CEI - Conferenza Episcopale Italiana - Servizio Informatico - Ufficio Nazionale per i Beni culturali Ecclesiastici e l'edilizia di culto
17/5/2024 Diocesi di Milano - Inventario dei beni culturali immobili
Chiesa di San Materno <Maccagno Superiore, Maccagno con Pino e Veddasca>
Data ultima modifica: 02/08/2017, Data creazione: 14/7/2011


Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale


Denominazione Chiesa di San Materno


Altre denominazioni S. Materno


Autore(Ruolo)  Pisoni, Carlo Rocco (decorazione a stucco)
Caronesi, Ferdinando (costruzione altare laterale)
Catenazzi, Gaspare (costruzione facciata)
Buzzi Donelli, Giovanni Battista (costruzione altare maggiore)



Ambito culturale (ruolo)  maestranze lombarde (costruzione)



Notizie storiche  1588 - XVII (costruzione intero bene)
Lo stimolo per la costruzione di una nuova, grande chiesa fu, per gli abitanti di Maccagno Superiore, la costituzione in parrocchia autonoma della comunità spirituale locale, da secoli dipendente dalle chiese 'matrici' di Maccagno Inferiore o della Valle Veddasca. L'antico edificio sacro, già esistente nella località (oggi chiesa di S. Antonio), non poteva più soddisfare rinnovate le esigenze di decoro, né ospitare una popolazione nel frattempo cresciuta per numero e peso economico. La nuova chiesa, intitolata come l'antica a S. Materno, era in costruzione nel 1596, durante la visita del card. Federico Borromeo, che constatò: "adhuc sunt erecti parietes". Difficile stabilire quando fossero terminati i lavori che, probabilmente, si trascinarono a lungo. La prima visita utile risale solo al 1683.
XVII - XVII (completamento intero bene)
La chiesa, avviata alla fine del XVI sec., fu completata nel secolo seguente. Nel 1683 aveva impianto semplice, ad aula unica con facciata al rustico, nessuna torre campanaria e nessun altare laterale. Ne fu rilevata la larghezza: 13 cubiti. Era coperta con un soffitto "di larice quadretato", come si apprende da una descrizione redatta dal parroco attorno al 1707, quando l'edificio era sottoposto a ingenti trasformazioni.
1701 - 1715 (ricostruzione interno bene)
Questa prima chiesa fu del tutto inglobata in un nuovo, ambizioso progetto avviato dal parroco Giovanni Angelo Caldarone sulla base di un disegno, purtroppo non rintracciato (e anonimo), "spacciato nella curia arcivescovile" il 9.II.1701. La prima pietra fu posta il 15 marzo successivo dal capomastro Carlo Giuseppe Baroggi. Il cantiere è ben documentato per i resoconti meritoriamente lasciati da diversi parroci: entro il 1707 al corpo della chiesa seicentesca erano state aggiunte le prime due cappelle laterali (al rustico) e il presbiterio "con il cielo ornato" di cupola e "cornice alla moderna"; attorno al 1715 le opere erano concluse come prova l'iscrizione (Divo Materno sacrata excellentiori sculptura MDCCVXV ornata) ancora rintracciabile nell'interno. Entro quell'anno erano state terminate anche tutte le cappelle laterali, alcune già benedette, altre ancora da dotate di ornamenti e suppellettili.
1701 - 1721 (costruzione cappella laterale di S. Anna)
Un inedito contratto con il capomastro Carlo Lazzaro Bolognini (q. Francesco), della frazione di Veddo, documenta la donazione dell'8.II.1701 "causa construendi edicula [...] in honore d. Annae" da parte della famiglia Clerici. L'opera era terminata nel 1705, quando si avviava il cantiere della cappella di S. Giuseppe "per contro a quella fabricata all'honore di S.Anna". In seguito, per la "divota pietà" della famiglia Branca (da poco trasferita a Maccagno per seguire interessi commerciali da Brissago), fu rinnovata "di stucco, marmi, lavori di scaiola, entagli dorati e supeletile per l'altare"; cointitolata a S. Gioacchino, fu benedetta il 26.VII.1721. Nonostante l'interessamento dei Branca, che concepirono la cappella come sepolcreto privato e iscrissero sulle balaustre il proprio stemma gentilizio, la cappella divenne "di ragione" della Scuola del SS. Sacramento, (istrumento 7.V.1721), ingenerando una diatriba che si trascinò per decenni.
1705 - 1716 (costruzione cappella laterale di S. Giuseppe)
Nel 1705 fu posta la prima pietra di quella dedicata a S. Giuseppe, voluta dal capomastro Gerolamo Monaco e dallo stesso patrocinata. Nel 1707 era terminata al rustico, come documenta una "Descrizione" della chiesa compilata attorno a quella data dal parroco: "di recente restan fabricate due Capelle contigue al choro [...] da dedicarsi". La cappella fu benedetta il 19 marzo 1716; nella medesima cerimonia fu consacrata anche la cappella delle Anime Purganti, sul medesimo lato della rinnovata chiesa, la cui costruzione fu cominciata nel 1707.
1707 - 1713 (costruzione cappella laterale dell'Addolorata)
Il 4 aprile 1707 il parroco, Giovanni Angelo Caldarone, avviò la costruzione della cappella dell'Addolorata, a lato di quella dedicata a S. Giuseppe il cui cantiere era in corso sul fianco destro della chiesa. La prima pietra fu posta alla presenza dei capomastri Paolo Baroggi e Giulio Bassano. La cappella, benedetta il 13 maggio 1713, era stata impreziosita di stucchi da Rocco Pisoni (originario di Germignaga e attivo anche in Canton Ticino) e di un bell'altare in scagliola policroma della bottega di Giovanni Battista Rava di Val Dirinella (nel Gambarogno svizzero). Statuaria lignea a tema (Madonna e Pie donne) e ciclo di tele con i 'Dolori della Vergine' (affidato a Marco Antonio Caldarone, singolare figura di prelato-artista, congiunto al parroco di Maccagno e, come lui, originario di Germignaga) arricchirono da allora il fulcro spirituale della nuova chiesa così come ideato dal parroco e per buona parte da lui economicamente sostenuto.
1707 - 1716 (costruzione cappella laterale delle Anime Purganti)
Il 18 maggio 1707 fu posta la prima pietra della cappella delle Anime Purganti, l'ultima del cantiere che, in quegli anni, era concentrato soprattutto nel settore destro della parrocchiale di Maccagno. La cappella fu costruita "a spese della bussola dei morti di questa comunità", come registrò il parroco Caldarone. La cappella fu benedetta il 19 marzo 1716; nella medesima cerimonia fu consacrata anche la cappella dedicata a S. Giuseppe il cui cantiere era stato avviato nel 1705.
1709 - 1723 (costruzione fianco sinistro, cappelle laterali)
Il registro del parroco Caldarone, alla data del 6 maggio 1709, annotò: "si è dato principio alle cappelle da dedicarsi alla Passione di N. S. Gesù Cristo, e l'altra per il Battistero". Fu incaricato del cantiere il capomastro Pietro Rogora (già impiegato per la fronteggiante cappella dell'Addolorata), in società con "mastro" Andrea Ambrosetti. Le due cappelle, con l'esistente di S. Anna, profilavano il completamento del lato sinistro della chiesa. La cappella della Passione, dedicata anche al culto "di S. Francesco Salesio e di S. Antonio abate", fu benedetta il 20 marzo 1723 anche grazie "all'elemosina della Cappella dell'Addolorata"; di quel tempo, almeno, le due statue dei santi contitolari (oggi spostate sull'altare dell'Addolorata) e il crocifisso ligneo, ancora nella sede originaria.
1733 - 1733 (costruzione altare maggiore e pulpito)
A conclusione dell'impegnativo cantiere, nel 1733 il nuovo parroco, Francesco Tirinanzi, commissionò a un abile plasticatore locale il paliotto in scagliola policroma destinato all'altare maggiore (allora ligneo). L'autore firmò il pregevole manufatto ("Pietro Maria Baroggi fè 1733"), ad oggi unica testimonianza di un'attività di altissimo profilo sui cui è ancora da indagare. All'opera di Baroggi, forse, va assegnato anche il singolare pulpito della chiesa, coevo e integralmente rivestito in scagliola policroma.
1769 - 1773 (costruzione facciata)
Il 1° venerdì di marzo 1769 "si è dato principio allo scavo del fondamento per riformare et ingrandire la facciata rustica et imperfetta". Il diligente appunto del terzo parroco avvicendatosi dall'avvio del cantiere della chiesa nel 1701, Carlo Francesco Clerici, informa anche sull'interessante équipe interpellata per confezionare il disegno della nuova facciata: Michele Boscetti di Campagnano "approvato anche dal sig. Gaspare Catenazzi di Lozzo". Quest'ultimo, in particolare, vantava di aver da poco concluso (1766) un appalto di notevole impegno: il tamburo della cupola del Duomo di Pavia. Il 5 marzo si scelse di avanzare "per tre braccia" l'erigenda fronte, così da ricavare un piccolo vestibolo utile ad alloggiare il battistero (come poi fu, nel tempo) e sostenere la cantoria. Il 7 marzo si posava la prima pietra, a opera del capomastro Giovanni Maria Bassani. Nel 1773 si era giunti solo "alla metà" dell'impresa, tanto che fu necessario stipulare un nuovo contratto.
1773 - 1783 (completamento facciata)
La necessità di completare la fronte della chiesa, il cui cantiere proseguiva a rilento dal 1769, spinse il parroco Clerici concludere un ulteriore appalto con il "mastro" Francesco Bolognini, del luogo, per una cifra di "fiorini 650". Non fu sufficiente. Alla morte di Bolognini, nel 1777, la facciata era ancora "imperfetta". Solo nel 1783, "mastro" Carl'Antonio Zariatti "e compagni" la portarono a compimento, sia all'esterno, sia "per di dentro", dove era stato "gettato giù il muro della facciata vecchia", ossia il prospetto al rustico che era rimasto arretrato rispetto alla linea della nuova fronte tracciata nel marzo del 1769.
1783 - 1783 (decorazione interno)
Con la fine del cantiere della facciata, il parroco Clerici poteva dedicarsi alle rifiniture interne. Già ornata nel 1715, quando le volte erano state appena concluse, la chiesa "fu anche imbiancata tutta [...] e rinfrescati li colori" per l'intervento di "mastro" Felice Mondini del vicino paese di Tronzano. Il tutto era definitivamente pronto "per la festa del Corpus Domini che fu il 19 corrente giugno" 1783.
1796 - 1796 (ricostruzione altare maggiore)
Il 14.I.1796 fu stipulato il contratto per la ricostruzione dell'altare maggiore, sino ad allora di legno, con il "marmorino di Viggiù" Giovanni Battista Buzzi Donelli. Il nuovo manufatto, "conforme al dissegno firmato da ambo le parti" doveva essere "finito [...] a tutto il prossimo [...] maggio". A carico dell'appaltante (cui si univa il fratello Gabriele) il trasporto dei marmi sino a Laveno; la condotta via acqua da Laveno a Maccagno, la calcina, il vitto e l'alloggio per gli operatori rimanevano a carico della parrocchia. Il 18.III.1797 Gabriele Buzzi ritirò dalle mani del tesoriere della confraternita del Sacramento il "saldo e compiuto pagamento dell'opera". Mancavano ancora da remunerare, a quella data, un Antonio Marchelli di Luino, detto "Caporale" e un Protaso Giovanni Cerri (o Ceri) di Ascona, forse i garzoni indicati nelle carte.
1836 - 1844 (costruzione cappella laterale di S. Nicola)
Nel 1836, dopo un'ondata di colera, gli abitanti di Maccagno decisero di innalzare un altare a S. Nicola da Tolentino. Nella chiesa rimaneva una cappella libera, quella del battistero che poteva essere comodamente alloggiato nell'intercapedine creatasi verso l'ingresso con la costruzione della facciata tardo-settecentesca. Per l'altare fu interpellato un architetto locale con studio assai affermato a Torino, Ferdinando Caronesi, reduce dalla vittoria al concorso per il disegno della facciata di S. Carlo, nell'omonima piazza sabauda. Questi produsse un rigoroso disegno che fu tradotto in pratica tra il 1839 e il 1844. La cappella fu decorata in quegli anni da Francesco Bolognini, nipote dell'architetto e, con lui, destinato a brillante carriera in Piemonte.
1875 - 1877 (restauro facciata)
A quasi un secolo dal completamento, la facciata della chiesa impose interventi sostanziali di manutenzione e modifica, la cui entità, tuttavia, non è chiara. Sicuramente l'opera fu ingente perché alla causa fu destinato per intero il ricavato dalla vendita della vecchia casa parrocchiale, adiacente all'antica chiesa della località divenuta, nel frattempo, oratorio di confraternita sotto il titolo di S. Antonio. Le linee settecentesche della facciata non mutarono nella sostanza. Furono forse ripresi decori e dettagli architettonici lasciati dal cantiere settecentesco evidentemente incompleti.
1939 - 1939 (nuova decorazione interno)
Attorno al 1939 alcune ricorrenze determinarono la necessità di provvedere a una nuova decorazione interna. Fu ingaggiato dal parroco il pittore Olindo (o Lindo) Grassi che non ebbe remora a rivedere drasticamente l'impianto cromatico di lesene, volte, altari e pareti. Il medesimo Grassi fu chiamato dagli eredi di Francesco Bolognini, il decoratore che era intervenuto ad affrescare la cappella di S. Nicola da Tolentino un secolo prima (nel 1839), a rivisitare anche gli ornati attorno all'altare del santo, nel frattempo affermatosi nella devozione popolare locale. Al termine delle operazioni, la chiesa fu consacrata dal card. Ildefonso Schuster. Era il 4 ottobre 1939.



Descrizione  Il S. Materno di Maccagno s'innalza sopra un ristretto sagrato chiuso da due ali di fabbrica simmetriche (a destra la ex casa parrocchiale, a sinistra una casa privata) che inquadrano l'elegante facciata settecentesca. Il complesso, frutto di un'operazione a scala urbanistica portata avanti nella seconda metà del XVIII sec., non appena ultimato il cantiere di ricostruzione della chiesa, è articolato, ma solo in parte conservato nell'originaria concezione: il corpo dell'edificio sacro, infatti, è collegato alle ali laterali con due passaggi coperti sotto i quali si sviluppavano, senza soluzione di continuità, un recinto costellato di cappelle di Via Crucis (oggi scomparse) e l'area cimiteriale, di cui rimane solo l'incompleto l'ossario. Anche l'interno della chiesa è il lascito di un complesso programma di fede e arte messo in cantiere dal 1701 alla metà del XVIII sec. L'aula unica è aperta ai lati da tre cappelle par parte; le due mediane, aggettanti rispetto al blocco del fabbricato e quasi pareggiate in altezza alla navata, configurano un vero e proprio transetto. La rilevanza di queste due cappelle (dove il parroco che guidò la ricostruzione concentrò i principali valori spirituali e rituali della nuova chiesa) è ulteriormente rimarcata da una cupola ribassata che, interrompendo la sequenza della volta a vela sopra l'aula fedeli, conclude in alto lo slancio della seconda campata. Le altre quattro cappelle, con terminazione rettilinea e copertura con volta a botte, più ridotte, contribuiscono a rimarcare la gerarchia architettonica delle parti, riflesso di un piano iconografico incentrato sulla vita e i dolori di Maria. Lo svela l'intitolazione degli altari: i due minori verso il presbiterio sono dedicati alla famiglia di Maria (Anna e Gioacchino, a sinistra) e alle sue nozze con S. Giuseppe. Precedono le cappelle mediane. In quella di destra, un gruppo statuario dell'Addolorata sorretta dalle Pie donne viene, dal 1717, portato annualmente in processione per il paese. Circondato da belle tele con i 'Dolori della Vergine', fronteggia il simmetrico altare del Crocifisso, ospitato in una profonda nicchia e forse ideato, in origine, come modesta riproduzione del Calvario. Sono complementari al cantiere settecentesco gli stucchi (interessanti nella cappella dell'Addolorata, attorno ai cartigli ai vertici delle cappelle laterali e all'altare di S. Anna) e, soprattutto, i manufatti in scagliola policroma, di cui la chiesa conserva un campionario di notevole pregio, per numero di esemplari e per qualità. Completa l'impianto settecentesco una seconda cupola ribassata, gettata sopra l'altare maggiore. Più recente è il primo altare a sinistra, entrando. Qui era collocato il battistero, spostato nell'andito all'ingresso della chiesa che fu creato tra la prima facciata settecentesca, rimasta al rustico, e l'attuale, del 1769-83. In luogo battistero fu realizzata, nel 1836-44, una cappella dedicata a S. Nicola da Tolentino. Si tratta di un altare di buone linee neoclassiche, disegnato dall'architetto Ferdinando Caronesi e costruito per voto dopo la scampata pestilenza di colera che, nei medesimi anni, imperversò anche in Piemonte; per scongiurare l'epidemia fu innalzata a Torino la Colonna votiva 'della Consolata' (1836-37), progettata dal medesimo architetto Caronesi. La chiesa è correttamente orientata. Il simulacro di Maria con le Pie donne (noto come 'Tre Avemarie') continua, oggi, ad animare la tradizionale festa parrocchiale. Un marchingegno, celato alla vista dei fedeli e oggi sostituito con un argano meccanico, consente di abbassare lentamente il gruppo dal piano della nicchia, ricavato nella cappella dell'Addolorata, a quello della navata, dove le statue rimangono esposte per qualche giorno alla devozione popolare. La cerimonia, a lume di candela, è accompagnata dal canto di uno Stabat Mater su melodia antica e si praticava in origine in appoggio ai riti pasquali. Oggi si svolge la terza domenica di settembre.

Pianta
Chiesa a aula unica con tre cappelle per parte a pianta rettangolare. Sul presbiterio s'innesta un'abside a terminazione in curva. Le cappelle mediane sono aggettanti rispetto al corpo dell'edificio, così da configurare una sorta di transetto. All'ingresso, un andito precede la navata; fu creato tra l'originario prospetto del fabbricato e la facciata settecentesca, innalzata su una linea avanzata. Nel vano dell'andito, a sinistra dell'ingresso, è ospitato il battistero; a destra, invece, si apre la porta che conduce alla cantoria e ad altri locali superiori. La chiesa, infatti, è collegata alle case adiacenti (una un tempo parrocchiale) tramite ambienti sospesi su passaggi voltati. Qui è ospitato il marchingegno impiegato per calare il gruppo statuario della Madonna, nella cappella dell'Addolorata, al piano dell'aula dei fedeli. La sacrestia si sviluppa a destra del presbiterio, preceduta da ulteriori locali di servizio.
Struttura
Murature d'ambito e di spina in pietrame a spacco e in ciottoli legati da giunti di malta. Tutte le pareti esterne sono intonacate.
Impianto strutturale
Edificio complesso. La navata unica è scandita in tre campata da lesene corinzie. La prima e la terza campata sono coperte con volta a botte 'unghiata', ossia aperta alla radice verso il cornicione da una profonda nicchia per ospitare un finestrone. La seconda campata, invece, è coperta con una cupola ribassata impostata su pennacchi. Una seconda cupola, pure ribassata e su pennacchi, copre il presbiterio e sovrasta l'altare maggiore. Tutte le cappelle laterali sono coperte con volta a botte. L'abside ha termina con una calotta emisferica.
Cappelle laterali
Le cappelle laterali del fianco sinistro sono dedicate, nell'ordine, dall'ingresso all'altare: a S. Nicola da Tolentino, alla Passione e all'Immacolata, titolo che oramai prevale rispetto alla più antica invocazione ai santi Anna e Gioacchino. Sul lato destro, dall'ingresso, si allineano gli altari dedicati: alle Anime del Purgatorio; a Maria Addolorata e a S. Giuseppe.
Campanile
Il campanile fu eretto contestualmente al cantiere di riforma della chiesa, avviato nel 1701 e concluso definitivamente, con le cappelle laterali, attorno al 1723. Nel 1748, durante la visita del card. Giuseppe Pozzobonelli, la torre era terminata. Nel 1787 vi era già installato da tempo un orologio pubblico che, in quell'anno, fu convertito, secondo "il sovrano editto", dall'ora 'italiana' (computo della giornata in 24 ore) a quella 'francese' (ore anti e postmeridiane). Nel 1927 fu installato un nuovo concerto di campane.
Opere d'arte
Ogni altare laterale settecentesco, completato nei tempi previsti, fu dotato di un paliotto realizzato in scagliola policroma; nelle due cappelle 'centrali', addirittura, l'intero altare ne fu rivestito, come anche, caso singolare, il pulpito, compreso il balaustro. Il paliotto dell'altare maggiore, di qualità superiore rispetto agli altri (prevalentemente opera di botteghe del Canton Ticino), è firmato da un plasticatore locale (Pietro Maria Baroggi) a cui spiace di non poter assegnare nessun'altra opera. L'organo proviene dalla chiesa milanese di S. Vittore ad Nemus. Fu installato in controfacciata, spostato nel presbiterio nel 1962 e, quindi, smontato in attesa di ripristino. Rimane la cassa con una mostra composta di canne di recupero.
Pavimenti e pavimentazioni
Pavimento in cotto recente posato a 'spina pesce'. Sugli altari laterali si conservano pavimenti in mattonelle di cemento policrome, della fine del XIX sec. o dei primi decenni del XX sec. Gli altari laterali e l'altare maggiore conservano le soglie in marmo, coeve alla costruzione. Sono pure in loco tutte le balaustre in marmo antiche, compresa quella del presbiterio.



Adeguamento liturgico  altare - aggiunta arredo (1985 circa)
L'adeguamento liturgico fu rispettato aggiungendo una mensa d'altare mobile davanti all'altare maggiore settecentesco, rimasto inalterato. Sulla nuova mensa, un semplice tavolo con struttura in metallo, è stato posto un bassorilievo raffigurante l'Ultima cena.






Collocazione geografico - ecclesiastica


Regione Ecclesiastica Lombardia
Diocesi di Milano
2 Zona Pastorale II - Varese - Decanato di Luino
Parrocchia dei Santi Stefano e Materno

Piazza S.Materno - Maccagno Superiore, Maccagno con Pino e Veddasca (VA)


Edifici censiti nel territorio
dell'Ente Ecclesiastico


Altre immagini
Tutti i dati sono riservati. Non e' consentita la riproduzione, il trasferimento, la distribuzione o la memorizzazione di una parte o di tutto il contenuto delle singole schede in qualsiasi forma. Sono consentiti lo scorrimento delle pagine e la stampa delle stesse solo ed esclusivamente per uso personale e non ai fini di una ridistribuzione.