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beni culturali ecclesiastici
beni culturali della Chiesa cattolica
edilizia di culto
restauro
adeguamento liturgico
Lentate Verbano
Sesto Calende
Milano
chiesa
parrocchiale
S. Materno
Parrocchia di San Materno
Pianta; Impianto strutturale; Struttura; Opere d'arte
altare - aggiunta arredo (1990 circa)
XII - XII(costruzione intero bene); XII - XIV(cambio di intitolazione intero bene); XVI - 1604(ampliamento intero bene); 1748 - 1748(restauro e ampliamento intero bene); 1913 - 1915(ricostruzione intero bene); 1915 - 1915(completamento intero bene); 1937 - 1937(costruzione campanile)
Chiesa di San Materno
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa di San Materno <Lentate Verbano, Sesto Calende>
Altre denominazioni S. Materno
Autore (ruolo)
Caccia Dominioni, Piero (progetto di ricostruzione della chiesa)
Vittadini, Vittorio (progetto campanile)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lombarde (costruzione e decorazione)
Notizie Storiche

XII  (costruzione intero bene)

L'origine della "chiesa vecchia" di Lentate è legata a un insediamento monastico femminile riunito sotto la protezione di santa Margherita. Il piccolo cenobio attirò a suo tempo l'attenzione del card. Iledonfo Schuster, che vi dedicò alcune pagine pubblicate nel 1946 (cit. in Lucioni 1988). Lo studio di Schuster muoveva dalla ricorrenza delle monache di S. Margherita nel primo elenco di luoghi di culto diocesani redatto agli esordi del XIV sec. e noto come "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani": "In Plebe Angera, in monasterio Lentade ecclesi sancti Materni". Più recentemente, la scoperta di un "breve recordationi de ficto" ha consentito di retrocedere la presenza monastica nei luoghi al XII (Zagni 1984, cit. in Lucioni 1988).

XII - XIV (cambio di intitolazione intero bene)

Più complessa la questione della dedicazione della chiesa di Lentate, che compare dapprima sotto l'invocazione di Maria, quindi ("Liber Notitiae") anche con la dedicazione al santo vescovo milanese. Probabile, conclude Lucioni 1988, che l'una, la prima, ne fosse l'originaria; l'altra, la seconda, destinata a prevalere col tempo. Del resto, alcune carte pervenute e relative a operazioni delle monache di S. Margherita di Milano (al cui potente monastero fu aggregato il piccolo cenobio verbanese), documentano il perdurare del doppio titolo ancora per tutto il XV sec. Quanto alla chiesa medievale presente entro il recinto monastico di Lentate, poi sostituita in tutto da un tempio nuovo, va detto che l’insediamento si appoggiava in tutto o in parte a quello di un fortilizio ivi esistente, sul cui versante orientale “le monache di S. Margherita” avevano costruito il proprio luogo di culto “per uso loro e del popolo” (Varalli).

XVI - 1604 (ampliamento intero bene)

La chiesa di S. Materno era destinata a divenire la parrocchiale del paese. Il titolo fu conferito dal card. Federico Borromeo in visita a Lentate nel 1604, dopo aver constatato la corretta esecuzione dei lavori di ampliamento eseguiti dai terrieri nonostante lo giuspatronato rimanesse nelle mani del cenobio femminile. L'edificio sacro, che allora misurava 14 x 7 braccia milanesi, fu giudicato idoneo ad accogliere il popolo crescente di fedeli. Era affiancato da una casa del curato, creata alla scopo ricavando alcuni locali in case coloniche già esistenti, circondato dal cimitero e dotato di battistero.

1748  (restauro e ampliamento intero bene)

Nel 1749, il card. Giuseppe Pozzobonelli, in visita a Lentate, dichiarò che la chiesa era stata sottoposta a importanti opere di restauro e ampliamento nell'anno precedente. A seguito dei lavori, era stato innalzato anche un campanile, la cui costruzione era stata sollecitata dal predecessore, l’arcivescovo Federico Visconti, nel 1683. Nell'arco di poco decenni, la secolare presenza monastica di Lentate era destinata a terminare in conseguenza delle soppressioni e della profonda riorganizzazione delle proprietà ecclesiastiche promossa dai governi austriaci. Nel 1786 l'arcivescovo di Milano, Filippo Visconti, constatò che il S. Materno era allora "proprietà dello Stato" (Varalli).

1913 - 1915 (ricostruzione intero bene)

Lo stato della "chiesa vecchia" e l'aumento della popolazione impongono, col tempo, la necessità di provvedere a un edificio integralmente nuovo, da costruire in una località più comoda all'accresciuta popolazione e distante dal precedente luogo di culto. Questo, nel frattempo, è ceduto a privati in cambio di alcuni materiali da costruzioni e da alcuni elementi decorativi da trasportare nella nuova chiesa la cui prima pietra è posta con tutte le solennità del caso 10 agosto 1913. Nel 1915, il parroco, don Luigi Rossi, promotore dei lavori, scrive nelle proprie memorie: "la fabbrica della nuova chiesa è finita, ma sono ancora da realizzare quelle opere necessarie per rendere operante l'edificio".

1915  (completamento intero bene)

Il trasporto del “S.S. sacramento e del simulacro della Beata Vergine” dall’antico S. Materno di Lentate fu autorizzato nel maggio 1915 (Varalli). Il nuovo edificio sacro, compresa la casa parrocchiale, era frutto del disegno dell’ing. Pietro Caccia Dominioni, interpellato allo scopo dai f.lli Parravicini nell’ambito di complesse trattative con la parrocchia per la cessione della chiesa vecchia e per il versamento di alcuni finanziamenti utili all’avvio dei lavori; la vicenda, per qualche tempo, accese una vivace polemica locale.

1937  (costruzione campanile)

Il 12 giugno 1937 la ditta Salina di Mercallo si aggiudicò l'appalto per la costruzione del campanile, secondo il progetto dell'ing. Vittorio Vittadini in quegli anni impegnato nel lungo cantiere della parrocchiale di S. Bernardino, nel centro di Sesto Calende.
Descrizione

La chiesa sorge nel centro di Lentate Verbano, frazione di Sesto Calende, "sul più bel poggio di tutto il paese, in pieno meriggio", come si legge negli incartamenti della sua ricostruzione, avviata nel 1913 e conclusa nel 1915. Seppur erede di una quasi millenaria, l'edificio attuale, infatti, non reca che alcuni ricordi dell'originaria chiesa che, aggregata sin dal XII sec. a un piccolo cenobio femminile riunito sotto il titolo di S. Margherita, sopravvive in altra parte dell'abitato, ora di proprietà privata. La nuova chiesa è frutto di un progetto di sapore neo-gotico ideato dall’ing. Pietro Caccia Dominioni. La facciata presenta un’unica campata culminante in uno slanciato e acuto frontone coronato di croce sommitale. Il portone è concluso da un arco a tutto sesto; al centro si apre un oculo circolare. L’ingresso e l’oculo sono inquadrati entro un’ampia specchiatura liscia conclusa da un arco a tutto centro; il timpano è percorso da cornici semplici che simulano un rivestimento a bande bicrome, motivo che si ripete sulle lesene che delimitano il prospetto. L’interno, ad aula unica, è scandito in tre campate e termina con un’abside poligonale; una sequenza di monofore a tutto sesto contribuisce a inondarlo di luce. A destra del presbiterio si eleva il campanile che, seppur edificato a distanza di anni (1937), riprende nell’elaborata cuspide l’impostazione storicista conferita alla chiesa nel secondo decennio del Novecento. La chiesa è orientata a nord-est.
Pianta
Chiesa a navata unica suddivisa in tre campate; in corrispondenza della terza campata, davanti al presbiterio, si aprono due cappelle laterali di identica dimensione, a simulare, quasi, un transetto. Le due cappelle sono dedicate alla B.V. del rosario (a sinistra) e a S. Giuseppe (a destra). Il presbiterio è ospitato in un'ulteriore campata, che ripete il ritmo delle precedenti; l'abside ha terminazione poligonale.
Impianto strutturale
Edificio realizzato in murature d’ambito continue senza il ricorso a elementi puntuali. Copertura interna con sistema di volte; catino absidale coperto da una semi-cupola a spicchi. Il tetto, retto da ordito ligneo principale e secondario, si sviluppa a due falde sopra l’aula fedeli; le falde si estendono anche sopra le cappelle laterali, affrontate ed estradossate; l’abside è coperta da tre falde di tetto, impostate secondo l’andamento poligonale e raccordate al vertice.
Struttura
Murature d’ambito a sezione normalizzata e intonacate. L’interno è scandito in quattro campate (l’ultima corrispondente al presbiterio) suddivise da archi trasversali a pieno centro, sorretti da lesene laterali. Ogni campata è coperta con una volta a vela. La campata corrispondente all’innesto delle cappelle laterali è ‘unghiata’ per il raccordo con l’arco delle medesime cappelle, a tutto sesto. Quest’ultime sono coperte con volta a botte. Il catino absidale è coperto con una semi-cupola a spicchi impostata secondo l’andamento poligonale e raccordata al vertice alla quota delle vele di navata e presbiterio. Il campanile ha murature d'ambito in "mattoni grossi tipo Novara con quattro distinte solette oltre alla corea sopra la cella campanaria e la cuspide in cemento" (Varalli).
Opere d'arte
L’altare maggiore e l’altare laterale, dedicato alla B.V. del rosario, provengono dalla “chiesa vecchia”. Il primo è certamente frutto del lavoro di una bottega di marmorini viggiutesi purtroppo ancora anonima. Il manufatto dovrebbe risalire al terzo quarto del XVIII sec. poiché ne fece cenno solo il card. Filippo Visconti nel 1786, fornendo anche una succinta descrizione (altare di marmo con due gradini; tempietto, pure di marmo, retto da quattro colonnine). L’altare della B.V. del rosario, invece, è più antico. Frutto di una bottega di intagliatori non individuata presenta un’ancona suddivisa in tre nicchie ad arco scandite da tre elaborate paraste intagliate con telamoni in foggia di angelo; quella centrale, maggiore, ospita la statua della B.V. del rosario con il bambino; le due minori laterali ospitano le statue lignee di altri santi, tra cui, quella del titolare della chiesa. Probabile individuare nell'opera un intervento "riparatore" successivo al 1636, anno in cui la chiesa, come altre nel basso Verbano, fu sottoposta a un pesante saccheggio da parte delle truppe francesi.
Adeguamento liturgico

altare - aggiunta arredo (1990 circa)
Attorno al 1990 fu costruita una pedana lignea davanti all'altare maggiore; al centro fu collocata una nuova mensa lignea rivolta ai fedeli. Forse fu questa l'occasione che portò alla scomparsa della balaustra di delimitazione dell'area del celebrante.
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