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Descrizione |
Alle falde del monte Tifata, rivolta ad occidente verso Capua, sorge la Basilica Benedettina di Sant’Angelo in Formis, monumento tra i più significativi dell'area meridionale per le sue pitture murali, riferimento insostituibile dell’arte pittorica italiana. Scene del Vecchio e del Nuovo testamento ricoprono le pareti della Basilica dando vita alla cosiddetta “Biblia paperum”: la “Bibbia dei poveri” che mirava essenzialmente a catechizzare coloro i quali non sapevano leggere né scrivere. Il luogo era famoso fin dall'antichità per aver ospitato dapprima un tempio dedicato a Diana Tifatina e poi, sulle rovine di quest'ultimo, la Basilica benedettina. La chiesa, al cui lato destro di chi guarda si affianca la possente mole del campanile, presenta un portico a 5 fornici al quale si accede per mezzo di quattro gradini marmorei. La Basilica è composta da tre navate che terminano in tre absidi semicircolari di cui la centrale è più profonda e sopraelevata. Notevole importanza assume la decorazione pavimentale della Basilica, soprattutto per l’identificazione della maggior parte di essa con il tassellato appartenente all'antico tempio di Diana. Il restauro della Basilica Benedettina è stato eseguito a più riprese nell'arco del secolo appena trascorso: risale, precisamente al 1926, il primo intervento (documentato) sulla Basilica Benedettina di S. Angelo in Formis.
Facciata |
La chiesa presenta una facciata con portico a cinque fornici, al quale si accede per mezzo di 4 gradini marmorei. Quattro colonne, due di granito e due di marmo, insieme ai due pilastri laterali in tufo, fanno da sostegno a quattro archi ogivali, con volte a crociera e quello centrale a tutto sesto; le cinque voltine sono a botte. Due colonne di granito grigio sormontate da capitelli corinzi, anch'essi materiale di spoglio sporgenti dal muro per metà, sono poste ai lati della porta. Dal portico, per mezzo di tre scalini marmorei, si accede alla chiesa. Nell'arco della volta centrale sono poste due lunette: su quella superiore, ricollocata nel 1992, dopo essere stata staccata e restaurata, è rappresentata la Vergine tra angeli vestita alla foggia bizantina; su quella inferiore l'Arcangelo Michele, cui si deve l'intitolazione della Chiesa. Le quattro ogive trattano scene dalla vita dei Santi Antonio e Paolo. La sopraelevazione della navata centrale è occupata nella sua parte inferiore da tre finestre a pieno centro, mentre nel timpano triangolare è visibile una finestrella anch'essa a tutto sesto. |
Interno |
Dal portico, superando quattro gradini marmorei, si accede all'interno, a pianta basilicale, senza transetto, con tre navate, ciascuna delle quali termina in un'abside. Le colonne che dividono le navate, con fusti di diverse varietà di marmi e capitelli corinzi, sono ugualmente di riutilizzo da edifici di epoca romana. L'architettura interna della basilica, nella sua semplicità e chiarezza, è basata sul tipico schema planimetrico di tradizione paleocristiana adottato però senza transetto. La scansione della pianta presenta quattordici colonne, disposte su due file di sette, che si concludono verso l'abside con pilastri poligonali in muratura, sormontati da capitelli romanici, mentre nella controfacciata con due mezze colonne in tufo sormontate da capitelli. La navata centrale è più larga e più lunga delle laterali con cui è messa in comunicazione, per mezzo di otto archi a tutto sesto per ciascun lato, sostenuti da quattordici colonne di uguale grandezza, due di granito, le altre di marmo cipollino, tutte sormontate da capitelli corinzi. Ai lati dell'ingresso vi sono due acquasantiere: quella di destra è un'antica ara di epoca tardo romana con decorazioni floreali sui lati più stretti , mentre sul lato più largo è scolpito lo stemma della famiglia Carafa; l'altra a sinistra è un capitello romanico che poggia su di un rocco di colonna in cipollino. Ancora, a sinistra dell'ingresso, è situato il fonte battesimale formato da due rocchi di grosse colonne scanalate. Da notare presso la porta della sagrestia una grande pietra marmorea rettangolare ornata da un bellissimo motivo geometrico. |
Pianta |
Quattordici colonne antiche - di diverso aspetto, di marmi diversi, con capitelli in stile corinzio - dividono lo spazio della basilica in 3 navate che terminano in altrettante absidi semicircolari con copertura concava (il cosiddetto “catino”). La navata centrale è più larga, più lunga, più alta rispetto alle altre due e le colonne sopportano il peso delle pareti su cui è appoggiata la copertura a capriate lignee. |
soffitto |
Recentemente il soffitto in legno, realizzato nel 1927, è stato rimosso per il rifacimento del manto di copertura. Tale soffitto andò a sostituire quello in tela con disegni lacunari, datato 1732, opera dell’abate commendatario Giuseppe Renato Imperiale. L'ultimo restauro, realizzato dalla Soprintendenza di Caserta e Benevento, ha opportunamente riportato in vista la struttura lignea del tetto, ricostituendo l'ambiente interno originario e conferendo al ciclo di affreschi un maggiore respiro spaziale. |
Abside |
Le tre navate terminano in tre absidi semicircolari di cui la centrale è più profonda e sopraelevata; al suo interno era collocato un altare cui si accedeva per mezzo di alcuni gradini. Irrimediabilmente perduto risulta l'altare maggiore originario, al cui posto fu eretto uno baldacchino marmoreo, eliminato in seguito a lavori di restauro e sostituito da un grosso sarcofago strigliato posto su tre gradini marmorei, provenienti dal chiostro maggiore del Museo di S. Martino. Delle tre absidi, le due laterali presentano una piccola monofora, mentre l'abside centrale, pur presentando tracce di tre finestre, è completamente cieca. Desiderio utilizzò nel progetto della nuova basilica l'abside dell’antico tempio, ma ne fece chiudere le aperture per rendere possibile lo svolgimento del programma pittorico prestabilito. |
Elementi decorativi |
L'interno della basilica offre un’eccezionale serie di decorazioni pittoriche: l'abside centrale, le due laterali, la navata centrale e quelle laterali, la controfacciata sono totalmente decorate da affreschi, databili tra il XII e il XIII secolo, la cui scansione in fasce e riquadri si inserisce armonicamente nello spazio architettonico. Il ciclo di affreschi è attribuibile alla ricostruzione della chiesa ad opera dell'abate Desiderio, come testimoniano il suo ritratto nell'abside della chiesa (con il nimbo quadrato - utilizzato per distinguere i personaggi viventi - mentre offre a Cristo il modello della chiesa) e l'epigrafe sul portale d'ingresso. Particolarmente interessante è l’immagine del Cristo Pantocratore che giganteggia nel catino absidale, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti. Nella fascia inferiore sono, invece, rappresentati i tre Arcangeli, affiancati dall’abate Desiderio a sinistra e da San Benedetto a destra. Anche nell’abside destra l’affresco è diviso in due fasce sovrapposte: in quella superiore vi è raffigurata la Vergine col Bambino fiancheggiata da due angeli ai quali si aggiungono, nella fascia inferiore, sei santi. Lungo la parete di sinistra tracce di affreschi rappresentano episodi del Vecchio Testamento; sulle pareti laterali della navata centrale sono raffigurati episodi del Nuovo Testamento. Gli affreschi furono realizzati da alcune botteghe locali, che operarono ispirandosi a modelli bizantini. Va infatti osservato come l’uso di schemi bizantini, bizantine sono la suddivisione dell’intero ciclo pittorico in pannelli mediante colonnine dipinte e la disposizione delle figure all’interno dei singoli riquadri. Tipico dello stile bizantino è, anche, lo schematismo geometrico: ciò si nota a partire dal volto e dalla raffigurazione dei panneggi, in cui la linea spezzata e i cerchi concentrici in corrispondenza delle ginocchia sono unico elemento dinamico dell'immagine. Forte è il contrasto fra le tinte: sia nel Cristo che negli arcangeli i volti sbiancati sono ravvivati dal rosso sanguigno delle gote e dagli aspri contrasti delle vesti che accostano azzurri intensi, gialli e rossi. |
Presbiterio |
L’altare attuale consiste in un sarcofago romano, ricoperto da un basamento di legno, installato nell’aprile del 1992. Elemento di particolare pregio è sulla sinistra il pulpito di forma quadrata arricchito nella parte inferiore di un'aquila acefala scolpita in pietra, che regge tra gli artigli il Vangelo. Accanto al pulpito, posta su di un antico capitello corinzio rovesciato, c'è una bianca e sottile colonna in marmo che fungeva da candelabro per il cero pasquale. Il contesto culturale e stilistico in cui tali botteghe si trovarono ad operare affonda le sue radici nella cultura artistica bizantina: lo si deduce dalla presenza di artisti bizantini che l’abate Desiderio chiamò a lavorare nel cantiere della nuova abbazia di Montecassino. |
Pavimenti e pavimentazioni |
Da segnalare la decorazione del pavimento per l’identificazione della maggior parte di essa con l'originale tassellato dell'antico tempio di Diana. Precisamente il tratto dinanzi all'altare attuale - a tessere più fini - può essere attribuito alla cella dell'antico tempio, quello a tessere bianche ma irregolari alla zona circostante la cella. Le lastre marmoree che separano questi due tipi di tessere sarebbero state aggiunte in epoca medievale per coprire la traccia del muro della cella, in seguito all'abbattimento di quest'ultima. Nel pavimento si notano anche mosaici dell’antica chiesa distrutta di San Benedetto in Capua e mattoni di epoca più recente. La pavimentazione ha un grande valore simbolico: ad esempio, la raffigurazione dell’albero del bene e del male (nella navata sinistra) chiaramente fa riferimento al passo delle Genesi (cfr 2,9). |
Campanile |
Il campanile, dopo il crollo verificatosi in seguito ad un terremoto o un incendio, fu riedificato nella posizione opposta a quella originale e cioè alla destra della facciata. Simile ad un torrione per la sua sagoma massiccia, presenta un basamento (di mt 8,50), un piano inferiore in grossi blocchi di travertino e lastre di marmo ed una parte superiore in mattoni. Le pietre del basamento provengono da un antico edificio romano. Il primo piano in blocchi di pietra presenta su due lati delle feritoie e alla sommità una cornice di coronamento in marmo di pregevolissima fattura. Il piano terminale è in mattoni rossi e appare alleggerito dalle quattro bifore a pieno centro una per lato. Nel cornicione che separa la parte superiore del campanile da quella inferiore vi sono incisi motivi zoomorfici, motivi fitomorfici classicheggianti e elementi fantastici. Su ogni lato della parte superiore si aprono finestre bifore; nei lati occidentali e meridionali si aprono due finestroni. Questo piano termina con un’altra cornice di marmo, più piccola, di stile bizantino. Al restauro, effettuato agli inizi del Novecento, si devono la sopraelevazione in pietre di tufo, la copertura e la scala di ferro che è andata a sostituire quella precedente in legno. |
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