e S. Gregorio. L'insieme dei lavori completati attorno alla metà del XVIII sec. restituisce, quindi, l'immagine di un programma unitario di riforma promosso dall’attivo priore Francesco Omati, ma al quale manca la possibilità di associare la figura di un progettista. Per questo, acquista rilevanza il nome dell'"ing. Vanotti", emerso dalle carte (Tamborini), come autore del disegno della balaustra in marmo del presbiterio, messa in opera da Pietro Rossi (1752/53). Vanotti potrebbe essere quel Paolo Gerolamo, nativo di Bollate e ingegnere collegiato dal 1728.
1822 - 1822 (ampliamento sagrestia)
Tra i non numerosi interventi ottocenteschi, l'ampliamento della sagrestia, documentato nel 1822, deve essere menzionato; seppur di poco conto, infatti, l'opera comportò la definitiva demolizione dell'abside meridionale, già in precedenza separato dalla navata, con conseguente perdita di cicli affrescati. Nel frattempo, l’abbazia, già da tempo ridotta a commenda (alla fine del XV sec.), privata definitivamente del cenobio (1541), insignita del titolo di parrocchiale per l’intera Sesto Calende (XVI sec.) e per qualche tempo, durante l’occupazione napoleonica, ridotta ad alloggi militari, era passata finalmente sotto la giurisdizione milanese, nel 1820.
1959 - 1959 (restauri intero bene)
Nel Novecento, l'abbazia di S. Donato fu interessata da diversi interventi di restauro. Il primo fu condotto nel 1959 e fu associato anche a una campagna di scavi archeologici. Nell'occasione, all'esterno, fu levato l'intonaco della parete settentrionale della chiesa. All'interno, invece, fu possibile riscoprire, dietro un setto murario, l'affresco noto come 'Madonna dei limoni'; l’opera, di fattura cinquecentesca, era celata da un setto murario a sua volta anteposto a una parete costruita, alla testata della navata minore sinistra, davanti all’abside, per appoggiarvi l’altare della Concezione della B.V. a uso della confraternita del Suffragio. Rimossi parete e altare (noto in tempi più recenti sotto il titolo di S. Francesco d’Assisi), fu ripristinata la dedicazione a S. Giovanni Battista, la più antica nota grazie alle fonti (‘Liber Notitiae sanctorum Mediolani’, XIV sec.) associata alla recuperata absidiola.
1964 - 1965 (restauri intero bene)
Nel 1963, nell’abbazia (che dal 1911 aveva ceduto il titolo parrocchiale alla moderna chiesa di S. Bernardino), fu istituita la nuova parrocchia di S. Donato. L’anno seguente furono avviati consistenti lavori. Ne fu coinvolta ancora l'abside della navata settentrionale, liberata nel 1959 dal muro su cui era dipinta la 'Madonna dei limoni', nel frattempo trasportata su tela. Qui, dopo accurate indagini, fu abbassato il livello del pavimento di circa 60 cm portando alla luce i finti tendaggi appartenenti all'originario ciclo affrescato nel catino absidale. Inoltre, presso il campanile, sulla parete sinistra, furono abbattute due cappelle, una dedicata all'Addolorata, l’altra a S. Giovanni Battista (per trasferimento di battistero e titolo dall'abside sinistro, forse dopo la conversione a oratorio del Suffragio, nel 1647). Nel 1965, inoltre, fu levato "parte dell'intonaco sulla parete sud della chiesa" (Tamborini).
2009 - 2014 (restauro conservativo e adeguamento impiantistico intero bene)
L'abbazia di S. Donato fu interessata da un ultimo intervento generale a partire dal 2009, quando fu rilasciata l'autorizzazione per l'adeguamento dell’impianto illuminotecnico. Nel 2012 furono promossi alcuni lavori sul campanile. Un secondo lotto di lavori fu avviato nel 2013; ultimati gli interventi sulla torre campanaria, il cantiere è stato trasportato all'interno. Qui, dopo la rimozione dell'intonaco sulle volte della navata centrale, sono state ripristinate le superfici murarie e tutti i cicli affrescati sono stati sottoposti a interventi di restauro. I lavori sono stati ultimati nel 2014.



Descrizione  La chiesa sorse nel IX sec. come abbazia benedettina in loc. Scozola, fuori Sesto Calende, a dominio di vasti campi agricoli e presso un porto commerciale che avrebbe conferito nome alla località (per Tamborini Scozola, da ‘Scossa’, pagamento dei tributi), ma che presto fu interrato a causa della piena del Ticino del 1203. La fondazione è pavese e la chiesa, dal XVI sec. parrocchiale di Sesto Calende, fu a lungo contesa con Milano, sino al 1820 quando rientrò nella giurisdizione ambrosiana. L’interramento del porto, le aspre contese con Milano (spesso sostenute da falsi precetti divenuti proverbiali, sbandierati persino davanti al Papa) e la perdita, nel 1199, dell’autorità pavese sull’abitato di Sesto portarono al progressivo ridimensionamento del cenobio, soppresso nel XVI sec. Della chiesa coeva alla fondazione non rimangono che frammenti di lastre scolpite a motivi spiraliformi, murate all’interno. Per il resto, l’edificio è frutto di una costruzione del XI sec., integrata nel successivo da un nartece. Modificata a più riprese, fu radicalmente restaurata entro il 1752, secondo una veste che ancora caratterizza sostanzialmente l’interno. Si giunge all’abbazia lasciando la periferia moderna di Sesto Calende. Anticipata da un prato verde (già area cimiteriale) e dal sagrato, la mole severa dell’edificio e del campanile offrono un quadro ancora in grado di risarcire le trasformazioni prodotte dalla recente urbanizzazione dell’area. L’avancorpo, o nartece, è un parallelepipedo anticipato alla chiesa vera e propria, di cui nasconde la facciata. Vi si aprono tre porte, a loro volta ricavate nel tamponamento degli archi originari (quando l’ambiente era aperto), la cui ghiera falcata è risaltata dall’alternanza cromatica delle pietre dei conci. L’interno del nartece è suddiviso da due colonne in sei campate disallineate rispetto all’asse longitudinale della retrostante chiesa. Le colonne, con rozzi capitelli figurati, sostengono una serie di volte cupoliformi. Sulla parete destra, un ricco ciclo affrescato dedicato a S. Caterina (inizi del XVI sec.) è stato a lungo variamente attribuito a noti pittori lombardi, ma rimane ancora anonimo. Dal nartece si passa alla chiesa scendendo due gradini. Questa è impostata con un impianto basilicale, a tre navate diseguali senza transetto. Le navate sono scandite da archi a tutto sesto sostenuti da pilastri a sezione rettangolare, secondo le riforme settecentesche. La navata centrale termina con un profondo coro, innalzato di due metri sul pavimento e ideato per corrispondere alle esigenze della comunità monastica. Delle tre absidi, la destra è stata distrutta nel 1822. La minore settentrionale, invece, recuperata nel 1959, conserva il catino e l’intera superficie affrescata. Al centro dell’abside, la cui dedicazione a S. Giovanni Battista, riproposta di recente, riprende l’intitolazione nota sin dal XIII/XIV sec. (‘Liber Notitiae sanctorum Mediolani’) è stato ricollocato il fonte battesimale, documentato nelle prime visite pastorali. La testata dell’abside destra fu ricondotta nel 1565 circa a cappella rettilinea per la creazione della retrostante sagrestia. Dedicata al Crocifisso (in luogo della precedente invocazione a S. Pietro), fu sede di confraternita ed è rivestita di un ricco apparato di stucchi e affreschi. Il presbiterio è preceduto da una scalinata, ornata, come la piattaforma rialzata, di una balaustra in marmo, collocata nel 1772-53. La volta, le pareti delle tre campate del coro e l’abside sono rivestiti da una ricca decorazione affrescata a lungo attribuita a Biagio Bellotti e ora a una bottega vicina all’operato di Antonio Magatti. Sotto il presbiterio, e con accesso ai lati della gradinata centrale, si sviluppa la cripta, coeva (secondo Schiavi) alla chiesa (XI sec.). La parte terminale esterna della del complesso conserva due absidi antiche (centrale e settentrionale) e il paramento originario in ciottoli e pietre di medie dimensioni, apparecchiate con una certa regolarità.

Impianto strutturale
Le strutture verticali di sostegno sono costituite in parte da muratura continua a sezione regolare (muri d’ambito), in parte da elementi puntuali di scarico (pilastri e colonne) per le volte interne del nartece, delle navate della chiesa e della cripta. Le coperture interne presentano un articolato sistema di volte, ad eccezione della cappella in capo alla navata destra delimitata da un soffitto ligneo orizzontale. Copertura del fabbricato con tetto sorretto da ordito ligneo, principale e secondario; la copertura si articola con una falda unica sopra le navate laterali, raccordata, verso ovest, alla falda del nartece, inclinata verso la facciata; sopra la navata centrale il tetto è a due falde; le due absidi (centrale e settentrionale) sono coperte da falde di tetto secondo il raggio di curvatura, raccordate al vertice.
Struttura
I muri d’ambito sono rivestiti, all’esterno, da paramenti con svariate tessiture, frutto di diverse fasi costruttive e posate con intenzionalità estetiche. Il corpo della chiesa (di cui sono visibili il fianco nord e sud, nonché il settore absidale), presenta una muratura in ciottoli piuttosto eterogenea con inserti a spina pesce, laterizi e materiale di spoglio; il settore meglio conservato è quello absidale, dove le pietre di medie dimensioni sono disposte in corsi orizzontali di una certa regolarità; vi si individuano facilmente le monofore, ora chiuse, con ghiere in mattoni dal profilo falcato. Nel complesso, una tecnica muraria la cui non raffinata fattura aveva già indotto i primi studiosi a qualche incertezza nella datazione complessiva della chiesa. Di contro, il nartece, frutto di un intervento più tardo, presenta quasi inalterato il paramento esterno composto di pietre squadrate e dall’efficace effetto cromatico per l’alternanza di serizzo (grigio) e pietra d’Angera. Buona parte dei prospetti (pareti nord e sud) era intonacata, almeno sino agli interventi condotti nella seconda metà del Novecento. Sul fianco nord, inoltre, presso il campanile, sono visibili le aperture, ora tamponate, di tre vani (due cappelle e un locale di servizio) aggiunti in appendice alla chiesa nel corso del tempo, e demoliti nel 1964. Il nartece, suddiviso in tre navate e due campate, è coperto da volta a crociera cupoliformi. La navata centrale è suddivisa in tre campate e coperta da volte a vela unghiate, rette da archi trasversali a pieno centro; una prima campata, di passo ridotto, è coperta con volta a vela. Il profondo presbiterio è particolarmente complesso: si sviluppa in due campate di uguale passo cui segue una campata ridotta che prelude al catino absidale. La prima campata è coperta da un cupolino ribassato su pennacchi, la seconda da una volta a vela unghiata, la terza, avanti all’abside, da una volta a botte. Le navate laterali (con ritmo ripreso dalla centrale, ossia tre campate identiche precedute da una ridotta) sono coperte da una sequenza di volte a crociera. La cripta, sviluppata in tre navate scandite in quattro campate, è coperta da volte a crociera sostenute da archi trasversi diseguali. Le absidali (abside centrale navata maggiore e abside a sinistra, nella navata minore) sono coperte da semicalotte.
Campanile
Il campanile dovrebbe essere stato innalzato qualche decennio dopo la fine del cantiere di ricostruzione dell'abbazia. Presenta una “decorazione che si avvia sopra un’alta porzione di canna liscia e si articola in tre registri sulla fronte occidentale e in due sole sugli altri lati": particolare "è scansione dei registri inferiori a specchiature affiancate divise da una lesena centrale: si tratta di un motivo decorativo che in Lombardia si ritrova quali solo a Vimercate (S. Stefano) e che registra l’influenza di fabbriche piemontesi" (Schiavi). Nel 1964, all'interno della chiesa, è stata riportata in luce la porta d'accesso alla torre, con una "rozza lunetta in pietra e parte dell'antica muratura" (Tamborini). L'elemento contribuisce a una datazione ai primi decenni del XII sec. dell'intero manufatto, per via di un analogo portale, presente nel chiostro di S. Michele a Voltorre (Gavirate). Rispetto a questo, tuttavia, il portale del campanile di S. Donato denuncia una minore qualità esecutiva, a ulteriore documentazione di caratteristiche generali costruttive del complesso già evidenziata dai primi studi (Porter) e motivo di difficoltà per la determinazione cronologica delle fasi del complesso dopo il Mille.
Altare maggiore
Al centro del presbiterio s’innalza l’altare settecentesco coevo, s’immagina, alla balaustra, opera meglio documentata, riferita al disegno dell’ing. Paolo Gerolamo Vanotti e all’opera di Pietro Rossi. L’altare sostituisce quello costruito dopo il passaggio dell’abbazia (nel frattempo ridotta a commenda) ai beni dell’Ospedale Maggiore di Milano. Di questo manufatto si conserva il tabernacolo ligneo. Nell’abside si dispiega il bel coro ligneo, suddiviso in quindici stalli, opera del 1587 e, forse, d’intagliatori provenienti da Angera (Trigari Monti, Rosalba - Bonini Rosini).
Cripta
L’ambiente è scandito in tre navate da otto colonne di differente fattura, con capitelli smussati, privi di qualsiasi decorazione scultorea. Al centro dell’abside, l’altare conserva l’antica dedicazione alla Madonna documentata nel ‘Liber Notitiae sanctorum Mediolani’ ed è preceduto, sulla volta, da sinopie di affreschi (XIV-XV sec.) con storie della vita di Maria.
Cicli affrescati
Dei numerosi cicli affrescati, sono rimasti in opera quattro grandi contesti. Nel nartece, sulla parete destra dell’ultima campata, un ricco ciclo, dedicato a S. Caterina (inizi del XVI sec.), è stato a lungo e variamente attribuito a noti pittori lombardi, a partire dall’interessamento di Giuseppe Bossi che, nel 1810, nell’ambito della ricognizione collegata allo studio sul Cenacolo di Leonardo, l’attribuì a un seguace di Da Vinci. La composizione è articolata: al centro di una nicchia una serie di santi (Defendente, Lucia e Antonio da Padova); ai lati di questa, un vescovo benedicente (Maiolo?) e S. Apollonia; sopra, nella lunetta, una ‘Disputa di S. Caterina coi filosofi’. La scena è interrotta da un modesto riquadro con il battesimo, a ricordo del fonte qui trasportato nel XVII sec. L’abside sinistra conserva più antiche pitture, su diversi livelli, raccordate in basso da un velario decorativo. Al centro un battesimo (qui era il fonte in origine), a destra del quale una teoria di santi rappresenta, forse, il lascito di una fase precedente, del XIV-XV sec. Nella calotta, una Majestas Domini, con angelo musicante, S. Ambrogio e S. Nicola, conclusa inferiormente da una decorazione a nastro spiraliforme, è da riferire ai primi del XVI sec., in continuità con altri casi varesini. La cappella in capo alla navata destra, trasformata dalla confraternita del SS. Sacramento in cappella del Crocifisso, offre un soffitto decorato in stucco di ragguardevole fattura, con un Dio Padre ad altorilievo entro elaborata cornice circolare. Sulle pareti e sul soffitto, varie scene affrescate (1565-1581 ca) con ‘Salita al Calvario’ (parete), scene dalla Passione e natività (soffitto). Nella medesima cappella, anche un profeta Isaia, del XIV-XV sec. Il ciclo di maggior rilievo, anche per impatto visivo, è quello dispiegato nel presbiterio entro il 1752. Presenta una ‘Gloria di san Donato’ (sul cupolino), tra angeli, figure allegoriche e vedute architettoniche; sulle pareti laterali, pure incorniciati da ricca decorazione architettonica e decorativa, ‘San siro resuscita la figlia della vedova veronese’ e ‘San Gandolfo versa il denaro per il riscatto degli schiavi’. Il primo riquadro è collegato al quadro devozionale promosso sin dalla fondazione dell’abbazia da parte del vescovo pavese; un altare di S. Siro esisteva, del resto, nel nartece, almeno a cavallo tra XIII e XIV sec. Il culto di S. Gandolfo, invece, rimanda alle presunte spoglie riconosciute nel XVI sec. in quelle rinvenute dietro l’altare maggiore; ma si trattò, forse, di un equivoco e dell’errata interpretazione della devozione a S. Arnolfo, il cui altare esisteva nella chiesa secondo il ‘Liber Notitiae sanctorum Mediolani’ (Tamborini). Altri frammenti sono sparsi altrove: nell’intradosso dell’arco centrale d’ingresso al nartece campeggia un affresco di S. Cristoforo, del XV sec., recuperato nel Novecento. Al centro del catino absidale, avanza una porzione della Majestas Domini affrescata nel XV sec. dopo il rifacimento della calotta. Nel primo pilastro destro nella navata maggiore sopravvive una ‘Madonna del latte’, opera dell’ultimo quarto del XV sec.
Opere d'arte
Alle pareti interne sono appesi alcuni affreschi strappati. Tra i più imponenti: la ‘Madonna dei limoni’, rinvenuta nel 1959 nella cappella che occludeva la testata della navata settentrionale, successiva al 1565 e ora sulla parete sinistra della navata settentrionale; una copia dell’Ultima Cena di Leonardo, sulla parete sinistra della cappella del Crocifisso. L’opera, firmata e datata (1581) da Battista Tarilli di Cureglia (Canton Ticino), è purtroppo giunta ai nostri giorni parzialmente conservata, nonostante le evidenti integrazioni. Fu commissionata a conclusione dell’opera di decorazione interna alla cappella stessa, tra stucchi e altri affreschi, promossa dalla confraternita del SS. Sacramento. Sulla parete destra della navata minore, due recuperi provenienti dalla facciata: uno reca le effigi di S. Rocco e di S. Donato, ed è seicentesco; l’altro, una ‘Madonna in trono’ destò l'interesse di Giuseppe Bossi che lo incluse nella ricognizione 'Del Cenacolo di Leonardo da Vinci', edita nel 1810, come opera assai antica (ma XV sec.). Va segnalato, infine, che alcune opere andarono disperse, anche in anni relativamente recenti. Tra queste il "seggio a intagli e finte tarsie", opera lignea di bottega lombarda del XV sec., entrata a far parte delle collezioni dei fratelli Bagatti Valsecchi e oggi nelle raccolte del Museo Bagatti Valsecchi di Milano. Il ricco apparato scultoreo dei capitelli del nartece è stato di recente analizzato da Carlo Schiavi, che vi ha individuato una matrice piemontese e un parallelo con analoghi manufatti presenti nell’astigiano. Presentano scene allegoriche (serpenti intrecciati alternati a gigli; teste umane con animali mostruosi) alternati a càlati con sviluppo ‘classico’ a foglie.



Adeguamento liturgico  altare - aggiunta arredo (1990 circa)
Per adeguamento ai canoni conciliari, è stato aggiunto un altare, sollevato su una pedana, alla base della scalinata che conduce al presbiterio rialzato.






Collocazione geografico - ecclesiastica


Regione Ecclesiastica Lombardia
Diocesi di Milano
2 Zona Pastorale II - Varese - Decanato di Sesto Calende
Parrocchia di San Donato

Via Abbazia 20 - Sesto Calende (VA)


Edifici censiti nel territorio
dell'Ente Ecclesiastico


Altre immagini
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